Marcia antimafia Bagheria - Casteldaccia: la cronaca di V. Drago

Marcia antimafia Bagheria - Casteldaccia: la cronaca di V. Drago

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Più di diecimila giovani, quindicenni, anche bambini. Un corteo mai visto prima per le strade d Bagheria e di Casteldaccia...
Non un corteo imbandierato come nel ’68, ma tuttavia pieno di grande gioia e allegria; il dramma sociale e politico della lotta alla mafia,

non ha tolto il sorriso ai giovani di Bagheria, di Casteldaccia, di Palermo e del resto della Sicilia.

Gli innamorati hanno avuto la loro parte:
abbracciandosi e baciandosi si sono goduti il corteo incuranti di parroci e anziani.
Gli anziani nel corteo erano frastornati da tanto scoppiare di risa e grida, invettive e carezze, da tanto stramaledire mafia e sindaci felloni: quasi un disagio per il constatare che la lotta ha trovato, al di là dei nuclei bracciantili ed operai, dei nuovi protagonisti sconosciuti sino a ieri.

Le bandiere rosse e bianche si mischiano nel corpo lunghissimo del corteo senza scontri e odi di parte. E’ la rivoluzione della nuova umanità che spera e lotta contro la mafia, è la nuova ondata che si commuove ancora ai nomi di Pio La Torre e di Dalla Chiesa.
Il corteo affluito per il sentiero della contrada De Spuches e poi “pi vadduna”, in mezzo al verde e al giallo dei limoneti è arrivato a Casteldaccia sbigottita e accogliente: i commercianti con i negozi chiusi, famiglie in terrazza, bambini in festa, un anziano si fa aprire la porta per osservare il corteo dal fondo del corridoio e sta bloccato sulla sua carrozzella da invalido.

Soprattutto ragazzi e giovani si sono affacciati a prendere il volantino, ad ascoltare gli slogans (“Pio La Torre ce l’ha insegnato, fuori la mafia dallo Stato” oppure “ Potere D.C. la mafia è lì” o ancora “ Facciamo l’amore, facciamo l’amore, no alla mafia che è un tumore”).

Senza parole, vestita di nero, la vedova di Rosario Di Salvo con la sua bandiera rossa si muove, nel corteo gioioso con grande tristezza.
Alla marcia hanno aderito in tanti : Pertini, Rita Dalla Chiesa, Nilde Jotti, Francesco Michele Stabile e altri parroci, Pompeo e Luigi Colajanni, il Comitato popolare di Casteldaccia e il coordinamento studentesco di Bagheria e Palermo. Il cardinale Pappalardo ha inviato il suo saluto augurale alla manifestazioni tramite don Giacomo Ribaudo.

Alla manifestazione avava anche dato la sua adesione il segretario regionale della DC, Campione e il presidente della Regione Lo Giudice.
All’ultimo omento al corteo si sono presentati anche il sindaco di Bagheria, Antonio Rizzo, alcuni esponenti locali della DC e l’assessore Santo Bagnasco.

Il gesto è nello stile del più piatto trasformismo politico, ed infatti è servito a raccogliere, in piazza a Casteldaccia, invettive e fischi.

Anche qui tutto secondo la tradizione.
Ma i vecchi riti, quelli della tradizione comunista e della sinistra oppure quell’altra dei salta fossi dc, non hanno prevalso sulla novità dei nuovi protagonisti della lotta contro la mafia e contro la droga.

Anche noi ci siamo sorpresi a vedere trasformate le presenze di Don Francesco Stabile e Don Cosimo Scordato; non sono più presenze clamorose e inaspettate ma sono, oramai, normalità sociale e politica: un fatto di crescita collettiva e di nuova moralità.
Il nuovo assalto alle roccaforti del trasformismo e della mafia parte da lontano e la nostra coscienza di uomini liberi è sempre più serena.

I miei figli, Pietro e Valentina, che si sono preparati al corteo predisponendo due disegni coloratissimi sulla marcia, oggi al corteo ci stavano bene con giocosità.
A sera Pietro (8 anni) è preso da un dubbio che si esprime con tristezza: “Ma quelli, i mafiosi, del corteo e della marcia non hanno però paura…non è vero? Quelli continuano a sparare!
Così questa giornata di speranza e di nuova umanità in marcia, almeno per me si è chiusa con una punta di amarezza.
Non sarà che questa nostra comune lotta, avrà ancora bisogno di nuove domande e nuove risposte e, ancora, di nuove generazioni?

Questa è la cronaca che della marcia Bagheria- Casteldaccia pubblicata sul periodico "Il Paese" del mese di marzo 1983, fece Vincenzo Drago.
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