Breviario ludico sulla pornografia

Breviario ludico sulla pornografia

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La pornografia, come del resto la stragrande maggioranza delle espressioni dell’umanità, non è invenzione moderna.
Crediamo d’inventare, intuire, scoprire, ma così non è: è sufficiente un po’ di memoria (storica) per rendersi conto del fatto che “l’assoluta novità” non esiste.
Semmai ci troviamo innanzi a variazioni più o meno originali sul tema, interpretazioni insolite, travate bizzarre per la ri-edizione di un’idea.

Parrasio fu il primo pornografo di cui si conosce il nome. Ai tempi di Socrate, follemente invaghito d’una prostituta, dipingeva le morbide forme della “donnina” sui luoghi più rappresentativi di cui disponeva, dando paternità alla lunga e fortunata tradizione dell’illustrazione erotica.
In quell’Olimpo confuso e felice di dei, uomini ed eroi che fu la Grecia epicurea, dionisiaca e pederasta, non si risparmiava niente e nessuno, il costume sociale s’inventava e sperimentava giorno dopo giorno, e si inauguravano le consuetudini culturali: la maieutica era uno strumento fondamentale per la crescita intellettuale dei fanciulli, grande intuizione – ma sui metodi educativi e sull’ortodossia della disciplina “qualche” perplessità a riguardo oggi la nutriamo.
I Romani, non meno goderecci dei Greci, manco a dirlo, hanno lasciato pregevoli raffigurazioni ispirate a Eros sulle mura di Pompei, donando alla rappresentazione pornografica dignità estetica pari a quella di altri soggetti.

Per forza di cose, nel Medioevo la scelta ripiegò sulle “nature morte”: armonie essenziali e sobrietà di contorni meglio rispondevano alla sete d’astrazione del tempo e ai dictat dei Papi, indiscussi signori della cultura.
E Dante Alighieri spende più parole sull’eziologia onomastica di “Beatrice” che non sulla bellezza delle forme fisiche della donna amata.

Ancora a lungo camminarono fianco fianco la tensione verso una visione ascetica della vita e la sublimazione degli impulsi più profondi dell’uomo; Umanesimo e Rinascimento, infatti, puntarono tutto sulla forza mentale dell’uomo, sui suoi slanci filosofici piuttosto che passionali.
I "Lumi" fecero finalmente luce sull’ingiustizia oscurantista di tale censura tematica, il sesso è fra le più vivide e fedeli rappresentazioni della “commedia della vita”, dicevano. Fiorirono diari, storie romanzate d’avventure erotiche di simpatici sessuomani, fra tutti Don Giovanni, la sex-machine più idolatrata di tutti i tempi: da Mozart a Kierkegaard, non poteva non parlarsene, era nato “il caso” già per i suoi contemporanei.

Nel Novecento la pornografia, illustrata e scritta, godendo della conquista di sempre nuovi spazi nella vita sociale dell’uomo e della liberalizzazione a 360 gradi nelle diverse forme artistiche dell’attività umana (scrittura, pittura, scultura, televisione, musica, fotografia, cinema), diventa soltanto una questione di “gusto”.
Torna di moda il dibattito fra “arte” e “tecnica” applicato all’eros e alle sue prestazioni, pardon rappresentazioni !, e nel cinema si ha l’estremizzazione più significativa a riguardo.

È poi con la diffusione di Internet che il baricentro della discussione si sposta: non più una questione di piacere personale, di propria sensibilità estetica, o comunque non soltanto, ma una questione di "etica". E quando la morale è chiamata in causa, si sa, la soluzione non è mai pacifica.
Le nuove tecnologie offrono non soltanto la possibilità di recupero facile e veloce di materiale pornografico, ma mettono alla portata di tutti (e proprio questa sembra la nota più importante su cui riflettere) strumenti utili alla produzione, riproduzione, diffusione di questi prodotti.
Purtroppo però la nostra esperienza, con il triste esempio di fatti di cronaca d’oggigiorno, ci dice che il buon senso non basta, ma occorre determinare il limite, individuare il confine, quello più importante di tutti, il più difficile da etichettare, il confine fra bene e male.
Gnose se auton, dal greco, conosci te stesso.
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