Le nostre anime di notte- di Giuseppe Gargano

Le nostre anime di notte- di Giuseppe Gargano

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L’amore deve avere la forza di essere presente ovunque, comunque e dovunque.

Quante forme ha l’amore? Cosa significa veramente amare?
Nel meraviglio libro di Kent Haruf. “Le Nostre anime di notte”, l’amore assume forme diverse; quella di una mamma per un figlio, di un ragazzino per un animale, che lo veglia nelle lunghe notti di solitudine, l’amore di due anziani che hanno il solo bisogno di tenersi per mano in attesa della notte più lunga, mettendo in contatto le loro anime e non il loro corpo. Un amore fatto di tenerezza, ma anche di invidia e di incomprensione da parte di chi non sa cosa sia l’amore.
Probabilmente si può vivere da soli anche cent’anni, ma morire da soli è il male peggiore.
Come tutti i grandi amori anche quelli tra Addie e Louis è un amore contrastato dall’ignoranza, dall’invidia e dalla stupidità, e un amore semplice e puro che deve cedere il passo ai “doveri” della vita.
Tanto tempo fa la Follia decise di invitare tutti i sentimenti a prendere un caffè da lei.
Dopo il caffè, la Follia propose: “Si gioca a nascondino?” “Nascondino? Che cos’è?” – domandò la Curiosità. “Nascondino è un gioco. Io conto fino a cento e voi vi nascondete. Quando avrò terminato di contare, comincerò a cercarvi e il primo che troverò sarà il prossimo a contare.”
Accettarono tutti ad eccezione della Paura e della Pigrizia, che rimasero a guardare in dipsparte. “1,2,3…” – la Follia cominciò a contare.
La Fretta si nascose per prima, dove le capitò. La Timidezza, impacciata come sempre, si nascose in un gruppo d’alberi. La Gioia corse festosamente in mezzo al giardino, non curante di un vero e proprio nascondino. La Tristezza cominciò a piangere, perché non trovava un angolo adatto per nascondersi. L’ Invidia, ovviamente, si unì all’Orgoglio e si nascose accanto a lui dietro un grande masso.
La Follia continuava a contare mentre i suoi amici si nascondevano. La Disperazione era sconfortata vedendo che la Follia era già a novantanove. “Cento!” – gridò la Follia – “Adesso verrò a cercarvi!” La prima ad essere trovata fu la Curiosità, poiché non aveva potuto impedirsi di uscire per vedere chi sarebbe stato il primo ad essere scoperto. Guardando da una parte, la Follia vide il Dubbio sopra un recinto che non sapeva da quale lato avrebbe potuto nascondersi meglio.E così di seguito furono scoperte…la Gioia, la Tristezza, la Timidezza e via via tutti gli altri. Quando tutti finalmente si radunarono,la Curiosità domandò: “Dov’è l’Amore?”. Nessuno l’aveva visto. Il gioco non poteva considerarsi concluso, così la Follia cominciò a cercarlo. Cercò in cima ad una montagna, lungo il fiume, sotto le rocce… ma dell’Amore, nessuna traccia. Setacciando da tutte le parti,la Follia si accorse di un rosaio,prese un pezzo di legno e cominciò a frugare tra i rami spinosi, quando ad un tratto sentì un lamento… Era l’Amore, che soffriva terribilmente perché una spina gli aveva appena perforato un occhio.La Follia non sapeva che cosa fare, si scusò per aver organizzato un gioco così stupido, implorò l’Amore per ottenere il suo perdono e commossa dagli esiti di quel danno irreversibile arrivò fino a promettergli che l’avrebbe assistito per sempre.

L’Amore rincuorato, accettò la promessa e quelle scuse così sincere.
Così da allora: l’Amore è cieco e la Follia lo accompagna sempre.

Giuseppe Gargano

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