Professioni svendute - di Francesco Provino

Professioni svendute - di Francesco Provino

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Proprio quando il Governo si appresta a tracciare qualsiasi operazione finanziaria per stanare l’evasione fiscale, si avallano comportamenti poco trasparenti, che rischiano di alimentare un mercato sotto banco tra la pubblica amministrazione e i professionisti, nel silenzio assordante della politica.


L’equo compenso assomiglia sempre più alla tela di Penelope: quello che fa la politica, la giurisprudenza disfa. Non si può che restare sorpresi davanti alla decisione dei giudici amministrativi che legittima la previsione secondo cui l’attività professionale può essere svolta a titolo gratuito. Una sentenza che umilia i professionisti, ma soprattutto esautora il Governo, il Parlamento e le Regioni su principio di civiltà che, ingenuamente, pensavamo acquisito.
Dopo le rassicurazioni di massimi esponenti del Governo e del Parlamento, dopo aver letto nero su bianco l’impegno del nuovo esecutivo di “individuare il giusto compenso per i lavoratori non dipendenti”, dopo gli sforzi delle Regioni per promuovere norme che tutelino l’equo compenso, la scelta e la modalità del compenso esposta nelle determina sindacale, sulla nomina dei consulenti per la programmazione, decreta l’insussistenza della politica. Un colpo di spugna sul diritto dei professionisti a veder riconosciuto il valore economico della propria prestazione.
Pienamente condivisibili appaiono le critiche mosse alla sentenza da un autorevole giurista con un linguaggio facilmente comprensibile anche dai profani, che è il caso di riportare integralmente: “Il ritorno di immagine per il professionista che lavora gratis per un ente pubblico è meno traducibile in cifre. In molti casi, anzi, il vantaggio indiretto potrebbe essere meno nobile e cioè potrebbe essere quello di acquisire “entrature” o rapporti privilegiati con uffici pubblici da rivendere alla clientela. Il passo può essere breve rispetto al limite del traffico di influenze illecite, millantate o meno che esse siano. In realtà, la sentenza si inserisce in un contesto generale nel quale da vari anni si sta affermando il principio della gratuità delle prestazioni rese alle pubbliche amministrazioni…. Prima o poi ci si renderà conto che questa china può essere pericolosa e creare inefficienze nel lungo periodo. Intanto i professionisti avranno un motivo in più per reclamare il ripristino dei tariffari minimi obbligatori o altre forme di equo compenso. Al di là di tutto andrebbe ricordato il noto proverbio secondo il quale “neanche il cane muove la coda per niente”.
In realtà, il vero problema che la fattispecie in esame pone è quello conseguente al fatto che, data la delicatezza dell’oggetto della programmazione, la gratuità della sua esecuzione possa indurre l’esecutore a prospettare soluzioni conseguenti a pressioni più o meno interessate. In proposito è vero che conseguenze del genere possono verificarsi anche nel caso di un contratto oneroso, ma indubbiamente la gratuità della prestazione rende più facile la possibilità di un simile evento. A questo punto, peraltro la questione finisce con l’esulare dal campo del diritto amministrativo per entrare in quello del diritto penale.
È stato a tal proposito rilevato che la quantificazione di tale reddito, mancando una manifestazione finanziaria, dovrebbe essere operata in base al criterio del “valore normale”. Nel caso oggetto, peraltro, la quantificazione non sembra presentare difficoltà, avuto riguardo all’articolazione della prestazione compiutamente descritta nel relativo disciplinare ed all’esistenza di parametri di determinazione dei compensi.
Come ognun vede, dunque, al danno si aggiungerebbero anche le beffe.
Che dire, dunque, in ordine ai contratti di appalto di servizi gratuiti? Che, indipendentemente dall’obbligo di tutte le pubbliche amministrazioni di rispettare il principio del diritto dei professionisti (ingegneri, architetti, avvocati eccetera) ad un equo compenso per le prestazioni richieste, l’idea di perseguire ad ogni costo un risparmio di spesa – senza valutarne le conseguenze – non appare conforme ai principi di buona amministrazione.
Come è già stato ricordato, infatti: “se è gratis, c’è l’inganno”.
Citazione da Fontamara di Ignazio Silone

Arch. Francesco Paolo Provino

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