"L'Arte d'insultare" da Schopenhauer alla rete

"L'Arte d'insultare" da Schopenhauer alla rete

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Esiste una regola tanto infima quanto diffusa e che da sempre chiunque è in grado di mettere in pratica: quando ti accorgi che l’avversario sta per metterti intellettualmente al tappeto e sai già che finirai per avere torto,

puoi scegliere di diventare offensivo, grossolano, oltraggioso passando dall’oggetto della contesa (dato che in tal senso la partita è persa) al contendente, attaccando direttamente la sua persona.

Dati empirici alla mano, questo giochetto di ‘eleganza stilistica’ viene utilizzato in tutti gli ambiti, persino in quello istituzionale, per deviare l’attenzione da una problematica che non si è in grado di gestire verso una che nei fatti non esiste, magari con il mero scopo di accreditarsi come sapienti.

Questo è quanto insegna Arthur Schopenhauer ne “L’arte d’insultare”, più che una trattazione astratta dell’insulto in tutte le sue sfaccettature, una silloge d’ingiurie concretamente enunciate e lanciate con categorica impertinenza come lame roventi contro chiunque capiti a tiro: società, popolo, istituzioni, donne, colleghi, intellettuali etc.
Certo, come consiglia lo stesso filosofo e come già Aristotele suggeriva nelle “Confutazioni sofistiche”, la cosa migliore per non cadere nella voragine dell’offesa (probabilmente l’unico mezzo in grado di equilibrare anche la più grande disuguaglianza intellettuale) è saper scegliere con sagacia gli interlocutori con i quali impegnarsi seriamente in dibattiti e controversie. Ma non esiste un vaccino per la villania o un anti-insulto. Quindi prima o poi, nonostante un atteggiamento pacifico e assolutamente Zen, ci toccherà doverci difendere da un colpo basso o da un’ insolenza gratuita e ingiustificata. A quel punto per dare il peggio di noi stessi l’occasione si fa ghiotta.

Negli ultimi anni, i campi di battaglia non sono solo luoghi fisici ma prendono sempre più forma nel virtuale: Internet con i suoi blog e siti sempre pronti ad accogliere l’opinione di tutti (quasi sempre netiquette permettendo) è un universo di idee, di punti di vista, ma anche un ‘ottimo’ strumento per pianificate o schizofreniche politiche di denigrazione. Ma i detrattori della tecnologia si rassegnino: i commentatori/ recensori anonimi non sono certo un’invenzione di Internet.

Già Schopenhauer affermava: “Un recensore anonimo è un furfante che non vuole rispondere di ciò che comunica”[…] Sarebbe forse tollerato un uomo mascherato che si mettesse a tenere un discorso al popolo oppure volesse parlare dinanzi a un’assemblea? O, addirittura, che prendesse ad attaccare altre persone, ricoprendole di vituperi? Non lo metterebbero ben presto alla porta gli altri con calci poderosi?”Sono frasi caustiche, sprezzanti, scritte nel diciannovesimo secolo ( si riferiscono a chi usava l’anonimato solo per denigrare l’operato altrui ) ma ancora oggi autorevolmente efficaci.

Tale citazione, a scanso di equivoci e al bando da ogni sorta di strumentalizzazione, chiaramente nulla ha a che vedere con i numerosi gentili commentatori di Bagherianews ma vuole solo essere da spunto per affermare che in fondo, allora come oggi, il punto è sempre lo stesso: chi esprime pubblicamente opinioni o racconta fatti, sa perfettamente che l’altra faccia delle medaglia della visibilità e del potersi rivolgere a una vasta platea è l’eventualità di divenire bersaglio di critiche e giudizi aspri.

Ma alla consapevolezza dei cosiddetti “rischi del mestiere” se ne aggiunge un’altra che fa da contraltare: quando certe affermazioni/offese trascendono sul personale, con molta probabilità, è solo perché qualcuno si è sentito irrimediabilmente colpito su un nervo scoperto.

 

Foto copertina: Ergo Sum (giornale apartitico distribuito gratuitamente nelle università e nei luoghi di aggregazione giovanile dei genovesi).

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