La politica dei birichini - di Giusi Buttitta

La politica dei birichini - di Giusi Buttitta

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Intanto, scusate il ritardo. Questo pezzo, in verità, era pronto per essere partorito almeno una settimana fa. Questioni dipendenti, totalmente, dalla mia volontà e da un’altra serie di cose lo hanno impedito. Ma non è un problema, perché l’avevo conservato in memoria. Dovevo solo mettere nero su bianco. È una riflessione matrioska o, se volete, una riflessione flipper, che si sofferma su tre questioni di per sé totalmente slegate. Partiamo.

24 Gennaio 2015, inaugurazione Anno Giudiziario, parla la magistratura e disegna un quadro del nostro Paese e della classa politica che lo amministra a dir poco agghiacciante (Spero che il ct della nazionale di calcio Antonio Conte non sporga denunzia per violazione del copyright). Con sfaccettature e sottolineature diverse, un unico filo lega le parole pronunziate dai magistrati. È un atto d’accusa, da Torino a Palermo, da Roma a Napoli o a Genova. Mi limito a riportare due interventi. A Roma parla il presidente della Corte d'Appello Antonio Marini: “Con Mafia Capitale è emerso un sistema di complicità tra politica e criminalità, ampiamente strutturato, capillare e invasivo.” Politica & Criminalità, un sistema strutturato, capillare, invasivo. Relazione spietata. Come commenta la politica chiamata in causa? Col silenzio.

Glissa, archivia, fa finta di niente. Come se la cosa non la riguardasse. Come fece il giorno del secondo insediamento di Napolitano quando mentre il presidente accusava, per esempio, per “l’imperdonabile nulla di fatto sulla riforma elettorale” la politica lo applaudiva annuendo; regalandoci uno dei momenti più folli, patetici e imbarazzanti di rimozione collettiva di responsabilità che si siano mai visti. Ancora più preoccupanti, per certi aspetti, le parole di Giovanni Canzio, presidente della Corte d'appello di Milano “La presenza mafiosa al Nord deve essere ormai letta in termini non già di mera infiltrazione, quanto piuttosto di interazione-occupazione”. “Interazione” e “Occupazione”. La politica che dice: “Niente”. Corruzione, criminalità, questione morale non sono in agenda. 

In agenda ci sono le parole della ministra delle Riforme Maria Elena Boschi sull’articolo 19 bis del decreto attuativo della delega fiscale, ovvero il cosiddetto “salva-Berlusconi“ “Non è una norma pensata per salvare l’ex Cavaliere, ma riguarda 60 milioni di italiani”. Più o meno quello che dicevano i ministri di Berlusconi quando al governo c’era lui (e tutti l’accusavamo per le leggi ad personam). Peccato che la Boschi sia del PD. Ma, comunque, considerando che ormai, in Italia, centrodestra e centrosinistra si differenziano per cinquanta sfumature di nulla, nemmeno le parole di Miss Boschi mi sorprendono.

Torniamo a questioni più serie, ricostruendo un mappa superficiale quanto efficace della criminalità, questa comanda al Sud (si sapeva), al Nord (Canzio docet) e al Centro (Marini, arridocet). Mi sembra che il territorio sia efficacemente coperto. Forse c’è una politica in Italia che pensa che la criminalità non rallenti lo sviluppo, semmai, lo stimola e lo incoraggia. In cambio, lo controlla. Stando alle parole dei magistrati la politica con la criminalità fa sistema, non si tratta di occasionali, sporadici e circoscritti rapporti ma di “&” commerciale. Stando sempre alle parole dei magistrati, sembra esista una zona grigia dove colletti bianchi delle grandi organizzazioni criminali e rappresentanti della politica si incontrano e spartiscono.

Sempre che la politica che si siede a questo tavolo lo faccia con pari dignità e non con ruoli subordinati.

A quel punto il politico sarebbe solo strumento d’infiltrazione, un rappresentante (non del popolo) nelle istituzioni. La magistratura, dati alla mano, parla di una rappresentazione della popolazione carceraria simile a quella del 1860, composta largamente dai ceti bassi, di contro, di fronte al dilagare di corruzione ed evasione, il numero di persone in carcere per reati di questo tipo è bassissimo. Insomma, nella rete finiscono solo i pesci piccolissimi.

Di fronte a questa stagnazione che si consolida facendosi sempre più inscalfibile, stagnazione che richiederebbe discontinuità, svolta; la politica che fa: elegge presidente della repubblica Sergio Mattarella. Fatta salva la storia personale dell’uomo, inappuntabile; mi chiedo se un vecchio democristiano sia il simbolo migliore per rappresentare questa Italia che a parole vuole cambiare.

Un passo nel passato per guardare al futuro. Mah. Ci serviva un uomo che già dalle prime mosse sembra muoversi nel solco ecumenico di Napolitano (vedi invito a Berlusconi - fino a prova contraria, un pregiudicato - per la cerimonia d’insediamento) o di un Bergoglio formato Quirinale? La sobrietà che sicuramente Mattarella non farà mancare è quello che ci vuole per scacciare via i maiali dalla mangiatoia o serviva qualcuno dai modi un po’ più spicci?

La politica - e andiamo al terzo anello (Anno Giudiziario, Presidente della Repubblica, Renzi & Berlusconi) di questo ragionamento fatto di rimandi - si arrocca. Fa muro. Ci sono le prove. Queste. Conversazione Berlusconi-Renzi. In teoria, leader contrapposti. L’episodio riportato dai giornali. Cerimonia di insediamento del nuovo presidente della Repubblica, stretta di mano tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi. Renzi presenta a Berlusconi il ministro Pier Carlo Padoan e il leader di Forza Italia scherza: «Speriamo non sia birichino come te»; replica Renzi: «Il fatto è che io sono meno birichino di te».

Poco dopo il premier incrocia Gianni Letta e gli racconta l’episodio: «Nella classifica dei birichini c’è prima Padoan, poi Berlusconi e poi io». Ci si scontra a colpi di birichino tra fronti contrapposti. E questi dovrebbero guidare il cambiamento? Questi fanno muro. Sono una classe che si riconosce trasversalmente. Sono altro. Sono birichini.

Giusi Buttitta

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