I pentiti svelano i retroscena dell'omidicio Urso: la famiglia mafiosa di Bagheria sapeva

I pentiti svelano i retroscena dell'omidicio Urso: la famiglia mafiosa di Bagheria sapeva

cronaca
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È la notte del 25 ottobre 2009. Vincenzo Urso, imprenditore edile, rientra a casa e parcheggia la Volkswagen Tuareg in via Ragusa, ad Altavilla Milicia Scende dal Suv e capisce di essere braccato da qualcuno.

Tenta di scappare, imbocca via Oberdan e via Palermo, dove viene raggiunto da una pioggia di proiettili calibro 7.65. Un delitto per il quale i carabinieri del Nucleo operativo di Palermo e del Radiomobile della compagnia di Bagheria hanno notificato un ordine di arresto a Francesco e Andrea Lombardo, padre e figlio. Sarebbero i mandanti di un omicidio del quale, al momento, restano ignoti i killer. Entrambi sono in carcere da mesi perché ritenuti organici al clan mafioso.

La sera del delitto vengono ascoltate diverse persone. Hanno solo sentito i colpi di pistola. Qualcuno, però, ricorda che una Fiat Uno, con a bordo tre persone, si è allontanata a gran velocità. In effetti le telecamere di video sorveglianza di un negozio hanno immortalato la macchina che procedeva a fari spenti e nel senso opposto di marcia. Sarà ritrovata in contrada Santoro Cannemasche. Era stata rubata poche ore prima a Santa Flavia. Dentro c'è un guanto in lattice celeste uguale a quello trovato sul luogo del delitto. È l'auto dei killer.

Le indagini si concentrano sull'attività di movimento terra della vittima ed emergono i contrasti con Francesco e Andrea Lombardo. Si contendono i lavori nel territorio fra Altavilla e Bagheria e soprattutto, dicono gli investigatori, cercano di sbaragliare la concorrenza grazie all'appoggio dei mafiosi della zona. A completare il quadro ci sono dei rancori personali. Due anni prima del delitto Urso ha interrotto una relazione sentimentale con la figlia di Francesco e sorella di Andrea.

Alcuni testimoni, sentiti dai carabinieri, dicono che per la vicenda i Lombardo si “erano sentiti offesi nell'onore”. Volevano che si arrivasse al matrimonio. "...n'ammazzatu quindici e cu iddu sidici...", avrebbe detto una volta Francesco Lombardo, davanti a testimoni, tradendo il suo rancore verso Urso. Nel 2013 si pente Vincenzo Gennaro del clan di Bagheria che mette a verbale: “C'era qualche lamentela da parte di Francesco Lombardo dice '... u viri? lu u insiqnavu e iddu m'abbannunò e sinni iu avutri banni'”. Urso, dunque, avrebbe tradito la fiducia di Lombardo.

Due mesi prima dell'omicidio le microspie captano una conversazione fra Antonino Zarcone, allora boss di Bagheria e oggi pentito, che spiegava ad Andrea Lombardo che Urso aveva chiesto un incontro con Gino Di Salvo, allora capomafia bagherese: “Gli ho detto: 'e che vuole attesto crasto?" Dice: "un chiarimento, che ci sono cose da chiarire dice, vediamo dice,,, di stringervi la mano'”. Lombardo non gradiva: “... noi ci interessano solo discorsi di lavoro, e start e luì non si deve immischiare completamente nei miei lavori, solo lui... non ci deve mangiare ne lui manco quello, nessuno di tutti e due stop”.

Nel 2013 stato Sergio Flamia, che lo avrebbe raccontato ai pm una volta fatta la scelta di pentirsi, aveva chiesto notizie a Zarcone: “Ci dissi "ma st'omicidio di Altavilla Milicia? Dici, ma du stupido di me cucinu Francu, riferendosi a Franco Lombardo però non è andato oltre”. Il cerchio investigativo si chiude quando si pente Nino Zarcone. Aveva avuto mandato di mettere la pace in un territorio pieno di fibrillazione ma, racconta ai pm, “l'unico omicidio che non sono riuscito a evitare è stato quello di Urso Vincenzo perché il Franco Lombardo aveva già da diverso tempo organizzato la sua morte e aspettava solo il momento giusto”. Urso era diventato un ostacolo. Si accaparrava la fetta più grossa dei lavori.

È sempre Zarcone a raccontare ad aggiungere altre responsabilità su cui si indaga ancora: “Di Salvo Gino fu al corrente di questo omicidio, che si doveva commettere questo omicidio... è stato uno degli autori pure che è stato pure propenso a farlo.... che gli hanno tolto il lavoro a Di Salvo Gino, questo lavoro a Palermo lo doveva andare a fare Di Salvo...”. Secondo il pentito, Di Salvo ne avrebbe parlato anche con Nicola Greco: “... mi portò la risposta che aveva parlato con Greco Nicola, dandogli il consenso, in guanto dice, se è un pericolo dice vedete quello che dovete fare”.

Articolo di Riccardo Lo Verso Pubblicato su licesicilia.it

nella foto Antonino Zarcone

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