Quella mostra di Guttuso del 1962

Quella mostra di Guttuso del 1962

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Nel 1962 si svolse alla Montagnola, a Villa Serradifalco, la prima grande mostra antologica di Renato Guttuso a Bagheria.
Guttuso era da tempo considerato in Italia, ma non solo, uno dei più grandi pittori contemporanei.

I bagheresi cominciavano ad avere coscienza ,conoscenza e consapevolezza dello dimensione artistica di questo grande pittore, loro concittadino.
Per cui l’allestimento di questa prima “antologica”, rappresentava il primo tributo della sua città natale alla sua arte.

L’organizzazione della mostra fu particolarmente laboriosa: Guttuso era già allora una figura “trasversale”: comunista sì, ma amico di preti e di sindaci democristiani ( nella fattispecie di Don Armando Trigona della Floresta , di Guglielmo Ingrassia, sindaco dell’epoca, e di Erasmo Lo Piparo, che sarà sindaco di Bagheria qualche mese dopo, oltre che di Enrico Carollo, bagherese trapiantato a Roma collezionista ed esperto d’arte, che era stato da tramite con gli amministratori di allora..
D’altro canto i comunisti “sentivano” Renato Guttuso come uno di loro: un artista, un intellettuale che con la forza della sua pittura poneva al centro i problemi della sofferenza e dello sfruttamento, e del riscatto delle classi più deboli.
Ragion per cui la sua mostra suscitò a Bagheria una attesa spasmodica , risultando quello che oggi verrebbe definito un “evento”.

Fu per questo che la sezione comunista di allora , segretario Antonio Martorana, preparò un manifesto, affisso nell’immediata vigilia della mostra, in cui si diceva più o meno “ La sezione comunista di Bagheria saluta il compagno Renato Guttuso"
Apriti cielo: non l’avessero mai fatto!
Telefonate concitate ; riunioni, conciliaboli, tentativi di mediazione a livello locale : quel manifesto non s’aveva da fare.
Iniziò un braccio di ferro che si protrasse per una intera giornata.
I comunisti non recedevano dal loro diritto sacrosanto di definire compagno un comunista, e di porgergli il benvenuto alla vigilia della inaugurazione della mostra.

La Democrazia Cristiana di quegli anni a vedere rosso diventava furiosa.
Bisogna pensare ai tempi che erano: eravamo in piena guerra fredda, lo scontro politico era durissimo, il partito comunista avanzava sempre nelle varie consultazioni elettorali; si era alla vigilia di mutamenti epocali nella politica; siamo nel periodo che precede il primo centro sinistra ; qualcuno temeva una concreta possibilità di una “presa del potere” da parte dei comunisti .
La Democrazia Cristiana di allora pronunciò pertanto il suo “non possumus”.
Ci dispiace tanto, disse il sindaco di allora , Guglielmo Ingrassia: o togliete quel manifesto o la mostra non si fa:
A quel punto con le autorità pronte a partecipare all’inaugurazione, con la mostra allestita , con la febbre dell’ evento che cresceva , sarebbe stata una soluzione disastrosa.
Fu allora che scese in campo quello che molti, molti anni dopo, verrà da qualcuno definito , il “cardinale rosso”, Paolo Bufalini, allora segretario regionale del Partito Comunista in Sicilia.

La sera che precedeva l’inaugurazione venne a Bagheria di gran carriera, incontrò il Direttivo della sezione comunista e “convinse” i compagni che quel manifesto, poco consono alla immagine ecumenica e universale di Renato Guttuso, e che invece con quell’appellativo “compagno” metteva su Guttuso una sorta di ipoteca di appartenenza, andava tolto.
E così fu: durante la notte precedente l’inaugurazione Antonio Martorana e i compagni attacchini in fretta e furia e con la rabbia in corpo coprirono con fogli bianchi i manifesti incriminati, e la mostra potè avere luogo e fu naturalmente un grande successo.

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