Memoria e antimafia a Bagheria - di Franco Lo Piparo

Memoria e antimafia a Bagheria - di Franco Lo Piparo

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​Magazzini del ferro. Centro Culturale, ex bene di mafia. 

È la targa che si legge all’ingresso di una grande estensione di terreno, in parte coperto, a ridosso dello svincolo autostradale a Bagheria. Qui la mafia torturava e uccideva chi di loro avesse tradito o comunque non avesse ubbidito ai comandi. È la piccola Auschwitz di Bagheria. Visitarla sapendo cosa lì accadeva fa venire i brividi. Come Auschwitz dovrebbe essere custodita come luogo sacro della memoria dove organizzare eventi culturali e portare le scolaresche a riflettere sul nostro passato come monito perché quel passato non torni più. Così farebbe una qualsiasi amministrazione di destra o di sinistra. L’amministrazione Cinque Stelle invece che fa? Fa di quel tremendo ex bene di mafia un luogo dove raccogliere l’immondizia. Incredibile ma vero. Purtroppo.

Lo piparo

​Il fatto, scandaloso, suscita due riflessioni.
Anzitutto la memoria. La migliore definizione della memorìa l’ho letta nelle Confessioni di Sant’Agostino. La memoria – scriveva il santo filosofo – è «il presente del passato». È il passato che alimenta il nostro presente. Chi non sa coltivare e interrogare il proprio passato non sa orientarsi nel presente e non ha percezione chiara del proprio futuro. Questo vale per gli individui ma anche per le collettività.
​Il sindaco di Bagheria è un uomo giovane e, come tutti i giovani, ha una memoria inevitabilmente corta. Nulla di straordinario, anche i vecchi siamo stati giovani. E però la memoria dei fatti che non abbiamo vissuto la alimentiamo con gli studi, le letture, la conversazione con chi ha dietro di sé un tratto di strada più lungo. Dobbiamo sconsolatamente dedurre che al nostro giovane sindaco difettano studi, letture, dialogo con chi per motivi anagrafici ha accumulato esperienze e conoscenze.
​Seconda riflessione. Uno dei punti forti del programma politico del movimento Cinque Stelle è l’introduzione nella costituzione del vincolo di mandato tra elettori e eletto. Provo a spiegare in parole semplici cosa vuol dire vincolo di mandato: se si viene eletti a una carica politica con un determinato programma e, una volta eletti, si disattende quel programma, si decade automaticamente dalla carica. È una norma molto discutibile, a mio parere di stampo fascista-leninista: chi viene eletto non avrebbe il potere di interpretare i fatti nuovi che inevitabilmente accadono interrogando la propria coscienza ma deve semplicemente ubbidire al proprio Capo che, lui sì, detiene l’interpretazione corretta. Non a caso il vincolo di mandato esisteva nelle repubbliche sovietiche.
È una norma profondamente sbagliata che viola principi fondamentali delle costituzioni liberal-democratiche. Ma non voglio parlare di questo. Voglio solo fare notare che, se quella norma fascista-leninista che piace tanto a Grillo fosse già vigente, il sindaco Cinque sarebbe già automaticamente decaduto. In campagna elettorale si è presentato come candidato sindaco anti-mafia e molti bagheresi l’hanno votato anche in considerazione di quell’impegno pubblico contro la mafia. La trasformazione del luogo della menoria della nostra piccola Auschwitz mafiosa in una discarica pubblica è oggettivamente un regalo alla mafia.
Egregio Signor Sindaco, ci ripensi. Non tradisca molti dei suoi elettori, ritorni sui suoi passi e annulli quella nefasta decisione, oggettivamente dal sapore mafioso. Mi permetto di darLe un suggerimento: convochi o faccia convocare un consiglio comunale propro lì, dove la mafia torturava e uccideva. Solo così nessuno le potrà dire di fare, come è già accaduto con alcuni suoi predecessori, antimafia a parole.

​Franco Lo Piparo

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