Giuseppe Sciortino, l'imprenditore bagherese suicidatosi, aveva denunciato i suoi estortori

Giuseppe Sciortino, l'imprenditore bagherese suicidatosi, aveva denunciato i suoi estortori

cronaca
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Il suicidio di Giuseppe Sciortino, il piccolo imprenditore edile che si era tolta la vita lo scorso mese di marzo, aveva suscitato una enorme impressione a Bagheria per la notorietà del personaggio, per la sua dedizione al lavoro, per la professionalità con cui la esercitava; ma lì per lì le notizie che filtrarono parlarono di un uomo sull'orlo del fallimento per i troppi debiti che aveva accumulato.

Una morte, quella di Sciortino, che lasciò nello sconforto i familiari e nello sgomento non solo i tanti amici e conoscenti ma una intera comunità. I suoi funerali furono seguiti da migliaia di persone che vollero testimoniare con la loro presenza il rispetto e la considerazione per una persona che del lavoro aveva fatto la sua fede e la sua ragione di vita.

Sembrava quindi una storia come tante oggi in Italia, di un imprenditore in difficoltà che non ce la fa ad andare avanti e preferisce chiudere con la vita.

In realtà però nel caso di Sciortino le difficoltà economiche derivavano anche da una terribile pressione cui lo sottoponevano gli esattori del pizzo che gli chiedevano continuamente soldi.

Un mese dopo la scomparsa, Sciortino venne ricordato con una commovente cerimonia promossa da Casartigiani svoltasi nell'aula consiliare, ed in cui gli fu intitolato un Consorzio di costruzioni che lo aveva visto tra i fondatori.

Poi, nelle settimane successive al dramma,  tra mezze parole e allusioni cominciò a venir fuori la verità o meglio una parte della verità: Giuseppe Sciortino subiva taglieggiamenti e  richieste di pizzo da parte degli uomini di cosa nostra bagherese.

Qualche mese prima di togliersi la vita era stato interrogato lui come tanti altri dagli inquirenti e dai carabinieri che gli avevano chiesto se e quali richieste estortive avesse ricevuto: pare, e parliamo necessariamente al condizionale, che Sciortino in un primo momento si sarebbe trincerato dietro i non ricordo, ma quando gli sono stati fatte ascoltare le intercettazioni ambientali che contenevano riferimenti precisi e documentati aveva ceduto, ed aveva confermato di essere bersaglio del pizzo da parte della mafia.

 Gli episodi venuti a galla durante le indagini e le dichiarazioni fornite dal collaboratore di giustizia Sergio Flamia, lo descrivono più volte a scontrarsi a muso duro con gli esattori del pizzo del mandamento di Bagheria, che lo avevano preso di mira dopo alcuni lavori che aveva effettuato nel comprensorio: il tentativo da parte dei boss era quello di imporre a Sciortino una ditta di movimento terra vicina a Cosa nostra e controllata da Giuseppe Di Fiore - reggente del mandamento -, rispetto ad un'altra.

Nel dettaglio, Sciortino aveva dichiarato di essere stato vittima di tentativo di estorsione agli inizi del 2011, in relazione alla conduzione di un cantiere a Santa Flavia. Successivamente, le minacce sarebbero arrivate da Salvatore Lauricella in merito ad un altro cantiere per la costruzione di unità abitative a Villabate, ma anche da Pietro Flamia, soprannominato "il porco" che nel 2013 avrebbe voluto imporgli un'altra ditta legata alla cosca, sempre per il movimento terra. Ma non solo, per quegli stessi lavori, l'imprenditore raccontò che Flamia gli aveva chiesto quindicimila euro.

"Ero consapevole che si trattava di estorsione - disse ai carabinieri Sciortino - e sapevo pure di non avere alcun debito nei suoi confronti. Mi precisò che 'c'erano nuove disposizioni' e che qualunque lavoro avrei dovuto realizzare da quel momento in poi, dovevo rivolgermi a lui, specificando che mi avrebbe dato indicazioni sui fornitori, e su tutte le ditte che avrei dovuto contattare nel proseguo dei lavori". Fu soltanto uno dei tanti incontri coi boss.

Una delle tappe del calvario durante il quale Sciortino subì numerosi danneggiamenti ai cantieri, compresi alcuni colpi d'arma da fuoco sparati alle saracinesche del suo magazzino, i danni alla propria auto e gli atti incendiari nel magazzino al piano terra della palazzina via Carlo Alberto dalla Chiesa a Bagheria, dove abitava.

Giuseppe Sciortino, come avevano notato familiarie conoscenti  aveva perso la serenità ed il suo umore era cambiato sino ad arrivare al gesto drammativo e irreversibile.

La conferma è venuta nella conferenza stampa di oggi da parte del procuratore aggiunto Leonardo Agueci che ha detto testualmente: "Sciortino  ha coraggiosamente denunciato i suoi estortori che lo avevano portato alla rovina economica. Poi, sommerso dai debiti, si è suicidato".

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