Cronaca

I Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo hanno concluso nel mattino una significativa operazione antimafia, convenzionalmente denominata “BAGHDAD”, che, con l’esecuzione di 2 provvedimenti cautelari, ha reciso il canale di infiltrazione del mandamento mafioso di Bagheria nel C.O.In.R.E.S di Bagheria.

Le misure sono state richieste dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo ed emesse dal Giudice per le indagini preliminari, e fanno riferimento a gravi fatti di estorsione e truffa, consumati in un contesto chiaramente mafioso.

L’operazione è il frutto di una prolungata attività investigativa avviata, dal 2009, dalla Compagnia Carabinieri di Bagheria, prendendo le mosse dall’operazione PERSEO, portata a segno il 16 dicembre 2008 sempre dai carabinieri, che decapitava la nuova cupola: in particolare, era stato accertato che cosa nostra si stava riorganizzando per ricostituire la cd commissione provinciale e, dunque, per tornare a disporre di un organismo deliberativo centrale in grado di assumere decisioni di rilievo anche per i fatti più gravi.

In tale contesto le indagini hanno posto in luce la figura di Antonino DI BELLA cl. 55, detto Nino, pluri-pregiudicato, quale persona stabilmente inserita nel contesto mafioso bagherese.

Sulla base di queste premesse, gli investigatori hanno avviato una complessa indagine, attraverso intercettazioni telefoniche, ambientali e di colloqui in carcere, video-sorveglianze e servizi di osservazione, all’esito della quale è risultato che il DI BELLA -in servizio, con la qualifica di mero sorvegliante, presso il C.O.In.R.E.S. di Bagheria, ma in realtà vero dominus del consorzio - con la connivenza di dirigenti pubblici infedeli, tra i quali in particolare il responsabile amministrativo del C.O.In.R.E.S. di Bagheria Diego LO PARO cl. 49, si rendeva autore di una numerosa serie di reati, che potevano trovare esecuzione grazie alla influenza della locale consorteria mafiosa e che finivano anche con il condizionare le determinazioni dell’Amministrazione comunale.

Sono stati così realizzati, da parte degli indagati, svariati profitti illeciti, in danno dell’ente pubblico, che hanno certamente influito sul successivo dissesto economico.

Non va dimenticato in proposito che l’instabilità economica del consorzio, da cinque anni pressoché permanente, ha determinato allarme sociale, seri problemi di ordine pubblico e frequenti emergenze sanitarie, per la mancata raccolta dei rifiuti, che hanno messo in pericolo l’incolumità e la salute pubblica dei cittadini, turbando gravemente la vita della comunità.

E’ emerso, ancora una volta, come il sistema dello smaltimento di rifiuti, fonte di ingenti guadagni nonché di posti di lavoro da distribuire, costituisca oggetto di infiltrazione da parte dell’associazione mafiosa, che è solita trarne alimento per il consolidamento dei propri interessi.

Nel dettaglio è stato accertato che DI BELLA, forte della appartenenza alla famiglia mafiosa, era riuscito a sfruttare il consorzio per il soddisfacimento dei proprio interessi, tutt’altro che pubblici, e a svolgere opera di condizionamento sulla sua complessiva gestione.

E’ stato in particolare dimostrato che il DI BELLA, con la complicità del dirigente amministrativo del CO.In.R.E.S, LO PARO Diego (che gli consentiva la perpetrazione di qualsiasi illecito nell’ambito del consorzio) riusciva a condizionare le ditte in rapporti contrattuali con il consorzio, pretendendo somme di denaro a titolo di estorsione , come è avvenuto ai danni di un imprenditore del luogo, titolare di mezzi dati in locazione al consorzio, al quale sono state chieste somme di denaro, evocando la classica raccolta di fondi per il mantenimento dei detenuti mafiosi.

E’ emersa anche una truffa in danno del COINRES, attuata attraverso il noleggio di un mezzo meccanico, di fatto appartenente allo stesso DI BELLA, pur intestato a prestanome, per il cui utilizzo si è fatto risultare un numero maggiore di giorni lavorativi rispetto a quelli in cui il mezzo veniva realmente impiegato.

Sono stati così quantificati profitti illeciti, ammontanti a circa seicento euro al giorno, per un totale pari a diverse centinaia di migliaia di euro, considerato che il meccanismo fraudolento è andato avanti per anni.

Ed ancora, è stato accertato l’assoggettamento del titolare di un distributore di carburante di Bagheria -presso cui il Co.In.R.E.S., in virtù di una convenzione, riforniva i propri mezzi e quelli dei suoi dipendenti[1]- al quale veniva imposto di rifornire di carburante, a spese del consorzio, terzi estranei, tra i quali propri parenti e amici, adottando a copertura una contabilità parallela, utilizzando fittizi buoni di benzina, ovvero sottraendoli dalla fornitura del mezzi cui erano destinato e “gonfiando” a tale scopo le bolle di consegna.

Il medesimo sistema è stato utilizzato dal DI BELLA anche per rifornire il mezzo meccanico nella sua disponibilità (utilizzato per le truffe di cui si è detto) le cui spese, a norma di contratto, dovevano essere a carico della ditta fornitrice.

Infine, in diversi casi, sono stati alterati i fogli di presenza dello stesso DI BELLA e di dipendenti da lui favoriti per consentire la percezione di emolumenti per ore lavorative non svolte.

Non v’è dubbio che la facilità, con cui i due arrestati ed i loro complici hanno potuto sistematicamente operare, all’interno del consorzio, per realizzare i propri illeciti proventi, sia stata consentita proprio dalla capacità intimidatrice che derivava dal loro conclamato riferimento a “cosa nostra”.

Le indagini sono ancora in corso per delineare le ulteriori responsabilità, sia interne che esterne al COINRES, che gli accertamenti fin qui effettuati hanno fatto emergere e che attualmente coinvolgono a vario titolo oltre venti persone, nonché per ricostruire nella sua interezza il contesto mafioso nel quale sono stati consumati gli specifici fatti illeciti oggetto del provvedimento.

 

Questi gli arrestati:

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DI BELLA Gioacchino Antonino    -          LO PARO Diego

nato a Bagheria il 05.12.1955        -          nato a Palermo il 12.12.1949.

 

Un diportista è stato trovato morto in mare al largo di Palermo. È una delle tre persone uscite stamane in barca dal porticciolo della Bandita che risultavano dispersi.

.Dopo l'allarme dei parenti, Capitaneria e vigili del fuoco, con l'ausilio di un elicottero della Gdf, avevano iniziato le ricerche. 

L'uomo, Davide Arena, galleggiava su un salvagente privo di vita

La motovedetta con a bordo il cadavere del naufrago è giunta al porto di Palermo.

I due dispersi sono Salvatore Zarcone e Massimo Perricone.

Tutti intorno ai 30 anni. I tre erano colleghi di lavoro al Centro revisione auto Zarcone.

Intanto, continuano le ricerche con motovedette ed elicotteri della guardia costiera, guardia di finanza, vigili del fuoco,
carabinieri e polizia che, seguendo la direzione del vento e delle correnti, stanno perlustrando lo specchio d'acqua tra il porto di Palermo e la località di Aspra. 

I soccorritori hanno individuato alcuni oggetti che farebbero parte dell'equipaggiamento della piccola barca usata dai tre amici, tra i 30 e i 35 anni.

Evidnetemente la tragedia si è consumata in pochi istanti, perchè nessuna chiamata è partita dai cellulari di nessuno dei tre: stamane c'era vento di scirocco che arrivavaa 11 nodi,ed in molti pescatori dilettanti avevano preferito rinuncire.

L'ipotesi più plausibile è quella di un improvviso capovolgimento della barca messasi magari al traverso delle onde.

L'imbarcazione in vetroresina, equipaggiata con un motore di 5 cavalli, era salpata intorno alle 6, poi era stata vista rientrare e quindi riprendere il mare, ma da allora nesuna notizia

Nelle operazione di ricerca dei due dispersi che stanno proseguendo anche durante la notte sono impegnate 8 motovedette: 5 della Guardia costiera e 3 della Guardia di finanza, della polizia e dei carabinieri, oltre a un aereo della Capitaneria di porto proveniente da Catania. 

 

Lui sostiene di essere una vittima: Vito Peirnto di 55 anni, originario di Torretta, da anni viveva da solo  a Bagheria, senza fissa dimora e perennemente disoccupato, ricevendo talvolta qualche aiuto dalla Caritas o dai servizi sociali del comune. Un tredicenne lo accusa di aver subito molestie e violenze sessuali nella casa di Bagheria dove l'uomo aveva avuto l'ultimo domicilio fisso, ricevendo in cambio qualche soldo e qualche regalo.

E non solo; perchè Perinto  lo avrebbe anche  minacciato dicendogli che se  avesse rivelato qualcosa ai familiari avrebbe recato danno alla sorella

Ma l'uomo nell'interrogatorio cui lo ha sottoposto il GIP Nicola Aiello ribalta le accuse;:a suo dire sarebbe stato il ragazzino che lo cercava continuamente per ricevere piccole regalìe in cambio di concessione di confidenze sessuali.

La versione del Perinto però non regge, perchè pare che avesse tentato di adescare anche un altro ragazzino il cui padre lo aveva però ripetutamente picchiato per costringerlo a lasciare in pace il proprio figlio.

Di fatto l'uomo che faceva il posteggiatore abusivo nella  centralissima via Mattarella, negli ultimi mesi viveva come braccato: non appena trovava un minimo di alloggio di fortuna, nel quartiere scattava l'allarme e con le buone o con le cattive veniva costretto a cambiare aria.

Il Perinto che a Bagheria era solito stazionare nella zona dei Pilastri, qualche anno fa aveva lanciato attraverso una televisione privata un appello al comune per potere avere un tetto.

 

I Carabinieri della Stazione di Palermo Resuttana Colli, nella serata del 21 marzo 2013, hanno tratto in arresto SIGNORINO Vito (51 anni) e SIGNORINO Giovanni Battista (21 anni), palermitani, padre e figlio, per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.

L’attività di polizia giudiziaria ha interessato il centro estetico “Blue Moon”, gestito dai due soggetti in via Ugo La Malfa n.62, ove, in un appartamento al 5° piano, i militari hanno riscontrato come non ci si limitasse solamente ad innocenti “massaggi”, ma vi fosse una vera e propria casa di prostituzione. 

Infatti, a seguito di un articolato servizio di osservazione, i Carabinieri notavano un continuo via vai di persone e, contestualmente riuscivano ad identificare e raccogliere le testimonianze di diversi avventori del centro massaggi.

In particolare, i “clienti” riferivano come gli appuntamenti fossero presi telefonicamente, chiamando numeri riportati su annunci pubblicati in diversi siti pornografici.

Appurato ciò, i militari, visto l’ennesimo cliente entrare nel palazzo, decidevano di fare irruzione, cogliendo il cliente in intimità con una delle “massaggiatrici” ed identificando, così altre 6 donne presenti nei vari locali, tra cui 2 segretarie.

Negli uffici in Caserma, sia i gestori che le donne continuavano a negare qualsiasi coinvolgimento nell’attività di prostituzione, dichiarando di lavorare per i SIGNORINO dal dicembre 2012 e di svolgere un lavoro “onesto”.

Il tariffario utilizzato per le prestazioni si aggirava tra i 50 ed i 100 € a seconda della prestazione richiesta dal cliente.

Nel corso delle perquisizioni venivano, inoltre, rinvenuti e sequestrati 3 telefoni cellulari, utilizzati per gli appuntamenti, e la somma di euro 280.00, presunto provento illecito attività di prostituzione.

Gli arrestati, a seguito delle formalità di rito, sono stati associati presso la locale casa circondariale “Ucciardone”, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

Sono in corso ulteriori indagini dei Carabinieri della Compagnia Palermo-San Lorenzo al fine di accertare, se oltre agli odierni arrestati, siano coinvolte altre persone.

Ufficio Stampa Provinciale dei Carabinieri
 

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