Volevano uccidere Pietro Lo Iacono a Fondachello: tre condannati

Volevano uccidere Pietro Lo Iacono a Fondachello: tre condannati

cronaca
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Meditavano un delitto eccellente, di un vero pezzo da novanta. Un omicidio che se effettivamente realizzato avrebbe portato un grande scompiglio dentro la famiglia di cosa nostra bagherese,

per fortuna di Pietro Lo Iacono arrivarono prima i poliziotti che arrestarono Andrea Carbone, e Michele Modica di Casteldaccia, ed Emanuele Cecala originario di Caccamo, che erano soliti riunirsi in una autoofficina per discutere dei fatti loro, e dove erano state piazzate le microspie.
Nelle intercettazioni gli inquirenti avevano visto maturare, settimana dopo settimana, i preparativi dell gesto criminoso,e quando intuirono che il piano stava per essere messo in pratica, e che oltre a Lo Iacono avrebbe messo a rischio la sicurezza di comuni cittadini, interruppero con gli arresti il disegno di morte.

 

L’estate scorsa Pietro Lo Iacono, per un certo periodo anche reggente della famiglia mfiosa di Bagheria, soprannominato il due di spade, anche se aveva avuto una condanna a quattordici anni era tornato libero per un inghippo processuale: aveva affittato una cabina nel Lido di Fondachello dove quasi ogni giorno si recava con la moglie, ed era proprio là a Fondachello, che il piano si doveva realizzare.
La polizia intercettò frammenti di conversazione degli aspiranti killer in cui si parlava delle modalità di esecuzione della sentenza che pare, venisse dal carcere, anche se mai nessun capomafia in carcere è stato accusato e indagato per il tentato omicidio: si parlava di prelevarlo e di portarlo via con un furgone e farlo successivamente sparire; si parlò tra gli intercettati, di usare un fucile subacqueo e di eliminarlo mentre faceva il bagno, in modo da far sembrare la morte frutto di un evento casuale

Il G.U.P Giuseppe Sgadari ha dato ragione agli inquirenti condannando Andrea Carbone ed Emanuele Cecala a sette anni e Michele Modica a sei anni, non riconoscendo l’appartenenza però dei tre al sodalizio mafioso, così come argomentato dai pubblici ministeri Nino Di Matteo e Marzia Sabella, che avevano richiesto per ben quattordici anni per M.Modica, e rispettivamente dodici e dieci per Carbone e Cecala.
 

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