Cronaca

Parrebbe di sì stando a quanto sta venendo fuori dalle indagini della Procura di Firenze che ha indagato sulle stragi dal 1993 al 1995: ma non solo, si ipotizza che anche l'esplosivo che servì a preparare l'attentatuni a Falcone prima e a Borsellino poi possa in qualche modo provenire da Porticello.

Stando ai riscontri che gli investigatori della DIA hanno fatto delle dichiarazioni, ma non solo, di Gaspare Spatuzza, è da Porticello che cosa nostra si approvvigionava di esplosivo, anche perchè nella frazione marinara di Santa Flavia, per i motivi che vedremo, trovare tritolo in grande quantità non era particolarmente difficile, anzi.

Adesso tutti, sia pure a mezza bocca, ammettono quanto in paese da sempre si  mormorava e si sapeva: ai pescatori succedeva anche abbastanza spesso di pescare soprattutto con le paranze bombe, siluri, mine e quant'altro: i più scrupolosi li consegnavano alla Capitaneria o addirittura li ributtavano in mare per evitarsi grattacapi, altri di pochi scrupoli quando scoprirono che si ci poteva guadagnare, nascondevano i ritrovamenti alle autorità.

Bombe, siluri e mine venivano conservati immersi sott'acqua con delle boe di segnalazione che solo gli interessati conoscevano. Quanto alla manipolazione dell'esplosivo c'era una sorta di fai da te, con qualcuno più pratico a fare da maestro; quindi niente artificieri specializzati o esperti.

Di qualcuno si ricorda addirittura che si portò a casa una grossa bomba d'aereo, e la nascose sotto il letto, correndo il rischio di far saltare in area un intero quartiere.

Il tritolo ricavato dalle bombe recuperate serviva per confezionare al tempo le bombe di profondità che venivano utilizzate per la pesca di frodo, oppure veniva venduto al mercato nero.

Per dire della disponibilità di esplosivo, ricordiamo che già nel 1974 sempre a Porticello  in una delle "pirriere" in prossimità di piazzetta D'Amato fu operato un sequestro di oltre 700 chilogrammi di tritolo.

Ma perchè tante bombe e proprio a Porticello ? i motivi sono sostanzialmente due.

Durante i bombardamenti inglesi e americani che furono scatenati su Palermo dal 1942 al 1943 accadeva spesso che gli aerei di ritorno dalle incursioni, si liberassero delle bombe inutilizzate facendole cadere in mare, e che nel tempo pur sommerse da sabbia e fango la paranza con la sua imboccatura rigida, smuovendo il fondo riportava alla luce questi reperti che rimanevano impigliati nelle reti e issati a bordo.

Ma c'è un altro fatto che spiega l'abbondanza di bombe nel litorale palermitano: nel 1945 in località "Cavallo di mezzo" tra Bagheria e Santa Flavia saltò letteralmente in aria  il deposito americano di armi e di esplosivi, in dialetto chiamata " a pruvuliera".

Quando gli americani bonificarono il sito ammassarono tutte le bombe, le mine e l'esplosivo rimasti inesplosi su una chiatta ormeggiata a Porticello in quello che al tempo era poco meno di un rozzo pontile di attracco: secondo la vulgata popolare quella chiatta sbatteva pericolosamente contro il molo, e rappresentava un serio pericolo per la piccola comunità.

Fu Giuseppe Lo Coco, l'unico pescatore che al tempo aveva la barca  a motore, (tutte le altre utilizzavano ancora il vecchio sistema removelico), che, incaricato dalle autorità militari americani, agganciò la chiatta la trainò lontano dal paese e dalla terraferma e scaricò in mare il pericoloso carico, guadagnandosi, pare per questo gesto di coraggio e altruismo, il titolo di cavaliere del lavoro.

Il tratto di mare dove scaricò bombe e quant'altro, dai pescatori è inteso "u fussuni" un avvallamento circa un miglio fuori dall'imboccatura del porto di Palermo in direzione nord est, "fussuni"  appunto che va da una profondità di 100-120 metri sino a 600 metri e oltre, e che la gente di mare conosce bene.

E pare che Giuseppe Lo Coco mai abbia rivelato il luogo in cui affondò le bombe.

Dicono però i pescatori, che ampliando sempre più l'area in cui si recavano a pescare, "u fussuni" era uno di quelli in cui, almeno un tempo, si pescavano bene i gamberi: è possibile che l'azione reiterata delle imboccature delle paranze smuovendo il fondo fangoso abbia praticamente riportato alla luce, se così si può dire, una sorta di miniera a cielo aperto di materiale esplodente, dove qualcuno di pochi scrupoli si approvvigionava di tritolo.

Quanto a Cosimo D'Amato, inteso "u marruoccu", anche se brusco di carattere, non gli viene attribuita dalla gente comune una caratura mafiosa particolare, tutt'altro. Aveva il libretto di pescatore, ogni tanto si imbarcava, ma lavorava soprattutto come camionista e uomo di fatica nella zona del mercato ittico conducendo una vita modesta.

C'è stata infatti molta sorpresa  nell'apprendere stamane che è sospettato di avere fornito centinaia o addirittura migliaia di chili di tritolo, per alcuni degli attentati che hanno sconvolto l'intera Italia.

nella foto di copertina  Cosimo D'Amato

 

Potrebbe aver procurato l'esplosivo anche per l'attentato a Giovanni Falcone alla moglie ed alla  scorta, Cosimo D'Amato il pescatore di Porticello arrestato in seguito alle indagini della Procura di Firenze sugli attentati di mafia dal 1993 al 1995.

Continuano ad emergere altri particolari sulle motivazioni che hanno portato al suo arresto.

Secondo quanto scrive repubblica.it, determinanti per la sua individuazione sarebbero state le dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza. “Circa un mese e mezzo prima della strage di Capaci – ha messo a verbale l'ex sicario del clan Brancaccio - vengo contattato da Fifetto Cannella, mi dice di procurare una macchina più grande che dobbiamo prelevare delle cose. A piazza Sant’Erasmo, ad aspettarci, c’erano Cosimo Lo Nigro e Giuseppe Barranca. Noi aspettavamo anche Renzino Tinnirello. Quindi siamo andati a Porticello, ci siamo avvicinati alla banchina e c’erano tre pescherecci ormeggiati: siamo saliti sopra uno di questi e nei fianchi erano legate delle funi, quindi abbiamo tirato la prima fune e c’erano praticamente semisommersi dei fusti, all’incirca mezzo metro per un metro. Quindi, abbiamo tirato sulla barca il primo fusto, poi il secondo e li abbiamo trasferiti in macchina”.

Su queste dichiarazioni hanno lavorato i pm di Firenze, ma anche i colleghi della Procura di Caltanissetta, che si occupano dei misteri del '92: su una di quella barche ci sarebbe stato Cosimo D'Amato, il regista di quella delicata consegna.

Le indagini di Caltanissetta sul pescatore palermitano sono ancora in corso, anche per verificare eventuali complicità.

Non è semplice recuperare esposivo da siluri o bombe inesplose, bisogna essere artificieri particolarmente esperti e questo rimanda ad eventuali complicità in alto loco di cui si è sempre parlato negli attentati mafiosi del '92 e degli anni successivi.

Ma su questo aspetto le dichiarazioni del collaboratore Spatuzza sono ancora coperte dal segreto istruttorio. E a Caltanissetta, D'Amato è tecnicamente ancora un indagato a piede libero.

Le indagini di Firenze, invece, si sono concluse nelle scorse settimane: D'Amato è adesso accusato di aver procurato l'esplosivo per gli attentati di via Fauro a Roma (14 maggio 1993), via dei Georgofili a Firenze (27 maggio 1993), San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro a Roma (28 luglio 1993), via Palestro a Milano (27 luglio 1993). L'uomo avrebbe fornito il tritolo anche per il fallito attentato allo Stadio Olimpico di Roma del 23 gennaio 1994.


 

 

Ha un nome il pescatore di Porticello arrestato nell'ambito delle indagini della procura di Firenze sulle stragi mafiose del 1993 a Firenze, Roma e Milano. 

Gli agenti della Dia di Firenze hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un cinquantasettenne di Santa Flavia, Cosimo D'Amato, ritenuto responsabile di aver fornito ingenti quantitativi di tritolo. 

Per le stragi mafiose del 1993 a Firenze, Milano e Roma venne usato del tritolo recuperato in mare da residuati bellici.

E' quanto emerso dalle indagini della procura di Firenze che ieri hanno portato all'arresto del cinquantasettenne di Santa Flavia (Palermo), accusato di aver recuperato l'esplosivo: l'uomo parente del mafioso Cosimo Lo Nigro, già condannato per le stragi, non era mai entrato nell'inchiesta.

Ad emettere l'ordinanza per l'arresto è stato il gip di Firenze Anna Favi.

Secondo quanto emerso, il tritolo recuperato dal D'Amato sarebbe stato poi utilizzato dal comando mafioso per numerose azioni, dalla strage di via Fauro a Roma del 14 maggio 1993 al fallito attentato all'Olimpico del 23 gennaio 1994.

 

 

 

Pensa che si sia trattato di una vera e propria spedizione punitiva E.B., 39 anni, sovrintendente della Polizia di Stato che presta regolarmente servizio presso il commissariato di Bagheria. 

Una aggressione violenta e preordinata, e non come si era pensato in un primo momento, un tentativo di rapina degenerato.

Il fatto è accaduto proprio davanti un bar di piazza Giulio Cesare, dove E.B., che abita nella zona della stazione centrale di Palermo, e che fino al 2011 prestava servizio a Palermo sulle volanti della Polizia, poco dopo la mezzanotte aveva comprato una bottiglia d'acqua prima di ritirarsi.

Mentre stava per uscire dal bar è stato avvicinato da un italo tunisino poi arrestato nell' immediata vicinanza del fatto,  Mahamud Landoulsi, 27 anni, pregiudicato noto al poliziotto perchè amico di un altro connazionale nei confronti del quale il sovrnitendente aveva portato avanti una indagine conclusasi con una richiesta di arresto per una rapina ad una turista portioghese.

La richiesta di arresto era stata respinta ma Landoulsi, amico  del presunto rapinatore, in più occasioni aveva manifestato pubblicamente l'intenzione di vendicare l'amico.

Per questo quando il tunisino gli ha chiesto di venir fuori per ragionare, non ha capito che stava cadendo in una trappola: da dietro un muro sono sbucati all'improvviso tre compari del tunisino, uno dei quali Zine Abidine Belgassemi, verrà anche lui arrestato assieme a Landoulsi, da una volante che si trovava in zona;  ed a quel è iniziato il vero e proprio pestaggio.

Un calcio al petto che che ha fatto perdere quasi subito conoscenza al poliziotto e poi ancora pugni e calci, sin quando non si sono resi conto che E.B. era svenuto a terra, allorchè sono scappati.

Il poliziotto, che era in borghese, soccorso da alcuni passanti è stato subito ricoverato all'Ospedale Civico, dove gli sono state riscontrate  la frattura di uno zigomo, di un dito oltre ad un grave trauma all'occhio sinistro.

"Questa banda di tunisisni che detta legge nella zona della Stazione centrale di Palermo mi ha voluto far pagare- sostiene il poliziotto - il fatto che pretendevo di fare roisettare la legge.

La Polizia sta lavorando per individuare e arrestare gli altri  due complici degli arrestati, nelle cui tasche sono stai peraltro ritrovati oggetti personali rapinati al poliziotto subito dopo il pestaggio.

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