Quello che non ci possiamo proprio permettere- di Maurizio Padovano

Quello che non ci possiamo proprio permettere- di Maurizio Padovano

Politica
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Da circa venti anni il linguaggio politico italiano prevalente - pensato e messo in circolo per una rapida diffusione sui media integrati - ha scelto metafore che spesso attingono a repertori simbolici di fatto estranei a qualsiasi "contenuto" politico ma che appunto, per il fatto di occupare gran spazio nell'immaginario collettivo, si prestano bene a veicolare, semplificandoli brutalmente e spesso disonestamente, slogan e proclami.

I social media di ultima generazione, poi, hanno reso ancora più inquietante tale tendenza consentendo di bypassare il livello verbale e argomentativo con la forza del visuale. Così da un anno a questa parte ci ritroviamo con un Ministro degli Interni che, tuttologo su Twitter e Instagram, inonda il mondo del web con foto e cinguettii spesso privi di senso della misura e dei limiti istituzionali, di percezione dell'opportunità politica, di sentimento autentico della democrazia, di rispetto della Costituzione. La cosa peggiore è che tutto ciò non è frutto di neolitico spontaneismo, ma di una ben congegnata (nel senso della misurabilità mediatica della sua efficacia) campagna di comunicazione architettata dai suoi spin doctors. Campagna che negli ultimi giorni, in prossimità del 25 aprile - Festa della Liberazione nazionale dall'occupazione nazista e dal regime fascista, istituita nel 1946 dal governo De Gasperi - sfiorano il grottesco.
Il Ministro infatti, ha prima liquidato il 25 Aprile definendolo un derby (in lingua italiana si direbbe una "stracittadina" ovvero una disfida sportiva fra compagini appartenenti allo stessa città) e annunciando che lo avrebbe trascorso in Sicilia per promuovere la lotta di liberazione dalla mafia. In un primo momento siamo rimasti tutti un po' interdetti: ma come, giusto per il 25 aprile il Ministro annuncia novità di tal fatta? Poi però, non senza qualche fatica, abbiamo cominciato a comprendere: ma certo, viene ad occuparsi personalmente di far pulizia a casa propria, cioè nella Lega un tempo nordica adesso sovranista! Verrà a spazzare via ogni dubbio riguardo ai patti che stanno consentendo il nuovo radicamento del suo partito dalla dimensione Padana a quella nazionale?
In seguito, il medesimo Ministro, ha postato su Facebook, tramite il suo noto spin doctor, una foto a mitra imbracciato, come un Radovan Karadzic o un Bolsonaro qualunque. Questo, lo ammettiamo, ci ha messo maggiormente in difficoltà. Soprattutto la didascalia che minacciava una Lega armata contro "gli attacchi e il fango" che quel partito politico deve subire. Che si stesse alludendo alle indagini della magistratura? Che si stesse mettendo in dubbio la legittimità della critica in democrazia? Per un momento un brivido cileno ci ha attraversato il cuore e la memoria, poi però, tenendo a freno il malanimo, abbiamo compreso. Quella foto, quella didascalia cupa non sono altro che il modo, giocoso e ilare, con cui il Ministro ci comunica che lui - quando gli impegni istituzionali lo consentono - distende un po' i nervi giocando a Softair immerso nella sorgente del Po con i suoi vecchi amici Celti! Una innocua scampagnata tra sodali... ma per non destare allarme, per non metterci paura, non si è fatto fotografare in mimetica e anfibi. In quel caso almeno un paleocomunista-ebreo-padre putativo di migranti - che non avrebbe creduto alla storia dei "paintball" al posto dei proiettili veri - sarebbe venuto fuori: un trombone moralista e pacifista!
Tutto questo purtroppo è avvenuto negli stessi giorni in cui, nel ridente Lombardo-Veneto del Ministro, i noti pacifisti di destra del Fronte Veneto Skinheads ( più altre sigle di tali evangelici principi che al confronto gli Scouts sembrano la Falange del Caudillo Franco), nell'indifferenza delle istituzioni e di sua maestà il Ministro degli Interni, hanno invocato, in manifestazioni ufficiali, rappresaglie anti-immigrati, raid razzisti contro gay - ebrei- comunisti (non sono al corrente della quasi estinzione di questi ultimi, evidentemente). E tutto ciò nella ricorrenza niente meno del compleanno di Adolf Hitler, uno dei maggiori filantropi del Secolo Breve.
Il 25 aprile questo Ministro del mitra e del derby sarà ospite nella nostra città. Non lo sarà per un visita di cortesia o per fare bonaria propaganda al Softair, ma per le elezioni amministrative del 28 aprile ormai prossimo. E allora vorremmo ricordare a tutti i nostri concittadini che il Ministro dello sbandierato sovranismo sta in realtà portando avanti - grazie allo sciagurato contratto di governo con i 5Stelle - quell'autonomia differenziata che è un modo, vile e strisciante, di realizzare la Secessione del nord che non era riuscita a Umberto Bossi. Un progetto che rischia seriamente di mettere in discussione l'unità del Paese ( e da parte di un sovranista è una contraddizione insanabile), di fare a pezzi il principio costituzionale di uguaglianza, di sgorbiare irreparabilmente il nostro stato sociale. Lombardia Veneto ed Emilia Romagna guiderebbero un processo di disgregazione che si trasformerebbe in un trionfo degli egoismi locali: sanità e scuola le prime vittime annunciate. Davvero i Bagheresi, con il voto per le amministrative comunali, vogliono esprimere solidarietà a questa visione delle cose? Non è servita a nulla la lezione di venti anni di volontaria servitù berlusconiana?
Noi pensiamo che tutto questo - oltre al resto che questa breve ma mefitica stagione politica ci sta lasciando in dote - non possiamo e non dobbiamo consentircelo. Non dobbiamo permettere a un wrestler dell'insulto mediatico di insolentire l'esperienza da cui sono nate la Repubblica italiana e la sua Costituzione. Perché non è di una banale partita di calcio che si sta parlando: si tratta della nostra storia. Una storia che raramente ha giocato in nostro favore. Durante l'esperienza straordinaria e plurale che la Resistenza è stata, il favore della storia ci ha arriso: nel nome della libertà, della democrazia, della comune lotta alla radicale negazione dell'umano che i fascismi sono stati. E continuano ad essere. Ma non è stato sempre così. In fondo se molti italiani si scoprono oggi razzisti, egoisti, militaristi, individualisti è perché in passato lo sono già stati, e abbondantemente: basta ricordare il nostro passato colonialista e le leggi razziali fasciste. Basta ricordare la nostra storia. La stessa in cui il Ministro, e non soltanto lui, ha affondato le mani per trasformare il bisogno di odio e di sicurezza, frutto della crisi dell'economia e della politica, nelle due facce di una identica medaglia. La medaglia dell'Italia sovranista, cinica, antieuropeista, cialtrona. Di un'Italia che non possiamo e non dobbiamo consentirci.
Noi il 25 aprile, orgogliosi della nostra memoria e storia fondative, saremo in piazza a rivendicare la Resistenza; l'epica e la lotta partigiana; i racconti, a volte anche contradditori e ideologici, che ne sono stati fatti; la bellezza della Costituzione e la straordinaria esperienza di dialogo plurale da cui è nata; la liberazione da una dittatura e da un incubo totalitario; la nascita della democrazia. Non sarà certo una manifestazione CONTRO: non ce ne sarà bisogno. A essere contro il sovranismo e il neofascismo bastano la nostra Costituzione e la nostra Storia. Sarà una manifestazione PER: per la democrazia, pur così sofferente e imperfetta, che ci siamo conquistati con il sacrificio, la passione, l'anelito alla bellezza e alla giustizia di un'intera generazione di giovani italiani. Invitiamo tutte le altre forze politiche che non sono schierate dalla parte del sovranismo, del razzismo, della negazione della storia e della memoria di questo paese, a partecipare - come noi, insieme a noi - alla manifestazione che il 25 aprile si terrà a Piazza Butifar. Lo facciamo nel nome di quei valori e di quelle idee che sono patrimonio di tutti e che hanno educato molti di noi alla politica intesa come dialogo e come incontro. Dialogo che non muore - al di là della normale e doverosa dialettica agonistica ed elettorale - se non si lasciano morire i valori e le idee.
...E pensò che forse un partigiano sarebbe stato come lui ritto sull'ultima collina, guardando la città e pensando lo stesso di lui e della sua notizia, la sera del giorno della sua morte. Ecco l'importante: che ne restasse sempre uno. Scattò il capo e acuì lo sguardo come a vedere più lontano e più profondo, la brama della città e la repugnanza delle colline l'afferrarono insieme e insieme lo squassarono, ma era come radicato per i piedi alle colline. – I'll go on to the end. I'll never give up.

Beppe Fenoglio, Il partigiano Johnny

Maurizio Padovano, Assessore designato alla Bellezza e alla Conoscenza della Lista Cento passi per Aspra e Bagheria

 

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