Le Ville di Bagheria

Le Ville di Bagheria

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Palazzo Butera

I lavori iniziano nel 1658, per volere di Don Giuseppe Branciforti conte di Raccuja (poi principe di Pietraperzia e Leonforte, cavaliere del Toson d’oro).
Delle due torri merlate, poste a presidio dei cortili e dell’edificio d’impianto rettangolare, oggi sopravvive soltanto quella occidentale che reca, ancora oggi visibile sul suo frontone, la nostalgica scritta del principe “O Corte, a Dio”.
La struttura viene ritrasformata nel 1769 con interventi di ampliamento ad opera di Salvatore Branciforte, principe di Butera (primo titolo del Regno e come tale comandante del braccio militare del Senato). Per suo volere avrà inizio la stesura del primo piano regolatore della nascente borgata; a lui si deve anche il taglio del Corso Butera, che avrebbe congiunto il Palazzo con il tratto della Palermo-Messina ed ai margini del quale, di lì a poco, prenderà forma una primitiva edilizia bassa, di impostazione gentilizia, tuttora riscontrabile.
Nel 1863 vi ha sede il convitto Manzoni, prima struttura scolastica a Bagheria; successivamente il palazzo ospiterà le suore di San Vincenzo Figlie della Carità, fino a divenire oggi sede della Caritas cittadina e della mensa dei poveri.
Dal 2005 il palazzo è di proprietà del comune di Bagheria.

 

Villa Valguarnera Alle pendici di un promontorio alto 165 mt denominato la “Montagnola”, sorge villa Valguarnera, fra le più imponenti costruzioni bagheresi del ‘700. La storiografia racconta che la villa fu edificata a partire dal 1714 per volere della principessa Maria Anna del Bosco Gravina, sposa prima del principe Emanuele Valguarnera, ed in seconde nozze di Giuseppe del Bosco, principe di Cattolica. Il disegno è quello del noto architetto del tempo Tommaso Maria Napoli. Le fasi di costruzione si avvicendano tra le generazioni, fino alla sua data di conclusione nel 1783.
Dal corpo centrale della costruzione si muovono due ampie ali ondulate fino a creare un perfetto semicerchio, all’interno del quale trova spazio un arioso cortile; sempre dal centro si innalza verso il piano superiore uno snodo di scaloni in granito protesi ad arco, che donano ritmo e leggiadro senso di moto alla plasticità aulica della facciata, in un indovinato equilibrio fra proporzioni e geometriche armonie. L’orlo del tetto della villa è ornato da alte statue in stucco del Marabitti di stampo neoclassico: putti con archi e frecce, sagome di Venere e Nettuno, altre figure mitologiche si stagliano contro il cielo, suscitando senso di protezione al visitatore che le ammira dal basso.
La villa, di proprietà della famiglia Alliata di Villafranca, non è visitabile.

 

Villa Palagonia 

La più famosa fra le ville bagheresi, conosciuta nel mondo anche con l’emblematico nome di “villa dei mostri”, viene edificata a partire dal 1715 da Francesco Ferdinando Gravina e Bonanni, principe di Palagonia, che ne affida i lavori all’architetto domenicano Tommaso Maria Napoli ( al quale più tardi subentrerà Agatino Daidone).
Originariamente si accedeva alla villa da un viale lungo 400 mt, attraversando due archi di trionfo, il primo dei quali, cosiddetto dei “tre portoni”, oggi non è più visibile; l’altro, della “Santissima Trinità” o detto del “Padre Eterno” (dalla statua del Creatore che si trovava all’interno) realizzato interamente in tufo, è stato recentemente restaurato.
A renderla modello estetico unico ed inimitabile, è il nipote del fondatore, Ferdinando Gravina Junior, il cui ingegno stravagante permette di impreziosire la villa con i celebri mostri: centinaia e centinaia di statue in tufo dalle sembianze grottesche, buffe, polimorfe, che venivano collocate lungo il viale cintato e sulle esedre, a sorprendere ed incuriosire i visitatori. La leggenda narra che le mostruose caricature – ritratti, fra gli altri, ospiti, amici e frequentatori del palazzo – fossero ordinate dal principe di Palagonia come nemesi contro il Fato che lo aveva voluto brutto e deforme.
L’attuale ingresso della villa è quello posteriore che, tagliando centralmente l’edificio con un vano carraio, conduce allo straordinario prospetto anteriore ornato dal doppio scalone di marmo billiemi. Il nucleo della residenza, dal caratteristico impianto concavo, prende forma dal vestibolo ellittico che riconduce al piano nobile, dove si trovano gli affreschi di alcune delle dodici fatiche di Ercole e lo stupefacente “salone degli specchi”, dal soffitto rivestito con specchi tagliati a mosaico di diverse angolazioni, pareti addobbate da lussuosi inserti in marmo, vetri dipinti e colorati, busti di antenati e medaglioni della scuola del Gagini.
Dal 1885 la villa è di proprietà della famiglia Castronovo, che attraverso i ricavi della sua Fondazione, rende la villa in parte fruibile ai visitatori ed interviene nelle opere di restauro del palazzo.

 

Palazzo Aragona-Cutò

Il fascino di questo palazzo è da ricondurre alla compostezza complessiva dei suoi volumi chiusi, massicci e squadrati, insolitamente alleggeriti da una loggia monumentale che ne sovrasta il tetto col suo belvedere sul golfo di Palermo.
Costruito fra il 1714 e il 1716 per volontà del principe Luigi Onofrio Naselli di Aragona, l’edificio presenta sul frontone, ai lati dell’ingresso principale, due nicchie scavate con all’interno due statue in tufo, dense di significato allegorico; mentre i busti di leoncello, che decorano i timpani delle aperture principali, sono lo stemma araldico della famiglia.
Si accede al piano nobile grazie ad un doppio scalone monumentale che collega i piani dall’interno, anziché esternamente dal cortile come nella maggioranza delle costruzioni residenziali. Decorazioni e rivestimenti in marmo rosso donano agli ambienti un tocco estetico raffinato e ricercato; le volte dei soffitti recano ancora visibili le tracce di pregiate raffigurazioni mitologiche.
Nel 1991 il palazzo è acquistato dal Comune che, dopo i necessari restauri, ne ha riaperto i cancelli, adibendo i suoi spazi a biblioteca civica e sede del Museo del Giocattolo e delle Cere di Pietro Piraino. Dal 2004 è anche sede universitaria del DAMS di Palermo.

 

Villa Cattolica

Circondata da alte mura merlate, la villa si staglia, con la magnificenza di un “castello”, nel paesaggio all’ingresso nord di Bagheria.
Il complesso nella sua odierna composizione, è frutto di stratificati adattamenti: da antica masseria fortificata, con baglio e torri qual era, a residenza estiva nobiliare, a pochi chilometri dalla capitale del viceregno. Edificata nel 1736 dal potente Francesco Bonanno, principe di Cattolica, la villa presenta un’architettura dalle linee squadrate, con due esedre parallele – da una di esse si diparte lo scalone barocco a doppia rampa che conduce al piano superiore. L’incavo dell’altra facciata ospita un’ampia terrazza panoramica con un loggiato sottostante, da poco restaurato.
Dal 1973, a seguito di una generosa donazione da parte del maestro Renato Guttuso al comune di Bagheria, il piano nobile è sede della Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, che, tra le tante opere, vanta la più corposa racconta di tele del pittore. Dal 1990, nell’esedra settentrionale è presente il sarcofago monumentale, disegnato dallo scultore Giacomo Manzù, che accoglie le spoglie di Guttuso, proprio in faccia al mare, come la volontà del pittore indicava.
Nel 2006 anche il piano superiore viene restituito alla bellezza d’un tempo, ed adibito a spazio per l’esposizione fotografica dei nostri migliori artisti. Mentre gli spazi inferiori ospitano, insieme al laboratorio dei pittori di carretto dei fratelli Ducato e quello del maestro Durante sculture della pietra d’Aspra, una sezione cartellonistica dedicata alla cinematografia storica.

La vicenda urbanistica che ha caratterizzato la storia di Bagheria, difficilmente ha tenuto conto, nel corso degli anni, dell’alto pregio delle sue origini. Il valore architettonico espresso dalle sue numerose ville e costruzioni risalenti al 1700 è stato, spesso e volentieri, soffocato dal vorticoso ed impietoso sviluppo edilizio.
La mancata attuazione di efficaci piani regolatori cittadini, per ragioni che mal sfuggono ad una mentalità appiattita sull’unico denominatore del denaro, ha permesso il verificarsi di scenari tristemente noti, emblema di alcuni fra i tanti paradossi del progresso.
Di seguito proponiamo un video che racconta, fra immagini e parole, la vicenda di cui è protagonista una delle tante illustri ville di Bagheria.
Villa Cattolica "Le due facce del progresso", vuole essere un piccolo contributo alla riflessione sull'operato degli ultimi decenni nel contesto urbano; e chissà che attraverso lo sdegno di molti, non si riescano ad individuare dei nuovi percorsi di crescita.

 

Villa San Cataldo

Costruita nei primi del Settecento dalla famiglia dei principi Galletti di San Cataldo, viene poi radicalmente trasformata alla fine dell’Ottocento, per assecondare le esigenze del nascente stile neo-gotico. Dell’originaria struttura settecentesca non resta che la chiesetta e l’ampio giardino all’italiana.
La villa si estende su un lungo corpo a due piani, segnato da torrette angolari, a fianco di un cortile che ha al suo interno un piccolo giardino.
Di rara bellezza è il maestoso giardino settecentesco con la sua rigogliosa vegetazione, un tempo ricco di piante esotiche, ed oggi coltivato ad agrumi. I suoi viali sono arredati con sedili, vasi e statue decorative, e tutto il verde è recintato da una balaustra in arenaria d’Aspra.
Agli inizi del Novecento la villa fu ceduta alla Compagnia di Gesù dei padri gesuiti che ne fecero la sede per l’istituto delle Missioni Estere.
Dal 1997 la villa è di proprietà della provincia regionale di Palermo che ne segue gli interventi di restauro.
iene fatta costruire nel 1752 in arenaria d’Aspra, in mezzo ad un ampio e lussureggiante giardino di limoni dal principe di Larderia, Francesco Letterio Moncada. L’ingresso viene modificato nel 1769 allorché il principe Salvatore Branciforti fece tracciare il corso Butera.
Dall’inusuale, quasi unica in tutto il sud d’Italia, pianta a forma di stella, un salone interno e circolare si collega, attraverso varie salette di forma ellittica, ai tre corpi rettangolari che disegnano la planimetria dell’edificio. I due piani della villa sono resi comunicanti da una piccola scala interna, al contrario delle altre ville bagheresi di prestigio, che presentano invece imponenti scale.
Nel 1813, alla morte del principe, i Larderia vendono il palazzo per motivi finanziari a Don Giuseppe Chiello, sacerdote della Chiesa Madrice. Questi che vi istituisce una scuola collegio convitto, affidata alle Suore di Maria Assunta al Borgo di Palermo, attuali proprietarie.
Col passare degli anni, il vasto agrumeto intorno viene del tutto lottizzato, ed il palazzo resta soffocato dai fabbricati, impedendo al visitatore una visione chiara del monumento.
Inghiottito da una cortina di case che si arrampicano le une sulle altre a ridosso della villa, delle tre facciate di questa, oggi soltanto una è completamente visibile.
Nel 2004 il comune di Bagheria recupera l’area antistante la villa, impedendone il traffico veicolare. Non è visitabile.

 

 Villa Trabia

Costruita per volere del principe Michele Gravina Comitini, nel 1759, su progetto dell’abate Nicolò Palma. Negli anni successivi la villa passa di proprietà ai Lanza di Trabia, i quali ne ordina il restauro modificandone l’aspetto originario.
La strutta attuale presenta un impianto neoclassico: lesene, architravi, ornamenti in stucco bianco su fondo un fondo grigio intenso, lavorato in stile rocaille; soltanto all’esterno, alcuni vasi sull’attico dell’edificio e statue allegoriche ai lati della facciata, riconducono all’atmosfera stilistica del barocco. Le sale interne presentano decorazioni ed affreschi opera di Elia Interguglielmi.
Nel parco della villa si trova una bellissima fontana che ospita, al suo centro, una mirabile opera scultorea del Marabitti, la statua dell’Abbondanza, un tempo custodita nel giardino di palazzo Butera (fino al 1950). Lo scultore volle raffigurare nel marmo candido un’elegante figura di donna, dallo sguardo lontano, seducente e dalle pose sentimentali, traboccante di fiori e di frutta, quasi in atto di elargire anche se stessa.
La villa è privata, non visitabile.

 

Villa Galletti-Inguaggiato

È una delle ville settecentesche meglio conservate della città di Bagheria. Costruita intorno al 1770 su commissione del marchese di Santa Marina, Giovanni Pietro Galletti, la sua pregevole architettura è opera di Andrea Giganti.
Realizzata in tufo senza rivestimento di intonaco, mostra una facciata ricca di addobbi e intarsi, decorazioni a festoni e vasi tipici del settecento, due dei quali sistemati nelle nicchie ai fianchi del portone d’ingresso.
Di forma rettangolare, a due piani, è addossato da un corpo a forma di “C” posto sulla corte posteriore, rimasta poi interrotta nella sua trasformazione in stile Luigi XIV. Sulla facciata e ai lati, rilievi a intaglio riproducono elementi militari quali elmi, scudi e lance.
Sontuoso, al piano nobile, è il grande salone centrale, decorato in ogni suo spazio, ed anche altre sale appaiono riccamente affrescate. Questa villa-palazzo testimonia con il suo mirabile esempio, la tipica fusione tra l’austerità neoclassica e il decorativismo barocco di fine ‘700.
Il palazzo, attualmente abitato, è di proprietà privata.

 

Villa Villarosa

I lavori di questa villa, realizzata da Don Placido Notarbaltolo, duca di Villarosa, cominciano intorno al 1770, proseguendo fino alla fine dell’Ottocento. Si tratta di una costruzione rettangolare a due piani, a cui si accede salendo un’ampia scalinata che conduce, allo stesso tempo, in un imponente portico in stile corinzio a otto colonne.
Più severo appare il prospetto posteriore rivolto al porto di Palermo, in contrapposizione all’eleganza delle forme che guardano Bagheria. Da una scala interna, con balaustra in ferro, si accede al piano superiore, costituito da diverse sale convergenti sul ballatoio, da cui si giunge nel salone centrale.
Lo stile espresso dalla villa, è improntato al neoclassicismo, con insistenti richiami ai moduli stilistici dell’arte greca; mentre, poco sensibile al fascino dell’arte barocca, appare tutto il resto.
Nel 1911 la villa è data in affitto ad un collegio di padri Gesuiti, che realizzano al suo interno una serie di interventi modificandone l’assetto originario.

 

Villa Arezzo Spedalotto

Viene edificata sull’antica strada provinciale, sull’attuale territorio di Santa Flavia in mezzo agli agrumeti dove nacque, nel 1810, il futuro re Ferdinando II di Borbone.
I marchesi Paternò di Spedalotto l’avevano acquistata, come fabbricato agreste, nel 1795 dal cavaliere Arezzo, per destinarla poi a luogo di villeggiatura.
La costruzione, dopo i vari rimaneggiamenti, presenta un pronao colonnato sul prospetto principale, in pieno stile neoclassico. Un’ala della villa è andata distrutta sotto i bombardamenti aerei della seconda guerra mondiale. Per fortuna al suo interno si conservano ancora i pregevoli affreschi, di vocazione mitologico-allegorica, che decorano le pareti ed i soffitti della villa.
Oggi di proprietà privata, non è visitabile.

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