Tre erano quelli che, una sera di settembre, tornando dalla campagna, vennero aggrediti e derubati.
Giudicato Circondariale di Bagaria
N. 914
Oggetto: per commesso furto di cinque quintali di uva sul viale del Vallone Spuches
Al Signore Sig. Direttore presso il Dipartimento di Polizia in Palermo
Bagaria 16 settembre 1853
Signore. La scorsa notte all’ore nove circa gli individui a manca scritti (Stefano Ajello, Giuseppe Sciortino, Salvatore Martorana) nell’atto in cui transitando pel viale del Vallone Spuches, discosto non più di un miglio da questa Comune, guidavano cinque somari carichi d’uva furono inaspettatamente aggrediti da sei malfattori, i quali muniti di bastoni, riuscivano nel pravo disegno di trasportar poco lungi dal luogo quegli animali e d’involarne a loro bell’agio cinque quintali di uva della quale facean carico. I derubati davan di ciò notizia alla forza di polizia che non mettendo tempo in mezzo per le tracce di quei malevoli dall’usate investigazioni giungeva solo a rinvenire quegli animali tutti bastati, così com’erano, ma mancanti quell’uva, che stava riposta nei così detti mancini. Mi sto efficacemente intento a versare sulle circostanze tutte, che poteron precedere, concomitare e seguire tale reato, e quindi sarà mio dovere renderla a pieno informato dei risultamenti di tutt’altre mie pratiche.
Il Regio Giudice
Francesco Rodanò.
Il giudice Rodanò ha intanto subito coinvolto nelle ricerche di quei ladri il capitano Domenico Coffari e la sua compagnia d’armi. Quest’ultimo, già due giorni dopo, potrà comunicare a Salvatore Maniscalco, direttore di polizia, i primi risultati delle indagini.
Prima Compagnia d’Armi del Distretto Orientale di Palermo
N. 367
A S. E. Il Signor Direttore Generale di Polizia-Palermo
Palermo lì 18 settembre 1853
Eccellenza. Il giorno di ieri circa le ore nove, sei malfattori mettevano a ruba N. 5 Mule cariche di uva nelle vicinanze di Bagheria, e precisamente sotto la beveratoja di Spucces. Quale uva fu portata e venduta in Bagheria, e le mule si fecero trovare legate per le redini nelli fichi d’india di quei dintorni. Datasi la forza che mi dipende alle investigazioni, per la scoperta dei malfattori, si sono liquidati tra i sei, esservi Salvatore e Giuseppe Gambino figli di Carmelo di Bagheria. Io quindi nel farmi dovere rassegnare l’anzidetto all’E.V. la priego autorizzarmi per lo arresto dei surriferiti.
Il Capitano d’Armi
Domenico Coffari.
Salvatore Maniscalco riscontrerà sia la relazione del 16 settembre inviatagli dal giudice Rodanò sia quella del 18 settembre inviatagli dal capitano Coffari. Val la pena di riportare almeno quest’ultimo messaggio per l’interessante notazione riguardante le cause dell’aumentata delinquenza a Bagheria e della conseguente mancanza di sicurezza.
Ministero
Pel furto di cinque carichi d’uva
Al Signor Capitan D’Armi Coffaro della Sezione Orientale di Palermo
Palermo 20 settembre 1853
Signore. Mi ho per le mani i rapporti giuntimi pel furto di cinque carichi d’uva avvenuto con aggressione sulla via presso Bagheria a danno di Stefano Ajello e compagni, commesso da sei malfattori muniti di bastone. La cresciuta miseria e la baldanza di questi ladroni han reso insicure le proprietà e le pubbliche vie; fa mestieri quindi, e ne la interesso, di raddoppiar di vigilanza e di scuotere il suo Distretto per far che cessino queste aggressioni che hanno da poco in qua spesseggiato.
Il Direttore.
La povertà doveva essere in quel tempo grave e ben diffusa se persino le autorità di polizia ad essa davano la responsabilità dell’accrescersi dei misfatti a Bagheria. Il rimedio era tuttavia un maggiore impegno nella repressione. Se sei erano stati i ladri di quell’uva secondo le prime relazioni, essi diventeranno cinque nelle successive con uno dei fratelli Gambino, Giuseppe, che non verrà più nominato.
Giudicato Regio del Circondario Bagaria
N. 933
Rapporto per Mariano e Gregorio Gumina, Giuseppe Sorce, Salvatore Gambino, Salvatore Castronovo, imputati di furto qualificato
Al Signore Sig. Direttore del Dip. Di Polizia
Bagaria lì 23 sett. 1853
Signore. … Debbo rassegnarle che il capitan d’armi… facendo a me presentare Salvatore Gambino… davami conoscenza che non avea esitato dichiarargli d’essere stato egli uno dei coautori del furto… rivelando per suoi correi gli individui segnati, dè quali riusciva a me nel giorno istesso trarre agli arresti Salvatore Castronovo e Mariano Gumina mentre ghermivasi Gregorio Gumina nel giorno appresso dalla forza della compagnia d’armi essendosi l’altro Giuseppe Sorce reso latitante. … E’questo quanto ho potuto da mia parte praticare sinora ed intanto con tutta efficacia proseguendo nel migliore accerto del vero a versarmi nella corrispondente istruttoria non lascerò mezzo intentato, perché si abbiano quei malfattori già sottoposti a mandato di deposito, la pena del commesso loro fatto.
Il Giudice Regio
Francesco Rodanò.
Ma Giuseppe Sorce rimarrà uccel di bosco; Salvatore Gambino continuerà ad autoaccusarsi e ad accusare Salvatore Castronovo e i fratelli Gumina, Mariano e Gregorio che, tuttavia, mantennero “la più ferma negativa in contraddizione a quanto dichiaravasi dal Gambino e chiamavano dei testimoni in discolpa” (lettera del prefetto al direttore di polizia del 30 settembre). Verranno “uniformemente alle conclusioni di questo Procuratore generale del Re presso la Gran Corte Criminale favorevolmente esitati dalla giustizia”; secondo il prefetto a Salvatore Castronovo potrà essere dato “l’obbligo di sortire fatto giorno” perché “altre fiate indiziato di simili delinquenze”, quanto agli altri potranno essere lasciati liberi “sotto semplice sorveglianza di polizia” per la precedente loro buona condotta (lettera del prefetto al direttore di polizia del 1° marzo 1854).
ASP, Real Segreteria di Stato presso il Luogotenente Generale, Dipartimento Polizia, Filza n. 990, Fascicolo n. 5649.
Biagio Napoli
Dicembre 2018