Cronaca

I Carabinieri della Compagnia di Bagheria hanno tratto in arresto per tentato furto aggravato PEDONE Vincenzo, nato a Palermo, classe 1980, residente a Bagheria, poichè è stato sorpreso all’interno del deposito giudiziario della ditta “Scianna” mentre era intento ad asportare radio ed altri oggetti da quattro autovetture, ivi custodite in quanto sottoposte a sequestro.

La refurtiva, del valore complessivo di circa 900,000 euro, è stata restituita all’avente diritto. L’arrestato ha trascorso la notte presso la propria abitazione agli arresti domiciliari, prima di essere accompagnato presso il Tribunale di Termini Imerese ove, nella mattinata odierna, è stato giudicato con rito direttissimo, conclusosi con la convalida dell’arresto e la condanna alla pena di mesi quattro di reclusione, da scontare in regime di arresti domiciliari.

 

Pedone  Vincenzo

Il fatto verificatosi a Bagheria circa sei anni fa, fece all'epoca una particolare impressione, per la particolare efferatezza e violenza del reato: un tunisino di 32 anni, H.B., dopo la fase iniziale del matrimonio con una ragazza ventiseienne aveva cominciato a mostrare il suo vero volto.

Percosse, minacce e vere e propei sevizie alla moglie e alla figlia, sino al fatto più drammatico che lo portò ad essere arrestato ed ora condannato ad otto anni: picchiò con inaudita violanza la moglie incinta che poi partorì una piccola costretta oggi sulla sedia a rotelle.

Il Tribunale penale, seconda sezione, presidente Pasqua Seminara, accogliendo la tesi del p.m. Ilria De Somma e degli avvocati della difesa Letizia  e Vincenza Scardina, che difendevano la moglie e le figlie dell'uomo, lo ha adesso condannato per violenze sessuali e maltrattamenti ad otto anni.

 

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avv. Letizia Scardina                                                         avv. Vincenza Scardina

L'omicidio di Salvatore Calabrese, conosciuto in paese, con il soprannome 'il torinese' per via della sua permanenza nel capoluogo piemontese, era stato consumato nel dicembre del 2011, in contrada 'Valle Corvo',  'arroccata' tra le colline che sovrastano Casteldaccia.

All'inizio ci fù grande preoccupazione  tra gli investigatori che quell'omicidio potesse essere un segnale di una nuova guerra di mafia, ma presto i contorni della vicenda si chiarirono: nel maggio successivo pochi mesi dal delitto, scavando nei rapporti e nelle amicizie del Calabrese e con riscontri dai tabulati telefonici,  venne arrestato, con l'accusa di omicidio volontario e premeditato, Giovanni Fiorista

Fu poi lo stesso Fiorsta a confessare e a spiegare agli inquirenti il perchè dell'omicidio: con Calabrese aveva ideato una truffa, la richiesta di un prestito ad una finanziaria, che aveva fruttato poco più di un migliaio di euro, ma il Calabrese trovava sempre un pretesto per non dare al Fiorista la sua 'parte', circa 600 euro.

Il Fiorista lo aveva allora attirato in una trappola, proponendogli di andare a vedere una villa nel territorio di Casteldaccia per fare un altro affare.

Colà giunto lo aveva minacciato con una pistola chiedendogli ancora una volta il pagamento di quanto era stato pattuito, ma il Calabrese, pensando che il complice non avrebbe mai sparato, lo avrebbe anche provocato.

A questo punto il Fiorista aveva perso il lume della ragione e gli aveva esploso contro tre colpi da distanza ravvicinata uccidendolo. A segnalare la presenza del corpo un contadino del luogo.

In primo grado Giovanni Fiorista, pur avendo scelto il rito abbreviato per godere di qualche sconto di pena era stato condannato all'ergastolo: adesso la prima sezione d'appello presieduta da Giancarlo Trizzino, ha in parte accolto le tesi del difensore, avv. Salvatore Ruta, 'riducendo' la pena a trenta anni.

Larysa Moskalenko, l’ucraina arrestata a ottobre scorso con l’accusa di far parte di un’organizzazione criminale che rapiva minori contesi per restituirli ai genitori affidatari ai quali erano stati sottratti, avrebbe chiesto le armi (due Glock, una Taser e una 9 millimetri) a Juan Ramon Fernandez, il narcos italocanadese, ucciso assieme al complice Fernando Pimentel a colpi di pistola, bruciato e sepolto tra i rifiuti di una discarica abusiva di contrada Fiorilli a Casteldaccia.

I due erano stati ritrovati a maggio scorso, mentre l’incontro tra Moskalenko e Fernandez è avvenuto il 30 ottobre 2012. Il collegamento è stato scoperto dagli inquirenti che indagano sulla tratta. Larysa Moskalenko, nell’interrogatorio con il pm Geri Ferrara, ha prima negato e poi ammesso di avere avuto contatti con Fernandez tramite il suo compagno che doveva incontrare l’italocanadese per l’affitto di un locale.

In un sms l’ucraina chiede al narcos il prezzo delle armi.

A Fernandez, la donna avrebbe poi detto della spedizione in Tunisia per il “recupero” dei minori. “Non ho coinvolto Fernandez, gliel’ho detto perché sono stupida”, ha risposto Moskalenko incalzata dal pm.

articolo e foto tratto da blogsicilia.it

 

   

 

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