L’Osteopatia: cosa cambia dall’approvazione del ddl Lorenzin

L’Osteopatia: cosa cambia dall’approvazione del ddl Lorenzin

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Lo sappiamo tutti, l’Italia è dotata di enormi ricchezze e meraviglie inestimabili, ma non tutti sanno anche che noi italiani stiamo facendo buoni passi in avanti su molte cose che riguardano la cultura, la scienza, la società.

Passi positivi non scontati e spesso poco percepiti dalla popolazione perché molte sono le ombre e i limiti che ci affliggono come Paese e che ci tiriamo dietro come società. Purtroppo, certe forme sociali e politiche alquanto incrostate e poco lungimiranti sembrano essere tra le prime negatività. Molte volte, infatti, sembra che la nostra nazione non sappia trarre beneficio dalla realtà attuale e concreta, dal confronto con gli altri Paesi e persino dall’enorme esperienza della storia vissuta. Di queste incrostazioni pur con lentezza riusciremo a liberarcene attuando riforme adeguate utili al rinnovamento dei servizi sociali adeguati ai reali bisogni dei cittadini.
Dopo un travaglio lungo quasi cinque anni e per nulla scontato, lo scorso 22 dicembre le nostre istituzioni hanno approvato il ddl Sanità portato avanti dal Ministro Beatrice Lorenzin, in seguito ridefinita legge 11 gennaio 2018 n° 3, contenente temi importanti riguardante l’intero sistema sanitario, tra cui alcune norme attese da circa un milione di professionisti oltre che da tutti i cittadini.
Tutto può essere fatto meglio certo, ma di sicuro nel suo insieme l’approvazione del ddl non può che essere apprezzato.
Tra le grandi novità di questo complesso normativo, e tema di quest’articolo, è l’individuazione dell’osteopatia come figura sanitaria insieme alla chiropratica.
La terapia manipolativa osteopatica (OMT) o più semplicemente l’osteopatia è una disciplina terapeutica nata negli stati uniti alla fine del 1800 e ormai ben conosciuta anche in Italia, che vanta professionalità, formazione e ricerca di tutto rispetto anche sul piano internazionale.
Con l’approvazione dell’art.7 è stata inserita la disciplina dell’osteopatia all’interno di quelle procedure stabilite dall’art. 6 dello stesso ddl che con buona probabilità la porteranno al riconoscimento professionale sanitario completo e definitivo, sul piano teorico entro i prossimi sei mesi.
L’osteopatia, in questo modo raggiunge finalmente un riconoscimento istituzionale da parte dello Stato mai raggiunto fino ad oggi e del tutto meritato. Secondo le stime sono circa settemila i professionisti adesso sul nostro territorio nazionale, i dati dell’I.S.T.A.T., dell’Eurispes, e più recentemente anche dell’Istituto Eumetra Monterosa, evidenziano una percentuale di cittadini che si rivolgono agli osteopati in crescita, con ben diecimilioni d’italiani ogni anno. Non male per una disciplina e una professione che per oltre trent’anni non è stata disciplinata. Gli osteopati italiani, infatti, pur senza adeguate norme, strutture e sistemi di ordinamento della disciplina e della professione, hanno saputo guadagnarsi un ampio consenso e apprezzamento tra i cittadini oltre che nel mondo sanitario italiano con cui s’interfacciano da oltre un quarto di secolo. Da circa trent’anni l’osteopatia, difatti, si è ben diffusa nel nostro territorio nazionale, radicandosi grazie anche a una distribuzione di scuole di formazione esclusivamente private e mediamente di buon livello.
L’ironia della sorte ha voluto farci assistere a un curioso fenomeno che conferma quelle ombre residue di cui si accennava all’inizio. Mentre l’osteopatia è stata sempre più apprezzata dalla popolazione dal momento in cui è stata introdotta in Italia a oggi per la sua efficacia e ampia applicabilità, nello stesso tempo è stata prima irrisa, poi sempre più scopiazzata in ogni suo aspetto dalle più disparate altre professionalità, compreso da chi per troppo tempo l’ha denigrata e contrastata, in particolare sul piano della regolamentazione degli osteopati stessi che l’hanno diffusa e sviluppata su tutto il territorio nazionale.
Il percorso che ha portato all’approvazione delle due Camere di tutto il ddl e dell’art. 7, infatti, per questo parziale risultato non è stato per nulla facile.
L’ordinamento dell’osteopatia ha subito tentativi di sabotaggio, è stata osteggiata, ritardata, polemizzata, aggredita. Ogni passaggio istituzionale è stato un vero travaglio, ma ora è fatta: gli osteopati con l’aiuto dei cittadini italiani sono riusciti a raggiungere l’obiettivo, o quasi. Già, quasi fatta, perché gli ostacoli e le mediazioni attuate per i vari passaggi istituzionali hanno impedito il riconoscimento complessivo e definitivo della professione come figura sanitaria e della disciplina stessa. Persino i passaggi parlamentari hanno dovuto subire trasformazioni e giravolte tanto che al primo passaggio al Senato il “riconoscimento” dell’osteopatia come professione sanitaria era stato approvato con la più ampia maggioranza dei parlamentari e delle forze politiche, mentre in seguito alla Camera la definizione è stata castrata per diventare “individuazione”. Ciò significa che a oggi, dopo un tal travaglio lungo e a spese del popolo italiano e a ddl finalmente approvato il 22 dicembre scorso, gli osteopati e l’osteopatia, per certi versi, sono nelle condizioni in cui erano prima e con le conseguenti ricadute sui cittadini. L’osteopatia, infatti, ottenuta “l’individuazione come professione sanitaria” con l’approvato art. 7 dovrà attraversare un ulteriore percorso definito e tracciato dall’art. 6 dello stesso ddl Lorenzin. Solo quando e se questo percorso tecnico e istituzionale andrà a buon fine in ogni sua tappa, l’osteopatia potrà divenire finalmente disciplina e professione sanitaria a tutti gli effetti. Solo allora sarà possibile istituire percorsi di laurea riconosciuti dallo Stato italiano cui ogni cittadino potrà accedere, diffondere i servizi di terapia osteopatica nelle strutture sanitarie, avere la detraibilità fiscale propria delle prestazioni sanitarie e l’eliminazione del 22% iva, e tanti altri benefici. Ciò significherebbe, quindi, enormi vantaggi per i cittadini, per la cultura scientifica e per l’economia italiana oltre che per i professionisti stessi che da ormai trent’anni fanno vivere e sviluppare l’osteopatia in Italia grazie esclusivamente alla loro passione e determinazione.
Un passo avanti notevole, quindi, ottenuto principalmente grazie alla grande opera del Registro degli Osteopati d’Italia con la sua presidente Paola Sciomchen, al Ministro della Salute, a tutti i politici che si sono ben impegnati con determinazione come la sen. Emilia De Biasi e all’impegno del gruppo di #osteopatiriconosciuti - La Voce dell’Osteopata e dell’Osteopatia che hanno coinvolto in varie iniziative cittadini, professionisti e personaggi noti e tenuto l’attenzione critica alta puntata sull’obiettivo.
Tra i benefici di questa norma approvata e di tutti gli sviluppi giuridici che ne conseguiranno, con riferimento all’individuazione dell’osteopatia (e del chiropratico) come professione sanitaria, bisogna risaltare che finalmente si pongono le basi per disciplinare un settore professionale sempre più diffuso sul piano internazionale e nazionale che riguarda la salute dei cittadini a oggi senza regole adeguate con possibili gravi ripercussioni nella tutela della salute dei cittadini, per la diffusione dei servizi riguardante la scelta terapeutica, nell’ambito lavorativo e professionale di migliaia di professionisti. A ciò si sommano notevoli altri effetti positivi, ad esempio si avrà un limite al sempre più marcato smembramento delle peculiarità e metodiche di queste discipline, attuato da più parti, con conseguente perdita di significato ed efficacia. Il giusto ordinamento nazionale poggiato su basi condivise sul piano internazionale come ad esempio la norma di CEN (Comitato Europeo Normazione) porterà soluzione alla grave difficoltà dei professionisti osteopati, e di conseguenza alle loro famiglie, nella serena pratica del loro lavoro perché costantemente sotto aggressivo attacco sul piano giuridico da chi li ha sempre solo visti come meri concorrenti di mercato e permetterà inoltre di limitare gli abusi di competenza tra le professioni. Disciplinare un settore come quello sanitario e delle nuove figure come quella dell’osteopata potrà portare nuovi stimoli nella ricerca, negli studi, nel confronto e diffusione scientifica e metodologica in particolare nell’assistenza terapeutica del cittadino, senza dimenticare a un’auspicata frenata, se non un vero e proprio arresto, dell’incremento incontrollato di enti di formazione (persino pubblici) non sempre qualificati. La formazione di operatori attraverso scuole private o università qualificate, infatti, dall’iter formativo e con un curriculum di studi individuabile e riconoscibile dal singolo cittadino oltre che dall’aderenza a un codice deontologico definito grazie anche alla registrazione obbligatoria degli operatori a un albo professionale specifico.
In prospettiva, dall’individuazione come professione sanitaria, se i professionisti, la comunità scientifica, i cultori e cittadini vorranno salvaguardare le potenzialità dell’osteopatia, sarà necessario tutelare tutti gli ambiti e le peculiarità di questa scienza, la sua scientificità, il suo razionale ma anche la sua arte, i suoi principi, la sua filosofia, la sua capacità empatica e prettamente umana di approcciarsi alla salute e alla sofferenza. Senza quest’attenzione, al passaggio verso gli ambiti universitari e della sanità accademica, potrebbe esserci il rischio di avere finalmente il “riconoscimento” ma di una poltiglia che di osteopatia avrebbe solo il nome.
Per far ciò si dovrà salvaguardare i professionisti che fino ad oggi l’osteopatia l’hanno studiata, sviluppata, diffusa e vissuta, intorno al core compentence proprio dell’osteopatia così si dovrà tutelare quella formazione e quelle scuole di qualità italiane che fino ad oggi hanno mostrato i loro buoni frutti.
Se gli osteopati hanno motivo di festeggiare quest’altro passo in avanti e così sperare per il prossimo futuro non si deve dimenticare che l’Italia non ha ancora normato altre discipline, alcune storiche, altre non ancora ben diffuse in particolare nel nostro sud. Il mondo chinesiologico, o se si preferisce l’altra definizione “educazione fisica” o anche la più attuale scienze motorie, è figura più che storica del nostro Paese, eppure manca di un adeguato ordinamento, di adeguati stimoli e sviluppi per permetterne di far avvantaggiare adeguatamente la popolazione delle sue enormi potenzialità in particolare negli ambiti sanitari di recupero, prevenzione e terapia. Anzi nel tempo, sembra che l’orientamento del nostro Paese sia stato quello di mozzare e “caotizzare” alcune sue storiche competenze senza per questo svilupparne nel concreto delle nuove. Nel nostro Paese quindi esistono dei laureati, formati dallo Stato, ma senza giuste norme per quelle competenze ampiamente definite in particolare sul piano della patologia e ciò nonostante le innumerevoli conoscenze, ricerche e studi che ne avvalorano l’importanza in pratica in tutti gli ambiti: cardiovascolari, metabolici, endocrini, psicologici, neurologici, psichiatrico, muscolo scheletrici, reumatologici, posturali, preventivi, sport terapia. Sono ancora pochissimi i centri italiani in particolare sanitari che si avvantaggiano di queste potenzialità e li mettono a disposizione di cittadini e pazienti. Se non la volontà di rappresentati e istituzioni cosa impedisce a queste potenzialità di essere sviluppate, diffuse, messe a disposizione dei cittadini oltre che ambiti economici e di possibilità di lavoro?
Altre due professionalità storiche italiane in una situazione al limite del ridicolo per parte delle nostre istituzioni sono il massofisioterapista e il massaggiatore capo bagnino. È incredibile, infatti, come professioni già esistenti, operanti nel mercato del lavoro siano sempre con una regolamentazione inadeguata per causa di un indirizzo politico contradditorio e indeciso tra più direzioni. Dopo decenni di mere diatribe, polemiche caotiche, spesso a colpi di tribunali, sarebbe ora che questo nostro Stato facesse lo Stato, regolamentasse tutti i professionisti diplomati che operano sul nostro territorio nazionale e decida con una norma chiara e risolutiva quali sono le definizioni e destini di questi titoli professionali e della loro formazione. La chiarezza d’intenti e la presa di decisione sono la base per una politica seria.
Anche la situazione della naturopatia è meritevole di concreto impegno istituzionale. La naturopatia è una scienza costituita da più discipline atte a recuperare lo stato di salute ed equilibrio originario e naturale dell’individuo anche facendo da supporto alle terapie mediche, attraverso sistemi e mezzi naturali o comunque prossimi alla naturalità attraverso metodiche igienistiche, tecniche manuali, energetiche, nutrizionali, uso di piante, minerali, counselling, e diverse altre ancora. Come l’osteopatia, anche la naturopatia è sempre più diffusa in Italia eppure purtroppo recintata entro uno sfumato mondo delle aree socio-sanitarie e del benessere. Cosa che ovviamente esprime un contrasto con la realtà, con le definizioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, una perdita di competenze applicabili dai professionisti a svantaggio dei cittadini costretti a doversi accontentare di una disciplina slavata rispetto alle sue altissime possibilità. In altri Paesi è così? Ovviamente no.
L’Italia può essere certamente soddisfatta dei passi avanti fatti, può trovare soluzioni adeguate alle varie discipline e professionalità e così offrire ai suoi cittadini competenze sempre più alte, dinamiche e diversificate tra loro, anche grazie ai percorsi definiti dallo stesso ddl Lorenzin con i due articoli 5 e 6 per l’individuazione rispettiva delle nuove professioni delle aree socio-sanitaria e sanitaria. Per fare ciò occorre la responsabilizzazione della politica nazionale e territoriale, degli operatori e ancor di più dei cittadini.
Gaspare Sanfilippo

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