Appunti per una storia di Bagheria X Puntata di Giuseppe Speciale

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Ma la riconquista dell’isola da parte del Borbone nel 1849 e la conseguente repressione aumentano le tensioni anche a Bagheria.
Il sindaco, don Gesualdo Pittalà, che i Borboni avevano reintegrato nella carica, viene ucciso mentre siede alla scrivania del suo studio notarile.
Il Pittalà non era soltanto il rappresentante del potere (oltre che sindaco era anche esattore delle imposte, notaio e amministratore dei Butera) ma agli occhi dei contadini di Bagheria era soprattutto il “gabelloto” del feudo dell’Accia e, quindi, il principale ostacolo alla lottizzazione di quelle terre ecclesiastiche che leggi borboniche emanate dopo i tumulti del 1837 per il colera, prevedevano dovessero essere concesse ai “iurnatari” (lavoratori giornalieri).


Il delitto scatena la violenta repressione della polizia borbonica: i presunti colpevoli vengono arrestati e, dopo un processo sommario, fucilati nello stesso posto dal quale erano partite le fucilate contro il Pittalà e cioè nel Corso Butera all’altezza dell’attuale via senatore Durante.

La popolazione intanto aumenta (nel 1852 raggiunge e supera i 10.000 abitanti) e naturalmente le condizioni generali del paese si aggravano.

Il lavoro nei girati che circondano le ville è sempre più precario anche perché i proprietari che possiedono estesi feudi nel resto dell’isola non hanno alcun interesse a coltivarli intensivamente.

I girati prossimi al nucleo primitivo dell’abitato vengono inesorabilmente sommersi da una edilizia intensiva e povera: sorgono in questo periodo il rione Mole, il rione attorno alla villa del principe di Larderia (ora trasformata in collegio di Maria) i rioni Milazzo e Carà.


Si colmano le aree libere lungo l’attuale Corso Umberto e quelle del Corso Butera nel tratto tra la Chiesa Madre e le case dei Verdone.

Le tensioni sociali sia cuiscono: c’è il nuovo ceto borghese dei “curatoli” e dei “gabelloti” che mira apertamente ad estromettere dal possesso delle ville ma soprattutto dai girati i vecchi proprietari assenteisti e ci sono i braccianti che combattono contro gli uni e contro glia ltri per il possesso delle terre incolte e della chiesa.

E’ una lotta sorda piena di contraddizioni che di tanto in tanto esplode in episodi di cieca violenza.

Il trapasso delle ville ed ei girati dalle mani dei nobili a quelle dei gruppi più potenti di borghesia si compie a cavallo della metà del 1800.


Le prime ville con le relative pertinenze a passare in mani borghesi sono quelle di Cattolica, Rammacca, Inguaggiato, e Palagonìa.
Ma il processo continuerà inarrestabile per tutto il secolo XIX e oltre.


Oggi soltanto pochissime delle antiche ville restano nelle mani delle famiglie che le costruirono: Trabia, Butera, Valguarnera, Sant’Isidoro, San Marco, Valdina.


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