Il nostro camino de Santiago - di Michelangelo Testa V Puntata

Il nostro camino de Santiago - di Michelangelo Testa V Puntata

attualita
Typography

Manco il tempo di sparire nel sonno che l’alba di un nuovo giorno si affaccia ai nostri occhi gonfi. Giusto il tempo di ingollare qualcosa e stiamo pedalando in direzione Leon. La strada è in discesa, veloce, facile: appena il tempo di passare qualche paesino e siamo dentro alla città che non ci aspetta, ma ancora dorme. Per terra sparsi i segni della fiesta della notte appena sparita. Giriamo e rigiriamo per la città seguendo le frecce gialle, poi le lasciamo per seguire l’istinto. Ci ritroviamo a Plaza Major.

Ci sono pochissime auto e tanti turisti a piedi. Salutiamo i vari pellegrini che incontriamo, con molti dei quali scambiamo un unico eterno saluto.
Visitiamo la cattedrale e l’ex albergue do pellegrinos (oggi trasformato in hotel di lusso).
Uscire da Leon significa attraversare la sua periferia di casupole, ipermercati e grandi autovie.
Il pensiero va a quei pellegrini che iniziano il loro cammino da qui, perdendo quanto da noi sperimentato nelle tappe precedenti.

Ad aspettarci ore e ore di “pedalazioni” nella meseta arroventata al limite della noia. Sperimentiamo con successo l’andatura a trenino, filando via quasi senza stancarci (il nostro modo di procedere fatto di piccole e frequenti soste ristoratrici comincia a funzionare). Ovviamente dopo pranzo c’è sempre la siesta, che a 30km dopo Leon facciamo su una panchina nella sperduta San Miguel.
È bello non sapere dove ci fermeremo a pranzare o a dormire, sconoscere la nostra meta relativa al giorno, lasciando al caso il compito di guidarci; e concentrandoci, per parte nostra, solo ed esclusivamente sul cammino…akuna matata!

altPedavolando giungiamo a Hospital d’Orbigo; l’entrata nel paese è bellissima perché si attraversa un ponte medioevale di notevole fattura. Il paese tutto pare incantato e abbiamo l’impressione che da un momento all’altro arrivino guerrieri a cavallo…una favola!

Il pomeriggio è già passato ed io sono propenso a fermarmi, mentre Claudia vuole proseguire; quando però ci imbattiamo nell’albergue di Matì, vicino a quello parrocchiale, entrambi siamo sospinti alla sosta: si respira un’atmosfera distesa e piacevole e ci sono tutti i confort di cui necessitiamo: docce pulite e letti comodi. Matì l’hostellero diventa subito un amico e ci raccontiamo le nostre vite.

Con noi pure Fabio, un ciclopellegrino col quale a sera andiamo a cenare in un locale con un bel pergolato. Una trota appena pescata e un buon vino rosso mi predispongono all’attacco di loquacità di Fabio che nel suo cammino si porta appresso il bagaglio sempre troppo ingombrante che è la sua vita quotidiana…a volte servirebbe solo ….stare in silenzio ad ascoltarsi!

Tornati in albergue cerchiamo subito il letto.

La colazione super di Matì ci da il benvenuto; c’è di tutto e Matì ci dona una scorta di frutta per il giorno. Pochi km e siamo ad Astorga dove non possiamo non fermarci ad ammirare le architetture di Gaudì…e poi vogliamo prendere fiato prima del picco di Foncebadon.
La strada sale costantemente ma non è mai troppo ripida. Incontriamo molti più pellegrini che nei giorni precedenti probabilmente per la riunificazione delle strade per Santiago o forse per il fatto che molti pellegrini scelgono di percorrere solo gli ultimi km (ne mancano 300!).

Saliamo quindi fino a Rabanal dove ci fermiamo per fare spesa e pranzare. In giro per il paese solo pellegrini. Poi dal portone della Chiesa fuoriescono tutti gli 80 abitanti di Rabanal. Oggi ricorre la festa del pellegrino e i festeggiati siamo “noi”. Ci vengono offerti vassoi di tortillas e panades al tonno e cipolla, tanto squisiti quanto resistenti a qualsiasi succo gastrico. Mi appanados! Mentre tra la folla i paesani ballano e cantano. La siesta che segue vede Claudia sdraiata e dormiente e io appoggiato al muro in catalessi intestinale.

Ripartiamo da Rabanal forse troppo presto: il sole è molto forte e la digestione in atto.
Una nuvola fantozziana ci viene sopra e ci aiuta non poco…ancora la provvidenza!
Percorriamo al coperto i km iniziali poi da est cominciano ad arrivare nubi con tutt’altre intenzioni: sono nere e accompagnate da forti tuoni, e noi siamo in montagna…
Arriviamo finalmente a Foncebadon…la tempesta è vicina e chiedo ai paesani quanto credano durerà: “tres dias!”. Andare e rischiare o restare e aspettare!

altStavolta Claudia non ha incertezze: si va!

Il solo fatto di aver deciso di andare ci da una forza notevole e saliamo di lena. Un biker non si vive bene il sorpasso di Claudia e spingendo rapportoni lunghissimi ci risupera. Ma il nostro ritmo è il passo veloce di chi vuole spomparsi, di chi pedala pure con la ragione: pochi metri ancora e il biker cede. Ora però siamo schiavi della nostra forza e ci abbandoniamo ad una corsa sfrenata verso la Cruz de hierro, il punto significativamente più importante per un pellegrino in bici. Tra grida di gioia e frenate a ruote bloccate arriviamo alla croce. Due folli schegge di umanità in delirio cui è concesso di toccare il loro sogno.
Il tempo di uno scatto e siamo già sui pedali con la croce alle spalle…

La strada scende solo per qualche km, poi sotto nuvole, pioggia e freddo scolliniamo in Galizia.
Ci aspettano 20km di discesa a volte impegnativa (penso a Dino e alla sua bici).
Voliamo spettatori di un paesaggio che cambia, ai boschi di montagna fa spazio l’aridità delle valli.
Gli abitati di Manjarin e El Acebo ci fanno pensare d’essere tornati indietro nel tempo.
La vista di una bici a pezzi su una stele ci lascia perplessi: vuoi vedere che qualcuno è finito in qualche burrone?

Sempre in discesa arriviamo a Molinaseca. Il fiume pieno di gente che fa il bagno e l’albergue con i letti all’aperto mi inducono a fermarmi! Ma al solito…qualcuno non è d’accordo. E dire che bastano pochi km a costringerci ad “unire” le forze per andare avanti…mentre i miei pensieri nuotano nel fiume…
Ponferrada comunque non è lontana e ci arriviamo in poco tempo, l’albergue però è dei più grandi: ci toccherà dormire nello scantinato e fortunatamente vicino alla porta.
A compenso la cena al ristorante Mencia è da sogno: il cameriere, notato il nostro appetito, richiama in anticipo il cuoco/proprietario (possibile?) che ci propina piatti squisiti a volontà…
Torniamo all’albergue col sorriso in faccia e ci immergiamo nei nostri posti letto sperimentando di lì a poco l’utilità dei tappi per le orecchie quando ci si trova in mezzo ad un concerto notturno per russatori professionisti…
Claudia però non riesce a dormire e al mattino per poco non se la prende con l’hostellero che la invita sgarbatamente ad uscire dall’albergue.
Il passo è segnato da continue soste per i motivi più assurdi: controllo sella, qualcosa nell’occhio, mancanza di qualcosa nell’occhio (la lentina), una foto qua, e una là no?...tanto siamo veloci se serve!
altLa strada è in pianura e i paesini sono splendidi; arriviamo a Villafranca del Bierzo.Vorrei continuare subito ma Claudia mi convince a visitare la Chiesa di Santiago: entrare nella chiesa significa entrare in una dimensione mistica…non ci sono affreschi, nessuna statua, nessuna luce…solo un crocifisso tra i raggi di sole che filtrano dalle strette aperture dell’abside. Non ho parole. Perfino i miei pensieri si fermano e ogni respiro diventa una preghiera…se uno mi chiedesse un luogo dove poter vivere la presenza di Dio, quello sarebbe un posto sicuro.

Esco dalle mura della chiesa semplicemente diverso, con quell’immagine senza contorni che si è fissata nell’anima.
Ci rimettiamo a pedalare seguendo il corso di un fiume che scorre dentro un vallone…

Molti biker scelgono di tagliare per la pedalabile strada statale appena realizzata, ma noi siamo pellegrini: il tempo è una dimensione che è funzione del nostro essere, non del nostro arrivare.
Lungo questo strano tratto di strada immerso nella terra veniamo bloccati da una signora che deve indicarci la via (tra l’altro dentro ad un canyon non si può sbagliare!) tant’è che ci lasciamo “guidare” e lei se ne va felice…e noi pure.

Trovata un’area de descanso mi approprio della bici di Claudia e vado a fare spesa nel paesino successivo. Tornando indietro contromano rispetto al cammino.
Ci prepariamo alla salita alimentandoci a pane e salame…e tanta frutta.
Dopo la siesta riprendiamo il cammino e lo spettacolare paesaggio ci lascia senza fiato…anche perché la salita ce ne toglie già abbastanza.
Non è un tratto facile , con pendenze che superano il 25%. Saliamo a piedi…non spingendo ma sollevando le bici. Ma andiamo, provando di tanto in tanto a pedalare, ma preferendo camminare.

Superata La Laguna, dove facciamo acqua, ci aspetta O’Cebreiero dove giungiamo felici e soddisfatti.
Le pallozze, tipiche abitazioni col tetto di paglia, sono interessanti e ci fermiamo a visitarle.
Poco fuori dal paese ci aspetta una “casa aperta” nei pressi di Hospital de Condesa, un rifugio con docce, cucina e lavanderia sempre aperto…c’è freddo anche perché siamo molto oltre quota 1000m.
La cena la gustiamo nell’unico ristorante dove facciamo amicizia con due enormi spagnoli bonaccioni che mettono allegria al primo sguardo: stanno percorrendo solo gli ultimi 150km del camino e si sono caricati 5kg di frutta secca, 1kg di gatorade in polvere, due saccoletti giganti e a compenso due asciugamani dei puffi…

Dopo aver dormito per terra nel soggiorno assieme ad altri pellegrini ripartiamo nell’aria fresca e pungente. Pochi metri e Luis finisce sottosopra predisponendoci al buonumore.
 

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.