Da Apocalisse 2, la storia dell'impresa bagherese costretta a pagare due volte il pizzo

Da Apocalisse 2, la storia dell'impresa bagherese costretta a pagare due volte il pizzo

cronaca
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La Eurocostruzioni, impresa di costruzioni con sede a Roma, ma con titolari locali, sapeva che per operare nel territorio di Bagheria e Santa Flavia e dintorni occorreva pagare dazio a cosa nostra, ed aveva sempre subito.

Le vessazioni cui avevano dovuto sottostare i due titolari dell'impresa erano stati ricostruiti con dovizia di dettagli nelle 'confessioni' prima di Sergio Flamia e confermate poi da Antonino Zarcone; gli imprenditori non avevano potuto far altro, di fronte agli inquirenti, che confermare quanto era accaduto.

Già per la costruzione di trenta villette a Santa Flavia oltre dieci anni fa era arrivato un segnale inequivocabile sotto forma di un bottiglia di liquido infiammabile con uno straccio imbevuto lasciata nel cantiere, ed a bussare alla sua porta era stato nel 2003 Gino Mineo del clan di Bagheria, che aveva fatto una richiesta di pizzo per quindici mila euro. La trattativa si chiuse con otto mila euro. 

Più di recente durante la ristrutturazione da parte dell'impresa di un palazzo di via Sant'Agostino nel cuore della vecchia Palermo, si aprì un conflitto tra famiglie per la riscossione della messa a posto. E l'imprenditore si venna a trovare in una morsa dalla quale per venirne fuori dovette pagare due volte, ed in un caso alla persona sbagliata.

Per primo si erano fatti vivi in  momenti diversi Sergio FlamiaAntonino Zarcone, allora boss di Bagheria, oggi pentiti. Rivendicavano il diritto di riscossione visto che bagherese era l'imprenditore che aveva preso i lavori, peraltro, in sub appalto da un altro costruttore.

Il costruttore si era difeso sostenendo che pensava che sarebbe spettato al capofila pagare; ma non era così, secondo le leggi di cosa nostra, lui doveva rispondere alla mafia bagherese per l'importo dei lavori che aveva ottenuto in subappalto, altrimenti si 'puteva cogghiri i fierri' e lasciare il lavoro.. Pertanto diede a Zarcone, come ha raccontato la stessa vittima, due assegni da trentamila euro ciascuno emessi da Giuseppe Di Marco, titolare di un negozio di polli che aveva un debito con il titolare dell'impresa appaltante per l'acquisto di una villetta a Santa Flavia. 

L'accordo prevedeva che Zarcone incassasse altri trenta mila euro  in contanti che avrebbe poi girato ai “palermitani”, cui spettava una fetta della torta del racket visto che il cantiere si trovava in città. L'imprenditore, però, non consegnò il denaro a Zarcone, perchè quest'ultimo venne arrestato

Nel frattempo però, nel cantiere si erano intensificate delle visite minacciose e si era fatto sotto un tale “Giuseppe il meccanico”, che era stato piuttosto convincente nel chiedere “trenta mila euro per i carcerati”. "Giuseppe il meccanico" sarebbe stato identificato in Giuseppe Fricano, boss di Resuttana oggi al 41 bis, e titolare di un'officina in via Libertà, coinvolto anche nel blitz di ieri.

L'imprenditore non aveva battuto ciglio alla richiesta di denaro da parte di Fricano abituato com'era a pagare il pizzo e si era ancora una volta piegato, però stavolta alla persona sbagliata. Peraltro a Palermo lo aveva già fatto, così ha raccontato, nel 2008 “a gente che si presentava a nome di tali Lo Presti” per la tassa di Cosa nostra sulla ristrutturazione che aveva fatto di diverse palazzine ai Quattro Canti, alla Vuccuria e in via Garibaldi. 

altMa quando fu accertato dagli stessi mafiosi che, di fronte alle rimostranze dell'imprenditore di avere già pagato, avevano fatto una indagine interna, il costruttore  fu pure rimproverato  da Antonino Zarcone,( che aveva già 'prelevato' per la famiglia di Bagheria e che lo convocò ad una riunione in presenza di Sergio Flamia, oggi pentito, e Carmelo Bartolone), di avere pagato uno che non aveva alcun titolo per chiedere soldi in quella zona, il Fricano appunto.

Proprio Zarcone, nel frattempo diventato collaboratore di giustizia, nell'ottobre scorso ha raccontato che "Daniele Lauria, Alessandro D'Ambrogio, Masino Lo Presti e Nicola Milano  si erano lamentati pesantemente con il meccanico Giuseppe Fricano (nella foto) per l'indebita riscossione non autorizzata”.

Intanto il pizzo era stato pagato due volte.
 

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