All’ombra del proprio studio - di Ezio Pagano

All’ombra del proprio studio - di Ezio Pagano

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L’augurio è che Bagheria torni a essere la città intellettuale che era, dove i bagheresi, orgogliosi di esserlo, vivano felici e contenti.

Bagheria è piena di intellettuali che, a torto o a ragione, non partecipano più alla vita culturale della cittadina, perché preferiscono l’ombra del proprio studio al sole dello “stradonello”.
L’altro giorno in una conversazione si diceva che Bagheria è piena di artisti; io pur essendo d’accordo con chi sosteneva questa tesi, mi resi conto che l’interlocutore diceva una cosa giusta pensandone una sbagliata, quindi lo sollecitai a fare un elenco di nomi; così ho avuto l’immediato riscontro: il mio interlocutore confondeva i pittori con i creativi, definendoli tutti artisti.
Per comprendere quello che intendo dire è necessario riflettere sul significato etimologico della parola creativo, capacità di “creare”, ovvero spingersi oltre i confini del conosciuto per esplorare possibili cose che possono cambiare il mondo e chi lo vive.
È quello che hanno fatto Pollock, Beckett, Stravinsky o Gehry, per citarne alcuni.
È vero anche però, che i creativi vengono compresi con ritardo, perché il loro linguaggio risulta troppo complesso a una superficiale lettura. A questo proposito diceva Ennio Flaiano: “Il peggio che possa capitare a un genio è essere compreso”.
Per questo chi dipinge senza creatività non è da considerarsi artista ma solo pittore. E Bagheria di pittori ne ha tantissimi, molto più degli artisti che pur sono tanti; basta visitare il “Museo Guttuso” e vedere cosa c’è alle pareti. Un allestimento che va bene per accontentare i pittori locali, ma non è quello di cui ha bisogno Bagheria per rilanciare il turismo culturale come avviene a Rovereto con il Mart, a Ferrara con il Palazzo dei Diamanti, a Milano con il Museo del ‘900 e in altre realtà.
Il mio auspicio è quello che il Teatro comunale di Bagheria non diventi come il Museo Guttuso, che per favorire tutti i pittori locali è diventato un museo provinciale di quart’ordine. Scegliere di affidare il teatro a tutte le Associazioni del territorio (per come è stato detto) e no alla migliore, è un ulteriore grave errore! Questa non è più la città di Buttitta, Guttuso, Scianna e Tornatore, è la città dei nuovi saltimbanchi. Questa, un tempo si chiamava politica clientelare, oggi, come si chiama?

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