A proposito di «Pesce di terraferma», l'ultimo libro di Maurizio Padovano

A proposito di «Pesce di terraferma», l'ultimo libro di Maurizio Padovano

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Oggi (7 agosto, ore 18.30) si parlerà con l’autore dell’ultimo dei quattro volumi di racconti che Maurizio Padovano ha raccolto col titolo «Pesce di terraferma».

La chiacchierata si svolgerà nel contesto suggestivo dell’Arco Azzurro di Bagheria-Aspra. Informazione per i non bagheresi: si tratta dell’Arco di roccia sul mare che è stato utilizzato per pubblicizzare i Baci Perugina, la mafia se ne è impossessata negli anni ottanta, è stato recentemente restituito ai cittadini dalle istituzioni repubblicane.

Cosa è il pesce di terraferma?

Il pesce di terraferma è un animale impossibile. Come il Minotauro, l’ircocervo, le sirene e così via. Gli animali impossibili sono immagini mentali che concettualizzano e fanno vedere meglio pezzi di mondo reale. Da questo punto di vista sono più reali degli animali reali.

Il pesce di terraferma è animale impossibile perché un pesce o vive in acqua o non è. Così come un animale terrestre dotato di polmoni o vive in un ambiente dove c’è ossigeno o non è.

Il pesce di terraferma di Padovano è un’impossibilità logica che descrive l’unicità paradossale di un animale reale: l’uomo. Lo spiega l’autore nel primo dei quattro volumi: «Vogliamo essere pesci, e ci manca il mare. Ci scopriamo pesci di terraferma». Cosa vuole dire Padovano? Vi do la mia interpretazione.

Vorremmo vivere in armonia col nostro mondo ecologico (gli etologi tedeschi lo chiamano Umwelt) ma la nostra vita è un continuo conflitto con esso: «Vogliamo essere pesci, e ci manca il mare». Siamo pesci senza mare, senza un mare che ci accolga pacificamente, pesci di terraferma. È la matrice ineliminabile di ogni esistere umano, sia esso individuale o collettivo.

Perché? Risposte se ne trovano diverse nei libri di teologia e di filosofia oltre che nelle mitologie. Padovano non risponde alla domanda. Non ci prova nemmeno. Saggiamente. Fa una cosa teoricamente più importante e persuasiva: racconta otto storie reali di questo animale unico e paradossale che è il pesce di terraferma chiamato uomo.

Sono racconti in cui il proprio vissuto si mescola con altri vissuti raccontati da altri. Anche questo è un altro tratto del pesce di terraferma: non distinguere il vissuto dalle parole con cui il vissuto viene raccontato. Vivere e raccontare sono indistinguibili. E se il mare mai totalmente posseduto dentro cui il pesce di terraferma vive fosse un mare di parole?

Padovano: «… non c’è un solo momento della vita che non abbia a che fare con le parole. Anche quando non parliamo ancora, il mondo è una bufera di suoni, e coscienza e immaginazione sono due facce della medesima luna. (…) Perfino nel silenzio le parole ci assediano da dentro con rumore di folla in rivolta… (…) Poi il silenzio arriva e scopri che non è assenza di parole» (vol II, 45-6).

La parole a loro volta non vivono al di fuori delle immagini. Alcuni terorici spiegano che le parole sono esse stesse matrici di immagini. Forse Padovano, brillante dottore di Filosofia del linguaggio, pensa anche a questo filone di ricerca. Nei racconti parole, immagini e vita vissuta vivono in maniera inseparabile.

Ho accennato solo a uno dei temi dei racconti di Padovano. Ce ne sono molti altri. Sicuramente se ne parlerà oggi pomeriggio.

Franco Lo Piparo

 

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