Fratturavano arti ad emarginati per truffare le assicurazioni, un bagherese tra i capi della banda

Fratturavano arti ad emarginati per truffare le assicurazioni, un bagherese tra i capi della banda

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E' un'indagine dai contorni raccapriccianti che affonda le mani in storie di emerginazione e disago sociale qella che ha portato ad undici fermi per truffe legate a falsi incidenti stradali. Una vicenda che coinvolge direttamente Bagheria, dove sarebbero stati consumati alcuni dei reati contestati ai soggetti arrestati, alcuni dei quali sono bagheresi.

 Gli indagati accettavano di procurarsi fratture in tutto il corpo per poche centinaia di euro, con la promessa di intascare più soldi dalle assicurazioni. Così entravano far parte di una banda specializzata nelle truffe con gli incidenti stradali, fino a quando uno di loro è anche morto. E proprio dalla tragica fine di un cittadino tunisino, Hadry Yakoub, trovato senza vita su una strada alla periferia di Palermo, nel gennaio del 2017, sono cominciate le indagini della squadra mobile. Quell’uomo si pensava fosse stata una vittima di un incidente stradale e travolto da un pirata della strada, in realtà era morto per un arresto cardiaco dopo le fratture di tibia, perone e omero provocate alle sue ossa.

Undici le persone sottoposte a un fermo di indiziato di delitto firmato dalla procura di Palermo dall'aggiunto Salvatore De Luca e dai pm Alfredo Gagliardi e Daniele Sansone in seguito ad un blitz della Polizia a Palermo e provincia.. Due le organizzazioni criminali che si occupavano di frodi assicurative realizzate attraverso le mutilazioni di arti di vittime compiacenti. Il capo di una delle due gang è un perito assicurativo di Palermo, Michele Caltabellotta, bloccato in una casa a Campofelice di Roccella.Cinquanta gli indagati tra chi si prestava a subire le fratture e chi le provocava. Le fratture venivano provocate alle vittime dalle gang utilizzando dischi di ghisa come quelli dei pesi delle palestre, di oltre 20 chili l'uno, e scagliati contro le vittime alle quali venivano tenuti bloccati gli arti. Per lunghi periodi i feriti erano costretti all’uso di stampelle e a volte anche della sedia a rotelle.
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La polizia ha accertato che le vittime compiacenti delle due organizzazioni venivano reclutate in luoghi, tra i quali la stazione centrale, frequentati da soggetti ai margini della società, tra cui tossicodipendenti, persone con deficit mentali o affetti da dipendenza da alcol, e con grandi difficoltà economiche, attratti dalle promesse di facili e cospicui guadagni, mai poi in realtà corrisposti. A volte i criminali in maniera rudimentale somministravano alle vittime dosi di anestetico procurate anche da una delle persone fermate - un'infermiera in servizio presso l'ospedale Civico di Paermo.

"Affari difficili da quantificare ma i risarcimenti per ogni pratica potevano arrivare anche a 150 mila euro. Abbiamo trovato almeno dieci pratiche in questa operazione", spiega il capo della squadra mobile Rodolfo Ruperti. Di "violenze spaventose" parlano i pm di Palermo Alfredo Gagliardi e Daniele Sanzone e il procuratore aggiunto Salvatore De Luca nel provvedimento di fermo: "Colpisce l'estremo cinismo degli associati, i quali privilegiavano l'avvicinamento di persone in disastroso stato economico, nonché sovente colpite da ritardi psichici o da tossicodipendenza". Vittime che venivano costantemente raggirate: la promessa di avere quote dei rimborsi assicurativi o non veniva mai mantenuta. O, nella migliore delle ipotesi, ottenevano solo una piccola parte.

Due i capi delle gang: il bagherese Francesco Mocciaro - foto-, procacciatore di affari, e Michele Caltabellotta, perito assicurativo. Ecco i nomi degli altri fermati: Giuseppe Burrafato, Antonia Conte, infermiera del Civico e moglie di Mocciaro, Michele Di Lorenzo, Francesco Faja, al quale è stato contestato l'omicidio del tunisino, Isidoro Faja, Salvatore Piana, Giuseppe Portanova, Antonino Santoro, Massimiliano Vultaggio.

Il questore di Palermo, Renato Cortese, ha dichiarato in conferenza stampa: "La squadra mobile ha ricostruito episodi raccapriccianti". C'era anche un tariffario per chi si sottopneva alle fratture: ad esempio si davano 400 euro per una gamba, 300 per un braccio. Contro le vittime venivano scagliati dischi in ghisa da 25 chili, dall'alto. Come ha ricostruito la polizia.

Una delle vittime ha deciso di raccontare tutto agli inquirenti, si tartta di Francesca Calvaruso, 27 anni, è una delle finte vittime che si è procurata una rottura delle ossa per simulare un incidente stradale e truffare le assicurazioni. In un’intervista al quotidiano La Repubblica la Calvaruso racconta come sono andate le cose:

«Mi hanno spiegato che se mi facevo procurare delle fratture mi avrebbero dato subito 800 euro, e poi altri 34 mila con il risarcimento dell’assicurazione. Un sogno per me che sono sola e rischio di non vedere più i miei figli. Alla fine ne ho avuti solo 500».

Ci racconta cosa accadde il 4 marzo scorso? chiede la giornalista - 
«È il giorno in cui è stato inscenato il mio falso incidente. Mi hanno dato appuntamento alla stazone centrale. In auto siamo andati in un capannone a Bagheria. Un posto dove c’era anche un altro ragazzo e altre tre persone. Mi hanno detto che sarei stata vittima di un incidente insieme con un falso fidanzato. Anche lui era lì e gli hanno fratturato un braccio in quel capannone degli orrori. Infine è stato il mio turno. Sono scene che non posso dimenticare. Mi hanno fatta distendere. Mocciaro mi ha iniettato per due volte l’anestesia. C’era anche la moglie, infermiera. Un uomo mi ha tappato la bocca, un altro mi ha messo una mano sugli occhi. Mi dicevano di stare tranquilla, io tremavo. Mi hanno fratturato prima il piede perché dicevano che era più doloroso. E infatti così è stato. Ma non dovevo urlare perché c’era il pericolo che qualcuno sentisse. Dopo è stata la volta del braccio . Per procurarmi le fratture hanno utilizzato alcuni dischi di ghisa, come quelli che si usano in palestra, di almeno cinquanta chili. Me li hanno scagliati contro. Mi scendevano le lacrime dagli occhi ma ho resistito per i miei bambini».

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