Baarìa: buona la prima, ma qualche perplessità rimane

Baarìa: buona la prima, ma qualche perplessità rimane

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Alla fine al Palabiennale gremito di oltre 1700 spettatori, qualche centinaio di invitati, ma il resto pagante, è arrivato l'applauso contenuto, nè entusiasta nè travolgente, a significare un sì con qualche dubbio.

Sta forse tutto in questo appaluso "riflessivo", così come era accaduto al mattino nella proiezione per la stampa, quella sorta di interrogativo o di sospensione del giudizio che continua ad aleggiare dopo la prima visione di Baarìa.

L'appaluso di chi vuole ancora riflettere e capire meglio, le tante sfaccettature e le chiavi di lettura di un'opera che ha tenuto per oltre due ore e mezza gli spettatori piantati sulla sedia, e che sicuramente ti prende, portandoti, non tantissimo indietro nel tempo, nei luoghi della mente e dell'anima.

Noi non siamo critici cinematografici: siamo baarioti, e per giunta amici di Peppuccio e suoi estimatori da lunga pezza, inadatti quindi per mille ed un motivo, a dare un giudizio sereno su Baarìa.

Ma qualcosa vogliamo dirla anche noi, che, lo diciamo con grande franchezza alla fine della proiezione abbiamo anche raccolto la delusione di qualche spettatore bagherese e non, autorevole e non.

La prima parte, diciamo i primi 40' sono una sequenza di flash, di immagini, di situazioni, di episodi rievocati nella memoria, di circostanze, che vogliono rendere l'idea di un mondo, Bagheria come metafora, di una regione, di una cultura, di una sensibilità, nel periodo pre e dopo la seconda guerra mondiale.

Però la trama narrativa sembra slegata, gli episodi sembrano restare fini a sè stessi, sembrano anche rumorosi ed eccessivi, manca una sorta di "collante" a renderlo del tutto comprensibile.

Dopo questa fase, in cui forse per necessità il regista deve fare ricorso allo schematismo, il film prende quota: da quando cioè inizia il racconto della storia d'amore tra Peppino e Mannina, e comincia a snodarsi la vicenda politica del protagonista, il film assume i toni di una epopea, ed è là, in quei tempi e in quei ritmi anche lenti e più lunghi rispetto alle sequenze incalzanti dell'inizio, che Tornatore dà il meglio di sè.

Ed è prorpio il dipanarsi della vicenda sentimentale tra Mannina e Peppino e l'intreccio con la scelta poltica del protagonista che il film si eleva di tono, destreggiandosi tra cultura materiale popolare, tradizioni, usi, modi di vivere e di pensare, che disegnano uno scenario che attinge a livelli alti di partecipazione emotiva dello spettatore.

E rivelando che quello che i sessantottini credettero di scoprire, e cioè che il "personale" è politico, era stato scoperto qualche decennio prima.

Il film è godibile, e non perchè lo abbia proclamato Berlusconi, ma perchè il grande mestiere di Peppuccio, in ciò aiutato da due validi protagonisti, Scianna soprattutto e la Madè, che però in certi momenti è parsa smarrita, e da una serie di apporti di attori siciliani, (da segnalare quello di Ficarra), riesce come lui desiderava a disegnare una epoca.

C'è però tanto altro da dire, e lo diremo con la massima franchezza.

A partire dal ruolo del protagonista, Peppino, che pur essendo il personaggio nel quale Peppuccio si cala e si esprime al meglio, non riesce a trasmettere in maniera chiara e simbolica allo spettatore la qualità e lo spessore, malgrado gli studi modesti del suo essere sì comunista,ma riformatore; sì comunista , ma tollerante; sì comunista convinto delle proprie idee, ma che si sforzava di trovare in quelle degli altri anche le loro ragioni.

Non emerge del tutto quella profondità di analisi, l'istintiva capacità dialettica ed affabulatoria, quella logica fatta di razionalità e buon senso, fatta non dagli studi, ma forgiata dalla umanità e dalla vita, e che affascinava compagni e avversari politici nelle assemblee e nelle discussioni.

Certo un film non può raccontare tutto: ma i due dialoghi tra padre e figlio, il primo durante la "schiticchiata" in montagna e il secondo durante l'addio alla stazione di palermo, secondo noi potevano essere utilizzati meglio.

E come Peppuccio, ma anche molti critici hanno detto, Baarìa è senz'altro il suo film più personale ed il più sentito e partecipato.

Noi torneremo a vederlo, per capire e leggere meglio alcuni passaggi: queste lo ripetiamo sono le prime impressioni a caldo. Ma ci sono almeno un altro paio di articoli da scrivere, per potere affrontare con completezza l'argomento.

Lo faremo al ritorno.

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