Maledetta sfortuna- di Francesca Padovano

Maledetta sfortuna- di Francesca Padovano

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<< Come sapete negli ultimi sette giorni ci sono state sette donne uccise, presumibilmente da sette uomini. A volte, però, è lecito anche domandarsi: questi uomini erano completamente fuori di testa, completamente obnubilati oppure c’è stato anche un comportamento esasperante ed aggressivo anche dall’altra parte? E’ una domanda, dobbiamo farcela per forza. >>

Queste le parole che Barbara Palombelli, conduttrice televisiva, pronuncia a Forum, rete 4, giorno 16 settembre. Parole che, giustamente, finiscono per indignare il web mentre in tutto il paese continuano a celebrarsi funerali di donne vittime di violenza.

Ne sono segno, quei funerali, che testimoniano come la realtà in cui viviamo sia diversa da quella in cui crediamo di vivere. Una realtà nella quale quotidianamente viene perpetuata la violenza di genere; Frutto anche del rifiuto di prendere posizione in merito alla questione. Rifiuto che finisce per essere collusione con gli aggressori delle vittime.

Certo è difficile rendersi conto del perché questo genere di violenza differisca dagli altri; è difficile persino rendersi conto dei gesti di violenza quotidiani e subdoli che - assuefatti come siamo da questa società patriarcale - continuiamo a compiere portando avanti questo “binarismo maschio-femmina” che, senza che ce ne accorgiamo, contribuisce a sorreggere e mantenere questo preciso ordine delle cose. Accade attraverso film, pubblicità, favole per bambini che si divida il mondo in due categorie che classificano il genere in due forme soltanto: quella di maschile e quella di femminile mettendo, con grande superficialità e poco rispetto, da parte tutte le identità di genere non binarie (cioè fuori, per l’appunto, dalla dicotomia uomo-donna) nelle quali si identificano persone genderfluid, genderqueer, agender, transgender, no gender. Ed accade, per tornare alla questione principale, che proprio queste categorie rigide di genere contribuiscano a discriminare e a perpetuare le violenze sulle persone non binarie e sulle donne.

Il giornalismo italiano in questo, è evidente, non sembra certo aiutare.

Le testate giornalistiche infatti si ostinano a contrapporre le donne vittime di violenza e i loro carnefici come nella favola omonima si contrappongono i personaggi de ‘la bella e la bestia’; lei, come scriveva repubblica qualche settimana fa “bella e impossibile”, come donna che deve sottostare alle regole, implicite ed esplicite, di una società che la vede subordinata alla figura maschile. << Sii bella e stai zitta >> scriveva qualche anno fa Michela Marzano; lui come un mostro incapace poiché uomo (e quasi giustificato per questo) di controllare i propri impulsi aggressivi e sessuali.

Così, inconsapevole e disumanizzato, il soggetto-carnefice non potrà certo rispondere al principio di responsabilità! Insieme a questo il pregiudizio del “se l’è cercata” che risuona quasi come una squallida liturgia ogni volta che viene denunciata una violenza di genere. Poi ancora il victim blaming, ovvero la consueta colpevolizzazione della vittima la cui veridicità del racconto sembra essere messa in discussione dalla società e, al contempo, la normalizzazione del comportamenti aggressivi dell’uomo, come fosse espressione di una naturalità intrinseca a questo quella del ‘predare’ con violenza la donna. Il tutto condito con pagine e titoli che raccontano le vicende romanticizzando il femminicidio, facendolo passare per “delitto passionale” sulla vecchia scia del delitto d’onore: “L’ha uccisa perché l’amava troppo”. Ma cosa c’entra, con questo, l’amore?

Sembra più che necessario oggi, a proposito di questi temi, il libro pubblicato recentemente della giornalista, sex columnist, femminista e attivista Carlotta Vagnoli, “Maledetta sfortuna”, saggio prezioso che ci insegna come “vedere, riconoscere e rifiutare la violenza di genere” spaziando dall’indagine storica sulla violenza di genere a quella sulle pratiche verbali che tutt’oggi la racchiudono. Che l’informazione possa portare anche un po’ di fortuna?

Francesca Padovano

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