Quello strano muro a Palazzo Cutò (I° parte)- di Antonio Belvedere

Quello strano muro a Palazzo Cutò (I° parte)- di Antonio Belvedere

cultura
Typography

La provocazione lanciata su Facebook da Antonio Tozzi - fondatore e anima dell’associazione culturale “Bocs” - che ha chiesto al Sindaco di Bagheria l’affidamento di Palazzo Cutò per restituirlo ai cittadini, ha riacceso i riflettori su questa grande architettura bagherese, i cui spazi da qualche anno sono in gran parte inaccessibili a causa di un degrado che non si riesce a fermare.

In verità, per quello che ci è dato sapere, due progetti già finanziati attendono di andare in cantiere. Uno riguarda la ricostruzione del muro crollato lungo la via Consolare e la riqualificazione dell’atrio, l’altro la sistemazione del giardino. Questi due progetti, quando saranno ultimati, non risolveranno certo il problema della fruibilità della villa, ma potrebbero senz’altro migliorarne il rapporto con i suoi spazi esterni e, in ultimo, con la città. Certamente i progettisti di questi due interventi avranno fatto tesoro degli studi che su Palazzo Cutò non mancano, a cominciare dalla monografia da me pubblicata 25 anni fa, reperibile anche presso la biblioteca comunale. 

Oggi voglio però fare qualche considerazione in più su quello strano muro sulla via Consolare che si vuol ricostruire.

Torniamo un attimo indietro nel tempo.
La villa Aragona si costruisce tra il 1712 e il 1716 e, negli stessi anni, si realizza un nuovo tratto della via pubblica che corrisponde alla nostra odierna via Consolare; il tracciato della nuova strada, che passa ad una ventina di metri dalla Villa produce un cambiamento nel progetto originario: la facciata principale, originariamente pensata a Nord (lato mare) sarà invece realizzata a Sud, verso la nuova strada (la via Consolare); questa facciata si arricchisce pertanto di nicchie ornate di statue allegoriche, come si conviene ad un fronte di rappresentanza; agli inizi dell’Ottocento la Villa viene acquistata dai Filangeri di Cutò e trenta anni dopo circa, la famiglia vi effettua importanti lavori di ristrutturazione.
Questi lavori, eseguiti tra il 1835 e il 1837, segnano visibilmente il passaggio di proprietà; alle teste di leone, simbolo del Principe d'Aragona, si affiancano i ferri battuti con le iniziali del Principe di Cutò, compaiono nuove decorazioni di gusto romantico e, tra le molte novità, i muri esterni vengono tinteggiati di rosso pompeiano: erano ancora rossi nel 1911, anno di pubblicazione della guida Bagheria-Solunto, e di quel rosso rimane qualche traccia ancora sui muri della corte d’onore.

muro senza qualità

Sembra doversi attribuire a questa fase - la data 1835, posta alla sommità del cancello, non lascerebbe dubbi - anche la costruzione del muro sulla via Consolare che, da quel momento, avrebbe sancito la separazione della Casina dalla via pubblica. Una separazione violenta, che alterava profondamente il rapporto dell’edificio con la strada, cosi come era stato pensato e realizzato all’epoca della sua fondazione. È difficile spiegare come, mentre la villa viene ammodernata e abbellita dopo decenni di abbandono, si possa concepire la ferita di quel muro: un segnale di separazione, di paura, di difesa, senza alcuna relazione con l’architettura del complesso monumentale. Certamente, erano passati più di cento anni e nel frattempo il villaggio era cresciuto fino a diventare Comune autonomo. Ma ciò non ci sembra sufficiente a spiegare la necessità di chiudersi dentro un recinto protettivo cosi spoglio e disadorno. Dal 1839 in poi si susseguono una serie di segnali di declino delle fortune della famiglia Filangeri di Cutò. nel 1839 muore il principe Niccolò; nel 1847 il figlio Alessandro concede in enfiteusi perpetua le terre a monte della via Consolare e muore pochi anni dopo sommerso dai debiti; nel 1855 la villa di Bagheria, contesa tra eredi legittimi e creditori del Principe, risulta essere stata posta in vendita. In realtà solo le terre rimanenti a Sud – lato via Consolare – furono vendute e, a questo punto, il muro sembra avere un senso: risponde alla esigenza di recintare, separare lo spazio di pertinenza della villa dai fondi venduti o concessi ad altri proprietari.
Alla luce di tutto quanto appena raccontato mi chiedo: siamo certi che oggi quel muro vada ricostruito? È opportuno ripristinare una cesura cosi drastica tra l’edificio ( che oggi è un edificio pubblico) e la città che, nel frattempo, è cresciuta intorno? O non sarebbe il caso di riflettere su un nuovo dialogo, possibile e necessario, tra la villa e il tessuto urbano?
È un dibattito che dovrebbe coinvolgere anche la Soprintendenza ai BB.CC.AA.

Sulla villa “prima del muro” c’è una importantissima testimonianza che risale al 1823, lasciata dall’architetto franco-tedesco Jacob Ignaz Hittorff di cui racconterò nella seconda parte, tra qualche giorno.

...continua

Antonio Belvedere

cancello dettaglio052 copia

Foto tratte dal web

We use cookies

Utilizziamo i cookie sul nostro sito Web. Alcuni di essi sono essenziali per il funzionamento del sito, mentre altri ci aiutano a migliorare questo sito e l'esperienza dell'utente (cookie di tracciamento). Puoi decidere tu stesso se consentire o meno i cookie. Ti preghiamo di notare che se li rifiuti, potresti non essere in grado di utilizzare tutte le funzionalità del sito.