"A ciascuno il suo (libro)" - di M. L. Florio

"A ciascuno il suo (libro)" - di M. L. Florio

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Prende il via da questa settimana una rubrica quindicinale curata da Maria Luisa Florio. Si parlerà di libri con recensioni di classici della letteratura, ma soprattutto di nuovi arrivi in libreria e di casi editoriali. "A ciascuno il suo" (libro) perché bisogna alimentare il corpo e lo spirito, perché è leggendo che ci si ritrova,

che ci si consola, che si chiarisce meglio qualcosa di se stessi che forse non comprendevamo bene.
In una società in cui tutto va troppo veloce, in cui non c'è più il tempo di fermarsi a riflettere, in cui la comunicazione può ridursi ad un semplice sms, la lettura continua ad essere uno scoglio a cui aggrapparsi, un'ancora di salvataggio, un'oasi sperduta nel grande mare dell'omologazione forzata.
Semplici consigli di lettura dunque, poiché, come scrive Pennac, con cui inauguriamo la rubrica, "Il verbo leggere non sopporta l'imperativo, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo amare...il verbo sognare...."

A tutti, dunque, buona lettura...

Redazione Bnews


Diario di scuola: da somaro a insegnante, l’esperienza di Pennac



Si chiude in questi giorni il termine ultimo per le iscrizioni nelle scuole di ogni ordine e grado.
Una scuola, quella riformata nottetempo dalla Gelmini, che perdendo docenti e ore di insegnamento, riformulerà un piano di intervento didattico più attento ai costi che ai reali bisogni degli alunni.
Alla luce di questo rivolgimento non ancora sufficientemente chiaro neanche agli stessi riformatori, può essere interessante leggere l’ultimo libro dello scrittore francese Daniel Pennac.
E’ infatti proprio la scuola, la protagonista dell’ultima fatica del padre della saga dei Malaussène, (Diario di scuola, Feltrinelli), una scuola vista attraverso la prospettiva dell’alunno più difficile: il somaro.

Pennac, da ex somaro appunto, parla, con cognizione di causa, di quella sofferenza, del buio scaturito dal non capire, del disorientamento e del senso di esclusione, che può provare un bambino con difficoltà di apprendimento.
Il campo è ovviamente assai vasto ma di solito non è difficile riconoscerli: sono quelli dell’ultimo banco, dallo sguardo disorientato.
Quelli che spesso arrivano tardi perché non c’è nessuno che li svegli. Che magari hanno un fratellino piccolo da accudire e genitori inadeguati al loro ruolo.
Bambini assenti nella maggior parte dei casi solo perché ancora non sanno di esserci.
Eppure sono lì e ogni tanto incroci il loro sguardo di sfida oscillante tra il disperato e il rassegnato.

E’ di loro che Pennac parla con umorismo e intelligenza, ricordando soprattutto il somaro che è stato lui ma anche l’insegnante che è poi divenuto con tutte le difficoltà, i successi e gli inevitabili fallimenti della professione.
Difficoltà ogni tanto mitigate dalla gioia per uno sguardo che si accende, inaspettatamente dopo mesi, quando magari pensi che hai fallito, che un modo non c’è, non lo hai trovato.
Di fioriture tardive, come le chiama Pennac, ce ne sono tante anche se non è facile dispensare consigli, delineare strategie.

Nel libro, tra l’autobiografico e il saggio, Pennac ci parla in dettaglio della sua esperienza, del dolore causato dal non capire, della paura che ne consegue, del suo distrarsi, durante le spiegazioni, disegnando omini che scappano, fino a giungere al momento della riscossa, del diventare. Un’esperienza che ci accomuna tutti.
E Pennac alla fine è diventato ciò che mai avrebbe pensato di diventare: un insegnante, rappresentante della categoria più odiata della sua triste gioventù.

"Lo sa qual è l'unico modo per fare ridere il buon Dio? -dirà ad una madre angosciata in veste di professore - Raccontargli i propri progetti. Non c'è nulla che vada come previsto, è l'unica cosa che ci insegna il futuro quando diventa passato".

Comprensione e ascolto dunque ma anche, secondo Pennac, l'utilizzo di metodi che si pensa abbiano fatto il loro tempo e invece possono ancora rivelarsi utilissimi. Il dettato, imparare a memoria brani di letteratura o poesia, affrontare la grammatica come una sfida.
Certo, è vero che la scuola, come la lingua o la stessa società, è un organismo vivente soggetto a cambiamenti costanti. E la società che cambia le chiede spesso compiti e responsabilità che da sola non può assolvere.
L'esperienza di professore, poi, Pennac l'ha fatta con classi particolarmente difficili nella periferia parigina: classi differenziali che molti definivano "delinquenziali" e la sua carriera, come quella di qualunque altro insegnante, contempla anche sconfitte cocenti.

E di fronte ai danni creati dall’omologazione, dalla TV vuota e banalizzante, la sfida dell’essere contro l’apparire diventa sempre più difficile.
Eppure -sembra dirci Pennac- più di qualunque parola, di qualunque nozione, è di te come persona che hanno bisogno, bisogna esserci insieme a loro, incoraggiarli, stimolarli, incuriosirli.
Aiutarli a diventare, ad esserci anche loro, perché, come ha scritto Calvino: ad esserci s'impara.
E nei casi in cui non si riesce, sarà la vita, dopo, come sempre in qualunque situazione, che troverà una via. Intanto- dice Pennac- un metodo trasversale ai tempi e utile a quel senso di impotenza che ogni tanto assale ogni povero insegnante, anche il più motivato, c’è: ed è un mix di sorrisi, complicità, quotidianità, pazienza (molta), disciplina, e, dulcis in fundo, amore.
Parola magica ed esortazione finale del libro.
E’ certamente un lavoro che non si può fare senza amore, senza passione, come nulla di autenticamente vero nella vita.

Devi amare la professione e un po' anche gli alunni. Impareranno che citare Dante o Petrarca (o Rousseau, come gli ex studenti di Pennac) non li aiuterà di certo a trovare lavoro da grandi ma forse a sentirsi meno soli nei momenti delle risalite. In una società che esclude e in una scuola che sta imparando a fare altrettanto, la conclusione di Pennac non potrebbe essere più pertinente: “E’ il sapere l’unica soluzione allo stato di schiavitù in cui ci terrebbe l’ignoranza e consolazione unica alla nostra ontologica solitudine.

Maria Luisa Florio

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