Processo Panta Rei: Quasi 300 anni di carcere in appello alla mafia di Porta Nuova e Bagheria

Processo Panta Rei: Quasi 300 anni di carcere in appello alla mafia di Porta Nuova e Bagheria

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Restano molto dure le condanne nel processo di appello Panta Rei alla mafia di Porta Nuova e Bagheria, in alcuni casi anche più dure del giudizio di primo grado.

C'è pure qualche sconto di pena e la conferma di alcune assoluzioni. Si conclude il processo di appello, davanti al collegio presieduto da Mario Fontana. L'accusa era rappresentata dal sostituto procuratore generale Rita Fulantelli.

Sotto processo c'erano gli uomini dei clan di Porta Nuova e Bagheria. A cominciare dal reggente del potente mandamento palermitano, Paolo Calcagno, e Teresa Marino, moglie del boss detenuto Tommaso Lo Presti.

Dalla cella sarebbero partite le direttive, veicolate dalla donna, che avrebbe avuto voce in capitolo anche nella gestione dei traffici di droga e delle estorsioni. I carabinieri del Nucleo investigativo avevano bloccato due corrieri in Argentina e Francia, partiti per conto dei boss.

Lo Presti e Calcagno, fino al blitz era un insospettabile commerciante di pesce surgelato all'ingrosso, hanno lavorato fianco a fianco. Poi, quando il primo è finito in cella, il secondo ne avrebbe preso il posto.

E poi c'era il capitolo bagherese dell'indagine. In particolare, le indagini si concentrarono sul clan di Villabate, guidato, secondo l'accusa da Giampiero Pitarresi.

Ecco l'elenco degli imputati e le pene inflitte: Alessandro Bronte (11 anni e 6 mesi), Paolo Calcagno (15 anni e 4 mesi, uno anno e 4 mesi in più del primo grado), Pietro Catalano (4 anni mesi, la metà del giudizio di primo grado), Tommaso Catalano (7 anni e 8 mesi, più pesante del precedente giudizio), Carmelo D'Amico (11 anni e 4 mesi, in primo grado erano stati 10 ), Salvatore David (11 anni contro i 4 del primo grado quando era caduta l'associazione mafiosa), Francesco Paolo Desio (11 anni, tre anni in più), Giuseppe Di Cara (12 anni, ne aveva avuto 8), Pasquale Di Salvo (il collaboratore ed ex autista di Giovanni Falcone ha avuto 5 anni e 6 mesi. Dopo l'arresto ha collaborato con i magistrati, Nunzio La Torre (7 anni), Francesco Paolo Lo Iacono (10 anni e 8 mesi, ne aveva avuti 8), Teresa Marino (10 anni e 8 mesi, per lei è arrivato uno sconto), Rocco Marsalone (11 anni e 8 mesi), Andrea Militello (2 anni e 4 mesi ), Bartolomeo Militello (11 anni) Salvatore Mulè (13 anni e 4 mesi, 5 anni in più del primo grado), Giampiero Pitarresi (14 anni), Massimiliano Restivo (4 anni e 8 mesi, per lui è arrivato uno sconto di pena), Giuseppe Ruggeri (12 anni, in primo grado erano stati 3 perché era caduta l'associazione mafiosa), Antonino Salerno (5 anni), Ludovico Scurato (5 anni e 4 mesi), Domenico Tantillo (16 anni, ritenuto il capo del clan di Borgo Vecchio ) e Giuseppe Tantillo (5 anni grazie all'attenuante prevista per i collaboratori di giustizia), Andrea Militello (2 anni e 4 mesi), Angelo Mendola (6 anni), Antonino Abbate (6 anni), Salvatore Ingrassia (16 anni e 10 mesi, in continuazione con una precedente condanna), Giuseppe Minardi (5 anni), Gaspare Parisi (13 anni e 6 anni in continuazione con una precedente sentenza), Antonino Virruso (11 anni, 3 in più del primo grado), Vincenzo Vullo (8 anni, ma in continuazione con una precedente condanna. Per l'imputato difeso dall'avvocato Antonino Palazzotto in questo processo la pena è scesa a 2 anni), Maria Rosa Butera (1 anno, titolare del "Lido Battaglia" di Isola delle Femmine, era imputata di favoreggiamento per avere negato di avere subito richieste estorsive), Francesco Terranova (5 anni e 4 mesi). Stralciata la posizione dell'Architetto boss di Santa Flavia Salvatore Scardina già condannato in appello a 10 anni.

Assolto Massimo Monti, difeso dall'avvocato Rosario Milazzo, (che aveva avuto due anni) con la formula perché il fatto non sussiste. Il titolare della società Kursaal che gestiva la sala Bingo di via Emerico Amari era imputato per favoreggiamento.

Confermata l'assoluzione di Giuseppe Di Giovanni (Era difeso dagli avvocati Giovanni Castronovo e Simona Lo Verde; su di lui pendeva una richiesta di condanna a 10 anni perché avrebbe ereditato il bastone del comando dai fratelli Tommaso e Gregorio).

Confermata l'assoluzione anche di Gaetano Tinnirello (era difeso dagli avvocati Giovanni Di Benedetto e Ida Giganti. Per lui la procura generale aveva chiesto la condanna a 11 anni ma non ha retto l'accusa che lo inquadrava come il 'grande vecchio' di Cosa nostra, un personaggio storico di corso dei Mille che interveniva per dirimere le faccende più delicate).

Gli imputati sono stati condannati al risarcimento delle parti civili, tra cui il Centro studi Pio La Torre (rappresentato dagli avvocati Ettore Barcellona e Francesco Cutraro), Libero Futuro, Associazione Libero Grassi, Sos Impresa, Solidaria, Associazione vittime dell'estorsione, Confcommercio, Confesercenti, Fai, Addiopizzo, Confindustria, Associazione Antonino Caponnetto, i comuni di Villabate, Casteldaccia e Isola Delle Femmine, e alcuni imprenditori che si ribellarono al racket fra cui Gianluca Maria Calì, titolare della Calicar di Altavilla Milicia.

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