In 'medio' stat virtus - di Giusi Buttitta

In 'medio' stat virtus - di Giusi Buttitta

senza zucchero
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CONVERGENZE   PARALLELE 

Convergenze parallele; ovvero, se anche Fassino mostra il dito medio al mondo. Torino, durante la presentazione del progetto di ricostruzione dello stadio Filadelfia, nel giorno della ricorrenza della tragedia di Superga, un gruppo di tifosi del Toro apostrofa, utilizzando il consueto gergo da stadio, il sindaco Fassino, reo di essere uno juventino di “…..”. Piero, abbandonando il consueto aplomb e volendo dimostrare che anche i Fassini in tutta la loro lunghezza si incazzano, mostra ai tifosi, nonché suoi concittadini, e - forse - qualcuno anche suo elettore, uno snello e allungato dito medio.

Conseguenze: 1) Fassino, prima nega e poi di fronte alle prove fotografiche ammette. Oltre al dito medio spunta il naso di Pinocchio. 2) Tutta Italia nota come il dito medio di Fassino non sia altro che la riproduzione in scala ridotta dello stesso Fassino. Il dito medio ci fa la figura da Fassino. 3) Una minoranza malevola sottolinea insistentemente come Fassino non sia altro che la riproduzione in formato gigante del suo dito medio. Fassino ci fa la figura da dito medio. In versione large. 4) L’associazione nazionale DMI (Dito Medio Italiano), praticando di una chiara forzatura, denuncia Fassino per appropriazione indebita d’identità; al contempo, quella che è riconosciuta sotto l’acronimo NSDM – vale a dire – Nostra Signora del Dito Medio, alias Danielona Santanchè, irritata dall’esproprio non autorizzato del suo marchio di fabbrica da parte dell’incauto Fassino, sporge pure lei denuncia, per plagio, chiedendo, come pena risarcitoria, l’esecuzione della prova: Fassino, in diretta televisiva planetaria, dovrà, dell’ormai celeberrimo dito, farne lo stesso uso che la Santanchè suggerì qualche settimana fa a Landini (qual è il suggerimento? Per chi non lo conoscesse diciamo che il dito segue lo stesso percorso dell’ombrello nelle vignette di Altan, per chi non conosce - invece - le vignette di Altan, si documenti). Fassino, terrorizzato dalla prospettiva, chiede di patteggiare con la Santanchè mettendo sul piatto una pena sostitutiva: la lettura di un articolo di Sallusti, ogni giorno, fino alla fine dei suoi giorni. Daniela, soddisfatta, accetta la proposta, il giudice sentenzia, la questione sembra risolta, ma al terzo giorno di lettura sallustiana Fassino chiede di parlare col giudice supplicando di poter tornare alla pena del dito.
Che dire, come al solito sinistra italiana si è infilata in un cul-de-sac, con l’aggravante data dalla spinta di un dito medio. Che poi, a me, Fassino sta pure simpatico, così dinoccolato, così professorino burbero, ma buono. Ma queste cose lasciale fare ai professionisti dell’insulto, dell’invettiva, della faccia di bronzo, lasciale fare a chi sa come si fa, a chi conosce l’orgoglio di cotanta ostentazione. Perché non c’è di peggio che mostrare il dito medio e nascondere la mano. Rimane, però, alla fine, il fatto politico, la convergenza. Dopo tanto camminare, partendo da destra e da sinistra, la politica italiana si ritrova all’ombra di un dito medio, con Fassino come la Santanchè, anzi, peggio, la sua copia sbiadita, ma avvampata di vergogna, come un bambino col dito (medio) dentro la marmellata. Fassino e la Santanchè, Renzi e Berlusconi. Ma che bipolarismo è?
Brevissime – Qualche commento, relativo al numero della scorsa settimana, ci accusava di esercizio pessimismo. Precisazione: il pessimista fa una valutazione del e sul futuro, qui - invece - ci si occupa del presente e si traggono le conseguenze. Sono convinta che l’unica speranza è quella di essere consapevoli che continuando così si è senza speranza.

IL   CAMBIAMENTO  NON  PUO'  ESSERE   COME  GODOT.

Altra breve su i manifesti elettorali: non posso fare nomi (per non influenzare l’esito del voto, non so se in positivo o in negativo) ma in questi giorni è comparso sui muri di Bagheria il volto di un candidato che esibisce un’espressione preoccupata (finalmente, un po’ di consapevolezza), direi quasi spaventata, in procinto di inorridire, come se quello sguardo fosse posato sull’anta di un armadio che improvvisamente, quanto lentamente, si apre tra scricchiolii terrorizzanti. Come in un film dell’orrore. Chi fissa il candidato? Hannibal Lecter che gli ricorda di avere un amico per cena o il bilancio comunale prossimo venturo da approvare? Mistero. Rimane la preoccupazione per quest’uomo. Cosa lo inquieta?

BELFAGOR  ITALIA

Ad Abu Dhabi, nel dicembre 2015, sarà inaugurato il Louvre Abu Dhabi. Per la Francia è un’operazione di marketing del valore di 1 miliardo di euro. Avete capito bene, un miliardo di euro. I fatti. Il 6 marzo 2007 Francia ed Emirati Arabi Uniti firmano un accordo programmatico intergovernativo che prevede la creazione di un agenzia apposita, l'Agence France Muséums, il cui ruolo è quello di fornire supporto nella costruzione e nell'organizzazione del futuro Louvre Abu Dhabi. L'accordo prevede anche, per un periodo di un decennio, una serie di prestiti di opere che andranno dai musei parigini a Louvre Abu Dhabi. Ripeto, un miliardo di euro; e noi? Un ingenuo, o un entusiasta, o un ottimista, considerando il patrimonio artistico italiano, scenderebbe in strada gridando a squarciagola “Siamo ricchiiiiii!!!!!! I petrolieri hanno scoperto il nostro petrolio!!!”, ma chi sa di Pompei, chi sa dei musei italiani chiusi nei festivi, chi sa dell’assenza di promozione del patrimonio artistico nazionale, chi sa del degrado, chi sa dell’abbandono, ricorda le parole del ministro berlusconiano Tremonti “Con la cultura non si mangia”.

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Poi legge l’intervista a Dario Franceschini su La Stampa, alla domanda: “Ma signor ministro della Cultura, abbiamo scoperto che per il solo fatto, di consentire ad Abu Dhabi di utilizzare il sigillo «Louvre» il museo parigino incasserà 400 milioni e ci siamo chiesti: perché non siamo capaci anche noi a far rendere il brand «Uffizi », per esempio?”, risposta: «Tutto condivisibile, quello che non mi piace è che poi si finisce sempre nell'autolesionismo».” Già, si finisce sempre nell’autolesionismo, altrimenti non si spiegherebbe la scelta della classe politica degli ultimi quarant’anni. Attenzione, qui irrompe la considerazione di George Orwell “Un popolo che elegge corrotti, impostori, ladri e traditori, non è vittima. È complice!”. Metteteci pure gli incapaci, ma questo è un discorso che approfondiremo in un’altra occasione.

IL  MANTO, STRADALE, DELLA  CARITA'

I programmi degli aspiranti sindaci bagheresi traboccano, come è giusto, di buone intenzioni, si può essere d’accordo su alcune cose, su altre meno, ma non entriamo nel merito, li aspettiamo alla prova dei fatti. Senza scuse, please. Un punto, invece, dal quale sicuramente partirei si aggancia con la frase tipica del bagherese medio disilluso e pessimista, che ne ha viste tante e non ci crede più: “semu menzu a strata”. Partiamo da lì, dalla strada. Il numero di buche che segnano, come un corpo devastato dalla lebbra, le strade cittadine ha assunto valori epidemici, la profondità delle buche è tale che più di un latitante sta pensando di farne il suo rifugio, squadre di speleologi sono impegnati alla ricerca di sfortunati cagnolini che in queste buche ci sono caduti dentro. Non si capisce se è più la parte concava o la convessa. Dalla superficie lunare ci osservano e sono convinti di guardarsi allo specchio. Qualcuno che si ispira alla “Terra dei Fuochi Style” consiglia di scaricarci dentro la spazzatura. Due problemi che si trasformano in soluzione l’uno dell’altro. Ci sono intere aree recintate dove tutto sembra stia per sprofondare. E’ troppo facile per me che ne scrivo lasciar aleggiare l’ombra della metafora. È ovvio, è un fatto, le strade disastrate di Bagheria come simbolo di una Bagheria disastrata. Partite da lì. Sembra che l’amministrazione comunale si stia già muovendo lavorando secondo il criterio della pericolosità. Come al pronto soccorso, codice rosso, codice verde delle buche.

INGIUSTIZIE  

Nel giorno in cui la Cassazione conferma la condanna a sette anni di reclusione, per concorso esterno in associazione mafiosa, nei confronti dell’ex senatore di Forza Italia Marcello Dell’Utri (piantonato a Beirut), con il pg Galasso che davanti la Corte aveva sostenuto “Per diciotto anni, dal 1974 al 1992, Marcello Dell'Utri è stato garante dell'accordo tra Berlusconi e Cosa nostra”, e l’ex ministro berlusconiano Scajola, arrestato in questi giorni, non risponde al gip; Silvio Berlusconi che se l’è cavata con l’assegnazione ai servizi sociali, all’uscita del suo primo giorno presso tali servizi ha dichiarato: “Ho fatto tante battute, abbiamo parlato tanto di Milan”. Vi sembra giustizia questa? Solidarietà al soldato Dell’Utri.

La Frase 1 – “Dobbiamo uscire dalle nostre menate mentali, per non dire altre cose”
(Matteo Renzi davanti ai giovani di AnnoUno). Dobbiamo farlo, indubbiamente, comincia a farlo tu, fai capire a tutti noi se, parafrasando De Gasperi ('La DC è un partito di centro che guarda a sinistra'), il PD è solo un partito di sinistra che guarda a Fonzie o qualcosa di un po’ più serio e programmatico, dimostraci che per ammodernare il Paese non basta che ci mettiamo tutti a cantare “noi siamo i giovani i giovani, i giovani siamo l'esercito, l'esercito del surf”, mostraci l’ammodernamento dello Stato, evita acrobatici parallelismi tra Berlusconi e Grillo entrambi pregiudicati, non giocare con le parole, non spacciare l’ulteriore precarizzazione del lavoro come se fosse una riforma epocale. Porta i fatti, Matteo.

La Frase 2 – “ Il futuro desertifica la vita ipotetica” (Baustelle - Il Futuro – dall’album: Fantasma)

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Giusi Buttitta

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