Cronaca

E' iniziato il valzer di smentite da parte dei politici i cui nomi sono venuti fuori da intercettazioni per la vicenda Giacchetto, e sono stati accostati a vicende di escort, di viaggi di vacanze o di altri benefit messi a disposizione da parte del manager della comunicazione Fausto Giacchetto, e che subito si sono preoccupati di prendere le distanze

A parte l'ammissione di Francesco Cascio, presidente dell'ARS, che ammette di avere intrattenuto con Giacchetto "un rapporto di disinteressata amicizia personale e familiare, ma che respinge con forza qualsivoglia insinuazione su qualsivoglia favore".

Il sen. Enzo Galioto conosce certo Giacchetto ma "nego con estrema fermezza l'esistenza di un rapporto di amicizia tra di noi che si possa essere tradotto in uno scambio di favori", precisa l'esponente dell'U.D.C.

E Giovanni Pistorio attraverso il suo avvocato:"Querelerò chiunque accosti il mio nome a quello di Giacchetto per rapporti illeciti o immorali.", minaccia l'esponente dell'MPA che avrebbe già denunciato il quotidiano la Repubblica

Scoma a sua volta  si dice "indignato per essere stato tirato dentro a storie di escort che non solo non mi appartengono, ma hanno anche turbato e colpito la mia serenità familiare".

Insomma, amici sì, conoscenti sì, ma niente scambio di favori, e tantomeno avventure a luci rosse.

Dalle intercettazioni e dalle testimonianze, alcune delle quali secretate, verrebbe fuori invece quello che qualcuno ha già definito un "sistema Daccò" in salsa siciliana, con giri di vacanze pagate di qua e di là, in barca o altrove, alcove ed escort come sembra emergere anche da riscontri oggettivi (fatture di book fotografici ecc...), e altri favori più o meno costosi e leciti.

L'obiettivo di questa rete di rapporti era di riuscire a controllare, magari con bandi cuciti su misura, le risorse che venivano impegnate nella realizzazione dei grandi eventi di moda, di costume, sportivi ecc...

Insomma per i politici, Fausto Giacchetto sino a ieri frequentatore assiduo di segreterie e di assessorati regionali, uno dei personaggi più noti e più influenti di Palermo e non solo nel campo della comunicazione pubblicitaria, oggi viene presentato come semplice e quasi casuale conoscenza dovuta a normali frequentazioni d'ufficio

Gli inquirenti hanno già manifestato il loro disappunto per una indagine che stava andando avanti nel più assoluto riserbo, e che qualcuno invece, diffondendo anzitempo la notizia. ha voluto invece fare scoppiare, con il rischio pare, di "bruciare" la parte più significatica dell'indagine che non sarebbe quella legata alla gestione dei grandi eventi turistici, quanto piuttosto quella legata alla gestione dei fondi del CIAPI, l'ente di formazione professionale; si parla di 25 milioni di euro di spese confusamente documentate.

Giacchetto da parte sua, attraverso i suoi avvocati, sostiene di non conoscere ancora gli elementi sui quali si basa l'accusa, e che quando si conosceranno gli atti potrà emergere la correttezza del suo operato.

I suoi avvocati infatti hanno già chiesto il dissequestro di denaro contante, di orologi di gran marca e di gioielli  operato peraltro su una cassetta di sicurezza, la cui titolarità viene fatta risalire alla cognata di Giacchetto, anch'essa indagata.

C'è da ritenere che nelle prossime settimane gli inquirenti coordinati dai due sostituti Maurizio Agnello e Gaetano Paci, studieranno attentamente il materiale sequestrato a partire da quell'hard disk che, stando a quanto scrivono i giornali, il manager avrebbe maldestramente cercato di fare sparire nel cesto della biancheria sporca.

Si tratterà di capire per i magistrati se tutto girava attorno a qualche cortesia moralmente discutibile, ma penalmente irrilevante, come sostengono alcuni o se il sistema prevedesse anche altre metodi per tenersi buoni i politici, come tutto lascerebbe pensare.

I nomi degli indagati ad oggi non sono venuti ufficialmente fuori: oltre a Giacchetto, ci sarebbero due suoi collaboratori, un funzionario dell'Ufficio Turismo, Antonio Belfiore, la cognata di Giacchetto.

Uno dei suoi due collaboratori, e lo riporta la Repubblica di domenica 8 luglio nell'edizione di Palermo, è Angelo Vitale, bagherese di 45 anni, titolare di tre aziende che agivano di supporto a Giacchetto: la Barter consulting, la Media Center e la Media consulting.

Vitale, non avrebbe avuto però un ruolo "attivo" nella tessitura della rete che consentivano sostanzialmente sempre allo stesso gruppo di imprese di aggiudicarsi i bandi per i grandi eventi, ma quello di semplice gregario.

Angelo Vitale, poco noto a Palermo, è molto noto invece a Bagheria, dove è stato agli inizi degli anni '90 consigliere comunale e assessore per il Partito Repubblicano.

Sabrina Raimondo il GIP cui la Procura di Termini aveva proposta l'archiviazione del caso dell'omicidio Urso, ha accolto invece la richiesta dell'avv. Salvatore Gugino, a nome dei familiari di Urso, che chiedeva invece un approfondimento delle indagini.

E questo compito ha affidato al p.m. Giacomo Urbano, e cioè di continuare ad aindagare nella direzione in cui originariamente si erano sviluppate  le indagini, che lasciavano intravedere un possibile movente dell'omicidio in una vicenda familiare, di cui l'imprenditore del settore movimento terra era stato protagonista.

Al tempo le attenzioni degli inquirenti si concentrarono su Francesco Lombardo, proprietario di un bar, e la cui figlia aveva avuto una relazione sentimentale con Urso, che successivamente aveva iniziato un'altra storia con una ragzza diciannovenne del luogo.

L'omicidio di Urso, 30 anni, era avvenuto a tarda ora nel mese di ottobre del 2009, al momento in cui Urso dopo avere salutato la sua nuova ragazza era arrivato presso la propria abitazione.

Allora la prova dello Stub, un tempo detta del guanto di paraffina, per rilevare eventuali tracce di polvere da sparo sulla mano di Francesco Lombardo subito dopo il grave fatto di sangue aveva dato esito negativo.

Il GIP chiede oggi di approfondire alcune circostanze legate all'alibi del Lombardo, che in maniera assolutamente casuale avrebbe però fatto in modo di incontrare diverse persone e tra questi i  militari della pattuglia dei Carabinieri di Altavilla oltre ad un guardiano notturno.

Questo comportamento potrebbe far pensare alla necessità di volersi precostituire un alibi. Le verifiche disposte dal GIP ruiguarderanno i tabulati dei cellulari, e l'inetrrogatorio di altri parti interessati alla vicenda.

Nei giorni scorsi, in Misilmeri (pa), i Carabinieri della compagnia cittadina hanno tratto in arresto nella flagranza dei reati di “detenzione illegale di arma da fuoco” e “ricettazione”: MENDOLA Gaspare, nato palermo classe 1940, residente a misilmeri via Fico D’india, pensionato, incensurato e MENDOLA Carmelo, nato Broni (Pv) classe 1968, figlio di Gaspare, di fatto domiciliato presso l’abitazione del padre, noto alle forze dell’ordine, per reati contro il patrimonio.

I predetti, nel corso di una perquisizione domiciliare, sono stati sorpresi nella disponibilità di una pistola marca Beretta modello 1934, calibro 7,65, priva di numero di matricola, completa di caricatore e di n. 25 cartucce dello stesso calibro, ben occultata dietro un comò, in buono stato d’uso e manutenzione.

Entrambi padre e figlio, alla domanda espressa dagli investigatori a chi appartenesse l’arma, non hanno saputo chiarirne l’origine, tutto sottoposto a sequestro. Comunque, le indagini dei Carabinieri della Compagnia di Misilmeri, continuano e pertanto l’arma ed il relativo munizionamento, saranno inviate al R.I.S. carabinieri di Messina, per gli eami di laboratorio e balistici, al fine di accertare se l’arma sia stata presumibilmente utilizzata in azioni delittuose.

Entrambi gli arrestati, espletate le formalità di rito, su disposizione dell’Autorità Giudiziaria sono stati sottoposti a rito direttissimo nella mattinata odierna dal G.I.P. presso il Tribunale di Termini Imerese, che ha convalidato gli arresti, sottoponendoli contestualmente alla misura cautelare degli arresti domiciliari presso la loro abitazione in Misilmeri.

Palermo, 04 luglio 2012

fonte:ufficio stampa provinciale Carabinieri

La guardia di finanza ha sequestrato documenti e 600 mila euro negli uffici di Fausto Giacchetto, il manager della comunicazione che, secondo l’accusa, assieme ad un gruppo  d'imprese ha gestito finanziamenti in parte comunitari per diversi milioni di euro per le campagne di comunicazione e della pubblicità di eventi.

Le indagini vengono coordinate dai p.m. Maurizio Agnello e Gaetano Paci.

I finanzieri hanno perquisito gli uffici di via Ruggero Settimo a Palermo e a Santa Flavia,  l'abitazione di Casteldaccia e le cassette di sicurezza del manager, uno dei personaggi più conosciuti nel mondo della comunicazione siciliana. Attraverso alcune imprese individuali Giacchetto si è aggiudicato negli anni diversi bandi della Regione Siciliana.

I finanzieri si sono concentrati su una decina di grandi eventi tra cui la visita di Papa Bendetto XVI a Palermo nell'ottobre di due anni fa.. Giacchetto, assieme ad altre sette persone, è indagato per turbativa d'asta, ma si sospetta che ci  dietro possa esserci un giro di tangenti.

Tra gli indagati ci sarebbero pure due funzionari regionali. Un'inchiesta che va avanti da un paio d'anni e sulla quale sinora si era saputo poco. A Giacchetto il mese scorso è stato notificato un avviso di proroga delle indagini.

Sarebbero una decina i grandi eventi finanziati dalla Regione siciliana: oltre alla visita di Papa Benedetto XVI nell'ottobre di due anni fa, sono finiti nel mirino delle indagini della Procura di Palermo, anche i Giochi delle isole, il Festino di Santa Rosalia, patrona di Palermo, i mondiali di scherma a Catania, il Cous cous Fest di San Vito Lo Capo ecc...e altre manifestazioni svolte dal 2010 fino al dicembre dell'anno scorso.

Gli inquirenti ipotizzano i reati di corruzione e turbativa d'asta per otto persone tra titolari di imprese aggiudicatrici delle gare e funzionari della Regione. Durante le perquisizioni sono stati trovati anche grosse somme in contante in una cassetta di sicurezza oltre a orologi da collezione per un valore totale di 600.000 euro.

Tutto sarebbe partito dall'esposto di un imprenditore che era stato tagliato fuori dalle campagne di comunicazione per la visita di Papa Benedetto XVI a Palermo.

Giacchetto in funzione della sua attività aveva grande confidenza e familiarità con politici nazionali e regionali, ma emergerebbero anche profili di rapporti di interesse quantomeno discutibili.

Si parla di una decina di politici intercettati nell'ambito delle indagini, quattro del PDL, tre di FLI, due di MPA e uno dell'UDC.

Tra l'altro in seguito alle intercettazioni cui l'indagato veniva sottoposto, sarebbe stato fermato nelle vicinanze della villa di Casteldaccia di Giacchetto un ispettore della Forestale con indosso 4.000 euro.

L'uomo aveva dichiarato di averli ricevuti per chiudere un occhio sulla conformità ambientale di una piscina della villa di Giacchetto, senza chiarire però se fosse stato lui a pretenderli.

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