Assiomi - di Giusi Buttitta

Assiomi - di Giusi Buttitta

senza zucchero
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Un passo avanti verso il terrore – La scorsa settimana mi sono soffermata su una serie di episodi violenti accaduti nel palermitano durante l’ultimo scorcio d’estate. Rileggendo ho pensato di aver, forse, esagerato. Purtroppo, no. Da livesicilia.it: “La rapina è avvenuta nella villetta del commerciante… …, titolare di un negozio Compro Oro, iscritto all'associazione Addiopizzo… Una notte di terrore per marito e moglie nella zona di Cruillas…la coppia stava per rientrare a casa quando due uomini con il passamontagna ed armati li hanno sorpresi alle spalle, bloccandoli per le braccia… Dopo avere costretto il gioielliere ad aprire la cassaforte dell'abitazione e avere trascinato lui e la moglie con violenza all'esterno, hanno appiccato le fiamme alla casa. I coniugi, legati ed imbavagliati, sono stati costretti ad assistere impotenti alla scena...”.

All’interno dell’articolo ho estrapolato una frase che è una metafora “Mentre il fuoco devastava tutto ciò che incontrava…”. Un fuoco cieco, ottuso, feroce, divoratore. Qui ci muoviamo dentro una dimensione nuova, non conosciuta in precedenza, la violenza valica limiti ritenuti invalicabili, entra dentro le case, sfonda la barriera sacra del nucleo familiare, esplode all’interno dell’ambiente domestico. Episodi simili vanno ben al di là del tornaconto legato all’atto criminoso, azioni del genere mirano a stabilire delle regole. Ferree, inattaccabili. A guardia di queste regole ci sono uomini che non sanno cos’è la pietà.

Assiomi – Un popolo civile governato da regole civili, questo è il presupposto necessario per una democrazia matura. Un popolo civile governato da regole incivili, è la condizione che caratterizza le dittature. Un popolo incivile governato da regole incivili, può rappresentare una necessità. Un popolo incivile governato da regole civili, è caos e paralisi. Queste (astruse e strampalate?) considerazioni hanno a che fare con il nostro territorio e con la necessità di governarlo. Considerazioni che non vanno spiegate, ma usate per cominciare a valutare i fatti che accadono attorno a noi secondo un’ottica diversa. Sono consapevole del rischio di cadere nel qualunquismo, di produrmi in banali generalizzazioni, però forse è arrivato il momento che la porzione civile della popolazione si contrapponga con veemenza all’avanzare inarrestabile dell’inciviltà. O si fugge o si rimane. Ma se si rimane non si può subire. Civiltà e Inciviltà non possono convivere. I sopraffatti si sono stancati dei sopraffattori. Non vogliono vivere nella paura, nella vessazione, nella minaccia. Siamo stanchi. La violenza di ogni tipo, degli abusi, degli intrighi, degli intrallazzi, dei furbi, degli usurpatori di potere. Sino a quella da strada. Violenza, esercitata, minacciata, lasciata intravedere. Volontà di far abbassare lo sguardo. Non si può accettare. O noi, o loro.

Terra bruciata – Dopo l’elezione di Patrizio Cinque avevamo pronosticato per lui una vita “istituzionale” difficile. Era facile immaginarlo. Lo avevamo messo in guardia rispetto alla possibilità del gioco al massacro, del “tanto peggio tanto meglio”, di chi si sarebbe messo lì a ripetere il mantra del “nulla è cambiato”, che la nuova politica (o “non politica”, o meglio “la politica dei non politici”) avrebbe fatto peggio dei predecessori, non sarebbe riuscita a cambiare nulla, anzi, sarebbe stato lo sfascio, il collasso. La fine. Le cassandre non vedono l’ora di passare all’incasso aspettando che torni il loro momento. Ma qualcuno non ha capito una cosa, al di là di come andrà a finire l’esperienza di Patrizio Cinque, non c’è più spazio per ritorni, per consorterie, per spartizioni, per i fuochi che covano sotto la cenere. Non si torna al passato, per un motivo molto semplice: Bagheria muore e non c’è più tempo. O questo paese si governa (chiunque lo faccia) dentro una visione orientata alla trasparenza, alla pulizia, allo sviluppo, al piacere di essere comunità, al culto della bellezza e alla sua valorizzazione, o se persisteranno piccoli e grandi potentati che continueranno a mettersi di traverso, a cercare lo status quo, allora, chi vive il disagio di respirare questa Bagheria dovrà o tirare fuori le unghia e pretendere quello che da troppi anni gli viene negato o dovrà andarsene. Con il dolore che ogni fuga comporta.

Questo non è un momento di transizione, questo è il “Momento”, o si cambia o non c’è futuro. Voglio chiarire che la mia non è una posizione filo M5S, mai avuto posizioni “filo” qualche cosa, ma non si può non ricordare alla vecchia politica che punta il dito contro, che il miglior sponsor politico del M5S a Bagheria (come in Italia) è stata proprio lei. Hai governato, hai fallito e ora pretendi di dare lezioni? Il M5S, il sindaco Patrizio Cinque, sono, piaccia o no, la conseguenza di un’esasperazione, esasperazione che proprio la vecchia politica ha alimentato. In qualche caso, forse, si è buttata l’acqua sporca con tutto il bambino, ma, è pur vero, che il bambino ha perso troppo tempo a sguazzare in quell’acqua. Tornando a Patrizio Cinque e alla sua squadra, non è questo il momento di fare attorno a loro terra bruciata. Gli va data la possibilità di poter fare. Per poi essere giudicato, senza buonismi. Cinque è un giovane (e già questa in un clima di disimpegno è una nota da sottolineare) al quale troppo spesso verrebbe voglia di chiedere: “ma chi te lo ha fatto fare?”. In questo paese non è semplice sciogliere nodi, rimuovere resistenze, girare pagine da girare. Necessita solidarietà. Certamente non si deve procedere con approcci demagogici, occorre tener presenti i diritti di tutti, stare attenti che a pagare non siano i più deboli, persone che rischiano di essere due volte vittima (di un’illusione e di una disillusione). Il cambiamento non è uno slogan.

Co.In.R.E.S. – Il comunicato del Co.In.R.E.S. del 12 settembre pubblicato su questo sito ad un certo punto recita: “Il disastro Co.In.R.E.S. è da ricercare altrove, a cominciare da chi lo ha governato, l'ha gestito e, forse è il caso di dire, manipolato. Chi lavora all'interno di questo ente ha ben poca responsabilità diretta, se non quella sua specifica di dipendente, quest'ultima, ove sussista, da individuare, definire e contrastare con gli strumenti che la legge consente.”. Io non conosco nei dettagli tutta la storia e quindi non mi esprimo, ma nell’individuazione delle responsabilità e nella definizione del ruolo dei dipendenti, forse, c’è molta verità. Il problema Co.In.R.E.S. sta a monte, e non sono i dipendenti, che rischiano di diventare le vittime di un progetto che non hanno ideato, ma ci sono entrati dentro per sviluppare il loro progetto di vita. Ci sono responsabilità a monte, mentre, ora, a valle, qualcuno deve fare i conti con le conseguenze. I lavoratori e l’amministrazione. Quello che è importante è che la questione Co.In.R.E.S. non si trasformi nella battaglia tra l’amministrazione comunale e i dipendenti del consorzio. Questo non farebbe il gioco né dell’amministrazione né dei dipendenti. Occorre dialogo. 

Fuori dai denti – Nel libro di Valérie Trierweiler, ex compagna del Capo dello Stato francese François Hollande, traccia un ritratto impietoso del dietro le quinte del presidente, tra le altre cose viene riportata l’abitudine, da parte di Hollande, di definire con cinismo i poveri, qualificati dal presidente "sdentati" ("sans-dents"). In Francia è scoppiato uno scandalo e Hollande ora è ai minimi storici in termini di popolarità. Hanno trovato indegno e irrispettoso che un presidente potesse esprimersi così. Vittorio Feltri non è presidente, d’accordo. Rimane, però indegno e irrispettoso esprimersi così:  “La penso come Hollande, a me i 'senza denti' mi stanno sulle palle, i poveracci preferisco non frequentarli. La povertà è brutta, e a me i poveri non piacciono, mi intristiscono, sono malinconici...” (04/09/2014). In Italia fa chic mostrare disprezzo. Siamo arrivati a questo. Però nel ragionamento di Feltri e di chi la pensa come lui c’è un punto di caduta, quello di dare per scontato che le normali regole del vivere civile, le leggi, saranno comunque e sempre rispettate da tutti o da quasi tutti, in modo che la normale azione repressiva nei confronti di chi la viola sarà sufficiente a garantire l’ordine sociale. Perché se questi poveri cominciano a diventare un numero insopportabile, potrebbero stancarsi di assistere allo spettacolo di chi vive beatamente mentre loro lottano per sopravvivere, magari cominciano a contarsi, ad aggregarsi, magari diventano un’onda, uno tsunami sociale che invade le strade, entra nelle case, anche in quelle di chi oggi li sbeffeggia. La ricchezza non è un diritto naturale, basta un nulla e te la portano via. La disuguaglianza non è utile a nessuno, non a chi ha e nemmeno a chi non ha. La storia ci insegna che i denti, e non solo, possono cadere anche agli insospettabili. In Francia ne sanno qualcosa.

La Frase – “In politica la bellezza è un valore...” (Alessandra Moretti – Partito Democratico). Quel che rimane della sinistra italiana. Al di là dei numeri, dei voti, dei consensi, ha vinto Berlusconi. Ha realizzato la rivoluzione culturale. La sua.

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Giusi Buttitta

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