Breve cronostoria sulla privatizzazione delle risorse idriche

Breve cronostoria sulla privatizzazione delle risorse idriche

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Il processo di privatizzazione delle reti idriche in Sicilia parte nel 1999 quando, nella finanziaria regionale, si prevede l'istituzione degli Ato idirici, che vengono poi definiti 2001. In Sicilia nascono cosi' nove Ato (Ambiti territoriali ottimali), uno per provincia.

Il passo successivo e' l'individuazione dei soggetti gestori delle reti idriche: la gara va a buon fine in sei province, mentre fallisce a Trapani, Ragusa e Messina. Dove si individua il gestore, si avviano le procedure per la consegna delle reti.
Procedure che in alcuni casi vengono contestate dagli amministratori locali che, supportati dalle protese dei cittadini che temono l'aumento delle tariffe, si rifiutano di procedere alle consegne.

 

L'Arra, l'agenzia per le acque e rifiuti, invia nei comuni 'ribelli' dei commissari, ma in alcuni casi la protesta ne impedisce fisicamente l'ingresso nelle sedi municipali. Nel marzo di quest'anno l'Assemblea regionale siciliana approva un ordine del giorno che impegna il governo a sospendere le procedure di commissariamento, ma l'indicazione viene `aggirata' dall'Arra che in alcuni casi invia ai comuni note di diffida che intimano la consegna delle reti ai gestori privati.

Attualmente all'Ars e' depositato un disegno di legge che chiede il ritorno alla gestione pubblica delle risorse. Il ddl, che su iniziativa delle amministrazioni comunali dovrebbe essere 'trasfromato' in testo di iniziativa popolare, parte dal presupposto che sebbene l'acqua continui ad essere considerata bene pubblico, 'la privatizzazione della gestione e delle reti idriche, di fatto, la trasforma in una risorsa sulla quale i privati possono lucrare'.

Altra questione di attualita' e' legata alla recente approvazione da parte del parlamento nazionale del 'decreto Ronchi', che prevede la liberalizzazione dei servizi pubblici locali da parte dei comuni, fra questi anche l'acqua. Chi si oppone alla privatizzazione chiede che la Regione, forte oltretutto della propria autonomia legislativa, debba ricorrere presso la Corte Costituzionale contro il decreto, come hanno gia' annunciato altre regioni.

Lo specchietto è tratto da Repubblica Palermo di oggi

 

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