La vera storia dell'Arco Azzurro - di Angelo Gargano

La vera storia dell'Arco Azzurro - di Angelo Gargano

cronaca
Typography


Il finanziamento relativo alla demolizione dello scheletro sull’arco azzurro, ci offre il destro per potere rifare la storia di quella vicenda che ci è capitato ultimamente di leggere da qualche parte con qualche inesattezza.
La vergogna sull’arco azzurro ha inizio nella tarda primavera del 1983, sindaco Antonio Rizzo,
assessore all'Urbanistica Angelo Gimmanco.

L'arco azzurro non è direttamente visibile dalla litoranea Aspra – Mongerbino, ma la natura dei lavori, sbancamenti e altro e il via vai di camion non poteva certo sfuggire a quanti, politici e tecnici, erano preposti ai controlli urbanistici.

Io lo vidi per la prima volta dal mare nel settembre del 1983, e fu l’architetto Leonardo Restivo a mostrarmelo: “Guarda - mi disse - cosa sono stati capaci di fare”.
Era una domenica pomeriggio.
L’indomani, mi recai al Comune, schiumando rabbia: presentammo, come gruppo comunista, una interrogazione urgente al sindaco chiedendo anche di avere messi a disposizione gli atti concessori, se esistevano.

La documentazione che ci fu consegnata, consisteva in un relazione del gruppo elicotteristico della Guardia di Finanza che segnalava l’immobile ed una conseguente ordinanza di sospensione dei lavori emessa dal Comune di Bagheria a carico della società Sibar, di Croceverde Giardini, titolare tale Nicola Prestifilippo.

Allora non era un cognome che diceva molto per i non addetti ai lavori: doveva passare ancora qualche anno prima che indagini di polizia e magistratura portassero alla luce che in quel periodo due tra i killers più sanguinari e spietati di cosa nostra, Mario Prestifilippo e Pino Greco, inteso “Scarpuzzedda”, erano di casa a Bagheria ed erano tra quelli che seminavano in quegli anni terribili il terrore e la morte a Palermo e provincia. Nicola Prestifilippo era per l'appunto, cugino di Mario Prestifilippo e cognato di Pino Greco.

A questo punto della storia dobbiamo inserire un inciso che in altra occasione ci riserviamo di approfondire.
Non si seppe mai se quella segnalazione alla Guardia di Finanza partì dal senatore del partito repubblicano Ignazio Mineo, che proprio con una foto dell’Arco Azzurro aveva vinto in gioventù un concorso fotografico; non solo, ma consigliere comunale repubblicano era anche Francesco Gattuso, la cui abitazione estiva di famiglia sorgeva e sorge a qualche decina di metri dallo scempio realizzato.

E’ solo una ipotesi, che però non ha trovato riscontro processuale, che la famiglia Gattuso ed altri residenti della zona possano avere sollecitato l‘importante esponente politico a fermare quella vergogna.
La sera del 19 Settembre 1984 Ignazio Mineo, non più rieletto senatore nelle politiche dell’anno precedente, ma eletto consigliere comunale nelle elezioni amministrative del giugno ’84, viene ucciso a colpi di pistola sotto la propria abitazione vicino al bar La Caravella.

Per la vicenda dell’Arco Azzurro o per la lottizzazione Trabia, altro nervo scoperto del tempo? L'interrogativo rimane aperto: pensiamo di tornarci nella nostra rubrica “Crimine e dintorni” curata da Giusy La Piana.

A quella prima interrogazione sull’Arco Azzurro facemmo seguire una vera e propria campagna contro l’abusivismo di lusso e della costa, portata avanti appunto dal Partito Comunista , che culminò nel 1985 in un esposto denuncia presentato allora alla Procura della Repubblica, al Pretore, a Polizia e Carabinieri.

Ne parlarono giornali nazionali e tv di allora.
Si segnalava oltre alla vicenda dell’Arco Azzurro, l’occupazione di aree demaniali da parte di privati, l’assenza totale di sbocchi al mare, e gli scarichi fognari delle abitazioni sulla costa che sversavano direttamente sul mare.
Ed allora con noi a portare avanti questa battaglia c’era anche Peppuccio Tornatore.

Possiamo solo dire che quei mesi e quegli anni non furono sereni per quanti, e non solo comunisti, cercavano di opporsi in maniera democratica allo strapotere che cosa nostra esercitava sul territorio, tramite i suoi uomini più rappresentativi: dal controllo sui cantieri agli appalti e alle opere edili, dalle ville abusive sulla costa alla discarica (autorizzata!) su Monte Catalfano, proprio dove ora sorge il centro di educazione ambientale.

Soltanto nel 1991, l’Assessorato regionale al Territorio e all’Ambiente mandò un Commissario, l’ing. Scardino che censì una per una tutte le costruzione vecchie e nuove che andavano dal Sarello sino al Capo Zafferano, registrando in ogni scheda abusi, anomalie, scarichi abusivi e quant’altro.
Seguirono ordinanze di demolizione, intimazioni, ricorsi, lettere ai responsabili e tutto quel corredo di carte e bolli che si usano quando non si vuol toccare niente. Infatti così avvenne.

Per questo non sottovalutiamo affatto che a breve, il simbolo dello scempio, dell’arbitrio e dell’arroganza mafiosa, verrà, con un onere pesante per la collettività, finalmente rimosso: sarà però un grande giorno, solo se sancirà una volontà diversa nella gestione del territorio.

Vogliamo concludere con un riferimento che ci pare pertinente considerato l’argomento che abbiamo affrontato.
Qualche giorno fa il sindaco Biagio Sciortino, portando il suo saluto ad un convegno, nel quale noi eravamo moderatori, ha sottolineato, con una qualche ragione, che questa è la Bagheria che la vecchia politica e i vecchi politici gli hanno lasciato in eredità, e che lui sta cercando di cambiare.

E, per dare forza al suo ragionamento citava tre esempi: la Certosa che, da stalla in cui era stata ridotta negli anni ’80, era tornata a splendere (anche se solo in piccola parte, n.d.a); l’Arco Azzurro massacrato da uno scheletro di costruzione abusiva che, lui sindaco, sta per essere demolito; e la spazzatura che i bagheresi, in parte sporchi e trascurati lasciano ovunque e a tutte le ore (ed anche questo è vero), costringendolo a rincorrere tutto il santo giorno emergenze ambientali.

Alla memoria del sindaco però noi vorremmo dare una rinfrescata: è vero che la vecchia politica e i vecchi politici, facendoci vergognare di fronte all’intera nazione (si legga cosa scrisse in quell’occasione il Corriere della Sera), quella Certosa ridotta a stalla, volevano addirittura demolirla per allargare la strada e dare spazio alle case (abusive).

E’ anche vero però che una parte della vecchia politica e dei vecchi politici fece allora una grande battaglia di civiltà e di cultura (siamo nei primi anni '80) assieme alle forze migliori di Bagheria, e fu una battaglia vinta: il Comune acquisì all’asta i 5/9 della Certosa che erano ancora di proprietà privata e qualche anno dopo furono messe le basi per il recupero, che in questi giorni Sciortino ha in parte portato a compimento.

Quanto alla spazzatura e ai rifiuti , il sindaco sa bene, non potendosi egli considerare un politico di primo pelo, perchè è dal 1995 che in ruoli anche di responsabilità attende all’amministrazione del Comune, che le basi per creare quel mostro che va sotto il nome di COINRES è tutto frutto della nuova e della nuovissima politica, degli ultimi quindici anni.

Ed infine non possiamo esimerci dal ricordargli che figli, nipoti, cugini, fratelli, parenti dei vecchi politici fanno parte della sua alleanza di governo, e che è addirittura assessore nella sua giunta il figlio di quel sindaco, durante il cui mandato, ‘ntaci maci, come si dice in dialetto, si realizzò lo scempio dell’Arco Azzurro, e che i vecchi politici di cui giustamente va “sparlando” sono gli stessi che si ritrova e con cui tratta e interloquisce nelle trattative della coalizione di maggioranza.

Ed è a loro che deve chiedere, per essere aggiornato, tra una portata e l’altra delle cene da Don Ciccio, qualche notizia sui vecchi tempi, i vecchi politici e la vecchia politica.
We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.