Tragedia di Casteldaccia, il sindaco Di Giacinto e altre 2 persone condannate a 3 anni di carcere

Tragedia di Casteldaccia, il sindaco Di Giacinto e altre 2 persone condannate a 3 anni di carcere

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Il Tribunale di Termini Imerese presieduto dal Giudice Vittorio D'Alcamo ha emesso la sentenza di primo grado nel processo per la tragedia di Casteldaccia del 3 novembre del 2018, in cui a causa dell'esondazione del fiume Milicia, nove persone morirono dentro una villetta abusiva costruita a pochi metri dal letto del fiume. 

Sono stati condannati a tre anni di reclusione e cinque anni di interdizione dai pubblici uffici il sindaco di Casteldaccia, Giovanni Di Giacinto, l’architetto Maria De Nembo e il proprietario della villetta Antonino Pace.

La sentenza arriva alla vigilia delle elezioni amministrative di Casteldaccia, che si svolgeranno domenica 28 maggio e che vedono il sidnaco uscente Di GIacinto, oggi condannato, ripresentarsi agli elettori per la riconferma.

I danni saranno liquidati in separata sede, ma il tribunale ha disposto una provvisionale di 100.000 euro in favore di Luca Rugho e altrettanto per Giuseppe Giordano che nella tragedia persero diversi parenti. Il tribunale ha deciso provvisionali da 50 a 30 mila euro per le altre parti civili rappresentate dagli avvocati Barbara Mistretta, Maria Valentina Morgana e Anthony De Lisi.

Gli imputati erano accusati di omicidio colposo. Durante il processo erano state archiviate diverse posizioni come per l’ex sindaco dal 2013 al 2018 Fabio Spatafora, e i dipendenti comunali Rosalba Buglino, Alfio Tornese e Michele Cara Pitissi, tutti e tre dell’ufficio comunale con competenze in materia di sanatoria o condono edilizio. Archiviazione anche per Concetta Scurria, moglie di Pace, proprietario dell’abitazione.

Quel giorno era prevista un’allerta rossa e la villetta fu invasa da una fiume di acqua e fango che non lasciò scampo ai nove componenti del nucleo familiare in contrada Dagali di Cavallaro che morirono affogati.

L’indagine condotta dai carabinieri è stata coordinata dal procuratore capo di Termini Imerese Ambrogio Cartosio e dai sostituti Luisa Vittoria Campanile e Carmela Romano. Si salvarono solo in quattro: Giuseppe Giordano, commerciante di moto che aveva in affitto quella villetta vicino al fiume Milicia che riuscì a sopravvivere aggrappandosi ad un albero; il cognato Luca Rughoo e le loro due figlie di 11 e 12 anni che erano andate con lo zio a comprare i dolci. Quella villetta risultò abusiva e con un un'ordinanza di demolizione dopo un altro alluvione nel 2009 che era rimasta lettera morta. 

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