Com’è bella la città, com’è grande la città- di Maurizio Padovano

Com’è bella la città, com’è grande la città- di Maurizio Padovano

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Molti anni fa, così tanti che non so ben dire quando, mi è capitato di leggere un racconto di Julio Cortazar che mi lasciò letteralmente senza fiato.

L’autore vi descriveva una situazione abbastanza comune - un ingorgo automobilistico in autostrada - per trarne però conseguenze apocalittiche. L’ingorgo durava giornate intere, settimane, poi mesi. Fantascienza? No. Vedeva il futuro lo scrittore argentino, il destino ineluttabile delle grandi concentrazioni urbane e ne tirava le conseguenze. Quel futuro, ne ero certo, non sarebbe mai arrivato in maniera così catastrofica a Bagheriopoli. E invece…

Devo percorrere ogni mattina circa tre chilometri per raggiungere il luogo di lavoro. Se potessi deambulare senza fastidio (questo è un problema mio) e in condizioni di sicurezza andrei a piedi e non impiegherei più di trenta minuti, (e questo non è un problema personale: il mio primo chilometro di strada è privo di marciapiedi - via Vanellone del Fonditore - e in più da qualche anno, da quando lungo quella strada sono sorti numerosi parcheggi per tir e camion ciclopici, una originaria interpoderale è diventata un rischiosissimo percorso a ostacoli; metà di via Città di Palermo non è percorribile dai pedoni). Insomma, sono costretto all’automobile, come molti miei concittadini: e come loro mi sono ritrovato, negli ultimi mesi, a rimanere sempre più spesso imbottigliato in un traffico infernale, snervante, avvilente - come quello raccontato da Cortazar. Il tragitto via Città di Palermo/via Consolare - dato che devo raggiungere il Liceo Scientifico F. D’alessandro in via Sant’Ignazio di Loyola - in certe fasce orarie (7,45/8,30; 12,00/13,30) è impossibile: la settimana scorsa per fare in automobile quei tre chilometri ho impiegato fino a 50 minuti. Chi deve arrivare oltre, cioè allo svincolo autostradale o in zona Incorvino, deve aggiungere almeno altri venti minuti di percorrenza: lungo il tragitto infatti ci sono altre due scuole. Si dirà: è stato un errore urbanistico imperdonabile concentrare tante scuole solo in determinate aree. Un errore del passato che oggi scontiamo amaramente. Certo, per chi ha governato la crescita urbanistica di Bagheriopoli tra gli anni ’50 e gli anni ’90 del secolo scorso andrebbe pensato una bolgia infernale ad hoc. Ma le colpe dei padri ricadono maggiormente sui figli nella misura in cui essi, i figli, non sanno assumersene la responsabilità. I disastri del passato non esentano gli amministratori di oggi dal cercare una soluzione, e rendercene partecipi.

Non ho mai visto, in queste prime settimane del nuovo anno scolastico, un vigile urbano a tentare di mettere ordine nel delirio del traffico cittadino. Forse ha ragione un mio amico: un vigile non potrebbe certo rendere più fluida e solerte la circolazione. Mancano le strade, non solo i vigili. Non c’è dubbio però che vedere i vigili urbani al loro posto sarebbe il minimo sindacale per frenare l’istintiva anarchia dell’automobilista baarioto, innamorato del parcheggio in terza fila, fanatico dell’abbandono del veicolo su ogni sporgenza che somiglia a un marciapiede o in prossimità di quelle invasioni delle carreggiata che sembrano baracche messinesi e invece sono espansioni esterne di bar, pizzerie, drinkerie: in piena strada, sull’asfalto! E pensare che un tempo in questa città erano state istituite le strisce blu…e ci avevano fatto sentire un po’ mitteleuropei…

La situazione sopra descritta, nelle medesime fasce orarie, la ritroviamo in altre zone della città: l’asse di corso Butera dall’altezza di via Lo Bue fino a via Libertà (via Dante e strade adiacenti comprese); tutto l’asse via Roccaforte/ via Diego D’Amico/via Papa Giovanni XXIII. Ma è osservabile anche in fasce orarie diverse. Via Filippo Buttitta e Via Città di Palermo sono intasate per larghi tratti della giornata (soprattutto nella fascia pomeridiana e fino alla prima serata) da interminabili file di automobili in coda; lo stesso dicasi di via Mattarella e via Libertà. Insomma, chi volesse percorrere il perimetro della città tra le 17,30 e le 19,30 - a scuole abbondantemente chiuse - impiegherebbe di sicuro un tempo di molto superiore a quello ragionevolmente necessario. Che fare?

Questa brutta e destrutturata periferia di Palermo che siamo diventati mi pare - a guardare i cittadini rassegnati dentro gli abitacoli delle loro inutili automobili - abbia raggiunto uno dei punti più bassi della sua storia civile. Non si ha in generale, qui a Bagheria, nemmeno voglia di indignarsi, di lamentarsi dello status quo: nessuno pensa a innalzare proteste o inscenare azioni di contrasto a questo andazzo. Nessuno ci crede più. Guardiamo in silenzio i grigi, malinconici, governanti di questo inizio millennio - con la loro difficoltà a parlare alla gente senza rimanere invischiati negli slogan di sempre o nelle nuove, incolori parole d’ordine (comprensorio… resilienza… bla bla bla) - e siamo certi che la cosa peggiore non è la loro inadeguatezza allo stato delle cose, o la loro intelligenza del tempo presente, ma la certezza che non siano all’altezza di pensare la città dei prossimi cinquanta anni. Chi lo è, del resto? La città dei nostri figli e dei nostri nipoti fa paura, come il futuro in generale: soprattutto se dobbiamo attenderlo in coda, nevrotici e sudati, affranti e incazzati, negli abitacoli delle nostre automobili.

Cantava Gaber, in tempi non sospetti, con quell’ironia che è segno certo di superiore intelligenza:

Com’è bella la città,

Come e grande la città…

E tante macchine, sempre di più

sempre di più, sempre di più…

P.S.: Il racconto di Cortazar sopra menzionato è Autostrada del sud, e si trova nella raccolta Tutti i fuochi, il fuoco. Chissà che non se ne possa trarre, tutti insieme, ispirazione.

Prof. Maurizio Padovano

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