Fuori "i complici" dalla politica

Fuori "i complici" dalla politica

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Pubblico numeroso e attento giovedì sera al teatro Branciforti, nell'incontro con l'autore de "I Complici di Provenzano".
Ci sono il protagonista della serata, il giornalista Lirio Abbate, Michele Prestipino tra i pubblici ministeri più impegnati nelle indagini sui rapporti mafia e politica,
Padre Francesco Michele Stabile, che da vicario del cardinale Pappalardo fu nei primi anni '80 tra i protagonisti della vera e propria "svolta antimafia " della chiesa locale, Pippo Cipriani che in questo momento coordina uno sportello contro racket e usura presso Metropoli est, il sindaco Biagio Sciortino che porta la testimonianza di una amministrazione che su questo terreno è stata ed è molto impegnata, ed infine Piero La Tona e Maurizio Padovano che fanno un pò tutto: dagli onori di casa al coordinamento di una discussione sempre interessante e che non scende mai di tono.

Dopo le presentazioni è Michele Prestipino a fare il primo ragionamento su una indagine sociologica che ha approfondito il tema su come i giovani di oggi percepiscano cosa nostra e i mafiosi: riprovevole la mafia, immorali sì i mafiosi, però efficaci, efficienti per consentire di raggiungere alcuni obiettivi: il lavoro, le raccomandazioni, tutela e sicurezza delle attività commerciali e imprenditoriali.
Pippo Cipriani ritorna alla sua esperienza di sindaco a Corleone, un paese sospeso tra voglia di liberazione e le presenza sempre occhiuta e inquietante dei mafiosi e dei loro parenti, anche e soprattutto nelle manifestazioni che testimoniavano di un impegno della cosa pubblica, nella lotta contro i mafiosi.
Padre Stabile ricorda gli eventi terribili e drammatici dei primi anni '80 che molti dei giovani presenti non hanno conosciuto: la mafia stragista e terrorista di Tot� Riina, che seminava terrore e morte nei nostri paesi: dall'assassino del Presidente della Regione Piersanti Mattarella nel 1980, allo scontro contro lo Stato che vide cadere decine di poliziotti e rappresentanti delle istituzioni, alla vera e propria guerra di mafia in cui uomini di cosa nostra a centinaia furono decimat

Sono gli anni della presa del potere violenta da parte dei "corleonesi"; sono gli anni in cui i politici affollano i funerali dei mafiosi , come accadde a Bagheria in occasione del funerale del boss Masino Scaduto, morto latitante e ossequiato da sindaci, assessori, consiglieri e funzionari prima a casa dove fu composta la salma e poi in chiesa. E furono per primi i comunisti, lo ricordiamo per inciso, che nel 1980 in consiglio e fuori, come negli anni cinquanta e sessanta, a parlare forte e chiaro: nell'aula consiliare risuona ancora il monito di Peppino Speciale, allorchè rivolto ai consiglieri di maggioranza disse : "Voi non siete andati, per rendere umana testimonianza ad un morto, siete andati per farvi vedere e riconoscere dai vivi".
Padre Stabile ricorda il grido di allarme e di dolore del cardinale Pappalardo "Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur": "Mentre a Roma si discute Sagunto viene espugnata".
Sono anni terribili: il 30 Aprile de 1982 viene ucciso La Torre; quattro mesi dopo, il 2 settembre, il superprefetto generale Dalla Chiesa: in mezzo una ventina di omicidi nel nostro territorio, tristemente battezzato dai media nazionali e internazionali "triangolo della morte".

Ma è da questo triangolo, ricorda Stabile, che nel marzo del 1983 parte la rivolta: giovani, donne , lavoratori: oltre cinquemila persone danno vita alla straordinaria marcia Bagheria Casteldaccia: sembra che debba sorgere un'alba nuova per la Sicilia. Non sarà così: il maxiprocesso con le dure condanne, scatenerà una reazione folle e sanguinaria di Totò Riina e dei suoi accoliti: si arriva alla stagioni delle stragi nel 1992 che chiudono il decennio della mafia terrorista: poi la mafia si inabissa, ed è questa - dirà in chiusura Lirio Abbate - "la vera vittoria di Provenzano".
La sommersione della mafia, che uccide solo in casi estremi, che non fa "scrusciu" che si mescola con la società civile, che ne soddisfa bisogni, che riduce al minimo indispensabile l'uso della violenza
Una mafia che di fatto - continua Abbate - non esiste più come problema nell'agenda dei politici, che non crea più un allarme sociale come avvenne all'inizio degli anni '80, Riina regnante.
Alle vicende della politica vicina alla mafia la gente si abitua: l'area grigia, i colletti bianchi non seminano terrore e morte, in fondo agiscono come mediatori sociali: ed è questo che per Lirio Abbate è inaccettabile.

Se Provenzano è riuscito a restare latitante per così tanti anni, perchè quest'area grigia, che talora si annida anche dentro le istituzioni, lo ha protetto.
E per chi fa politica, non basta dire, che è stato assolto dalle accuse; i giudici, è vero, hanno bisogno di prove per condannare, ma per allontanare le persone compromesse con cosa nostra dalla politica, deve essere sufficiente il buon senso, debbono bastare i fatti, e i comportamenti accertati di vicinanza con cosa nostra, che siano o meno reato - conclude Abbate.
Deve essere questa la distinzione e la discriminante.

La moglie di Cesare, e lo abbiamo già detto in altra occasione, non solo deve essere onesta, ma lo deve anche sembrare.
Assenti ingiustificati i partiti, impegnati pensiamo, a preparare le liste per la prossima campagna elettorale provinciale.
Presenti, e vanno citati, i consiglieri Daniele Vella, Eustachio Cilea, e gli assessori Pagano, Casa e Licciardi, ed il presidente di Metropoli est Totò Camilleri.
Pochini, a dire il vero.
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