Il Settecento bagherese: architetture alchemiche in cerca di perfezione

Il Settecento bagherese: architetture alchemiche in cerca di perfezione

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Non so a quanti di voi sia mai capitato di sentire irrefrenabile l’impulso alla condivisione di un’emozione profonda, tanto intensa ed intima da temere fosse troppo personale per essere largamente condivisa. Succede, oh sì. Ebbene, quando questo succede è magia: è estasi dell’essere umano, è mistero dell’universo, è speranza del futuro. È l’incanto di una rivelazione, è lo stordimento di una confessione, è il contatto con il divino.
È quello per cui fummo fatti
.

 

Attraversiamo la corte ariosa di Villa Valguarnera. Rosanna ci viene incontro, lievemente accigliata per via della luce che ferisce il taglio cristallino dei suoi occhi.
Saluta Eugenio Falcone e mi tende la mano. Non posso non notare, immediatamente, il rametto di corallo che si adagia spigoloso sul suo petto: il corallo, infatti, stando ai maestri (o dovrei forse chiamarli profeti?) dell’alchimia, è la pietra filosofale, è l’elemento della natura che rappresenta, nel modo più efficace e limpido possibile, la sintesi di tutti i procedimenti alchemici, o “stadi”, che concorrono alla trasformazione della materia da “bruta” in “preziosa”, e simbolicamente, da grezza in oro.

In realtà scopriamo, addentrandoci nella lettura della tesi sostenuta da Rosanna Balistreri nel suo libro Alchimia e architettura, un percorso fra le ville settecentesche di Bagheria (Eugenio Maria Falcone Editore), che per gli appassionati di studi alchemici e per i vari cultori, attraverso i secoli, di questa disciplina “filosofica” – a torto spesso equivocata e considerata poco più che stregoneria – che il fine perseguito non è quello di far divenire oro la materia impura e grossolana, ma è invece qualcosa di più sottile, di più, spiritualmente, alto.
Il raggiungimento della pietra filosofale è la capacità stessa dell’uomo di farsi sempre meno umano, e quindi più divino; è la redenzione dal caos, da quello stadio della natura primordiale e confusionale ad uno stadio più “evoluto”, nobile, puro: è lo stadio dell’Armonia, ossia della perfezione raggiunta attraverso le fatiche dell’ascensione, della sublimazione da materia abietta a “spirito illuminato”.

Artemisia, salvia, cardamomo, iris, lavanda, anice, mandragora: sono solo alcuni dei mille odori, aromi, essenze profumate che accompagnano la nostra passeggiata; le parole s’intrecciano fra i sentieri minuti del giardino di “incensi” che percorriamo, con sorpresa continua del nostro naso e delle mie orecchie.

Uno degli enigmi più fitti della nostra storia locale sembra voler cedere alla seducente ricostruzione di Rosanna Balistreri: quell’incomprensibile concentrarsi di mostri, di rozze figure di nani, pupi storti e statue deformi a Villa Palagonia, altro non sarebbe che la rappresentazione figurativa dello stato di caos in cui versa la natura al principio, e quindi la mente dell’uomo scevra di studio e disciplina, il mondo concepito senza ordine, lo "status quo" perfettibile.

Ma non soltanto l’architettura esterna di Villa Palagonia fa da cornice a questi grandi temi; anche all’interno, e nella Sala degli Specchi in particolare, troviamo esplicite allusioni alle pratiche alchemiche, in un curioso e divertente contrappunto di immagini prese dal mondo dell’arte e della mitologia insieme a metafore relative ai diversi stadi della sperimentazione alchemica. Villa Valguarnera, in special modo con gli addobbi scultorei presenti sul cornicione della facciata principale, rappresenta invece la delicata fase della ricerca, della fatica, della verifica dei mezzi e degli strumenti in nostro possesso per il raggiungimento dell’agognata meta.

Le statue di Apollo, Mercurio, Nettuno, Giove, Ercole, Gamenide, sono, infatti, imperiture interpretazioni di quel percorso “a tappe verso la perfezione” che è fine ultimo dell’alchimia.

 

Un cammino che si ricongiunge, storicamente, topograficamente e alchemicamente, a Villa Butera, e precisamente al suo piano nobile, dove si trova l’affresco sulle Dodici fatiche di Ercole, uno fra i miti più significativi della dottrina alchemica, che è sinonimo pittorico del “coronamento dell’Opus”.


 

 

Ma la rivelazione più importante per chi voglia accostarsi al fascino infinito di questi studi, avviene sulla “Montagnola”, il promontorio alto 165 mt che sorge a fianco di Villa Valguarnera.

 

 

Ed è donna Vittoria Alliata di Villafranca (la prima nella foto a sinistra), di cui fra l’altro è la firma in calce alla pregevole presentazione al volume della Balistreri, a parlarmene.
Man mano che lo stupore per la bellezza e l’atipicità del posto mi rapisce tutti i sensi, l’arcano vien rivelandosi pian piano, attraverso le parole della principessa: ricca di mille citazioni, fitta di rimandi alla storia, memorie di illustri visitatori dei tempi che furono, la conversazione acquista il sapore, vagamente malinconico, dell’esperienza irripetibile.

La Montagnola fu intesa nei secoli scorsi come un vero e proprio tempietto sacro, luogo di meditazione e culto alchemico: dallo straordinario impianto piramidale, di derivazione mesopotamica a “ziqqurat” ottagonale nella sua sommità, essa rappresenta la volontà dell’uomo di avvicinarsi alla divinità.
Prima di raggiungere la cima ci imbattiamo nella cappella all’interno della quale è raffigurato il mito di Aci e Galatea, altra “parabola letteraria” essenziale ai fini della comprensione della filosofia alchemica.

Sulla vetta invece, era posta a sua custodia una statua maestosa raffigurante Urania, simbolicamente lì a presidio dell’avvenuto miracolo foriero di svariati significati: l’uomo attraverso la ricerca alchemica (che si esplicita anche attraverso l’ascensione in senso letterale del promontorio) raggiunge la sua perfezione.

Da quest’altezza è solo il pudore che non fa dire cosa si prova ad ammirare il panorama che ti circonda per intero: come presi in un mistico abbraccio ci sono i golfi di Palermo e Termini, la vecchia Solùnto abbarbicata sotto il sole, gli scheletri delle antiche tonnare, le ombre lunghe delle cave di tufo, il pallido ricordo degli agrumeti e il male nauseabondo dell’abusivismo edilizio.

Abbandoniamo la Montagnola, facendo lentamente ritorno a villa Valguarnera. E mentre ancora scorrono nella mia testa le immagini rubate alla bellezza senza tempo di quel panorama, penso alla coraggiosa ostinazione di Vittoria Alliata, alla luce che si accende nei suoi occhi quando parla dei “suoi” luoghi, alla sua infaticabile voglia di dare un volto e un nome alle cose preda dell’oblio umano, di proteggerle dal male più insidioso di tutti, l’indifferenza.

A Rosanna Balistreri (foto a destra), e a tutti i bagheresi che come lei sono ancora in grado d’aprire grandi spazi di riflessione sulle dinamiche della nostra storia e sulle radici culturali del nostro territorio, và un ringraziamento personale.

Infine, vi ricordiamo l’appuntamento con la presentazione ufficiale di “Alchimia e Architettura – un percorso fra le ville settecentesche di Bagheria”, Rosanna Balistreri, Eugenio Maria Falcone Editore, per il prossimo 14 novembre, alle 17.30, presso la libreria Kalòs di Palermo, in via XX Settembre 58.

Mentre sabato, 1 novembre, andrà in onda su TeleOne, alle ore 14.45, uno speciale dedicato a questi temi con interviste di Marina Galioto a Rosanna Balistreri e Vittoria Alliata di Villafranca, con riprese inedite sulla Montagnola.

* Immagini e foto tratte da Alchimia e Architettura – un percorso tra le ville settecentesche di Bagheria, di Rosanna Balistreri, Eugenio Maria Falcone Editore.

Referenze fotografiche: Fosco Maraini (in Archivi Alliata); Francesco Alliata; Rosanna Balistreri; Giovanni Battista Maria Falcone; Melo Minnella; Rosario Scaduto; Eugenio Maria Falcone.








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