Sulle tracce di Renato Guttuso- di Ezio Pagano

Sulle tracce di Renato Guttuso- di Ezio Pagano

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Guttuso: “Mi sono preso le mie colpe, e ho, com’è d’uso, continuamente rimesso in discussione i miei pensieri, confermandoli, o buttandoli anche, qualche volta, nella spazzatura, come è giusto faccia un uomo, finché vive”. Ma al Comune non la pensano così e con il silenzio mandano a dire: “Calati junco chi passa la china” (…)

Ho scritto tante volte che Bagheria può cambiarla la cultura, non comunque quella che si pensa sia cultura. Infatti, quasi tutte le iniziative “culturali” che l’Amministrazione ha avallato ci consegneranno una Città mal messa. Quello che più preoccupa è la buona fede degli amministratori.
Vivere nel tempo di internet è come guardare il mondo dal buco della serratura. Con questa larga veduta è facile criticare la modernità, io per primo lo faccio, anche se poi non riusciamo a separarci dalla tecnologia. A proposito del nostro tempo, quando rimaniamo delusi di qualcuno o di qualcosa diciamo con aria rassegnata, il mondo è cambiato, senza dire che è cambiato in peggio. Per fare un esempio, prima, si iniziava un discorso dicendo “io dico che …” mentre oggi, si esordisce dicendo “io penso che …”. Ḗ questo cedimento che rappresenta in peggio la Società di oggi. Questa disquisizione richiederebbe un approfondimento che l’articolo non prevede, sicché passo ad occuparmi dell’argomento in oggetto: “Sulle tracce di Renato Guttuso”.
Il mio obiettivo è quello di fare un’analisi critica a tutto tondo dell’uomo e dell’artista Renato Guttuso, un esuberante signore che sin dalla nascita ha fatto la differenza perche é da sempre “un bagherese non nato a Bagheria”. La mia speranza è che si riescano a capire meglio l’uomo Guttuso e la sua arte, entrambe sospese nelle contraddizioni di tipo personale, artistico, politico e religioso.
Quarant’anni fa, il 21 settembre del 1981, con la Galleria che funzionava male come oggi, inviai un documento con oggetto: “Galleria Comunale d’arte Moderna e Contemporanea” al Signor Sindaco di Bagheria, al “Giornale di Sicilia”, al giornale “L’Ora”, a Radio Stereonda e alla RAI. E se gli amministratori di allora ravvisarono il problema e intervennero, oggi, non sono bastate decine di articoli a far comprendere che c’è un problema serio al Museo Guttuso e con tracotanza si lascia correre.
Se può essere utile, ricordo alcuni nomi di chi la pensava come me quarant’anni fa: il prof. Franco Lo Piparo, il fotografo Ferdinando Scianna, il regista Giuseppe Tornatore, il vicedirettore del Giornale Radio Rai Pietro Antonio Buttitta, l’on. Giuseppe Speciale, l’on. prof. Nino Buttitta, il prof. Giuseppe D’Alessandro, il prof. Natale Tedesco, il prof. Nino Morreale, il poeta Ignazio Buttitta, il poeta Castrense Civello, il poeta Giacomo Giardina e molti altri autorevoli intellettuali, ma anche Isidoro Canfarotta, autista tuttofare di Renato Guttuso presente in “missione segreta”.
So che per molte persone questi argomenti non sono importanti, so anche che per altri pochi ma di qualità lo sono. È per i secondi che scrivo le mie riflessioni e mi batto affinché Bagheria possa avere il suo museo funzionante.
Il verdello fest, il food, l’artigianato e ogni altro aspetto positivo di Bagheria, ivi compresi i protocolli con la Cina, servono da corollario per il rilancio della Città delle Ville e della Cultura che questa Amministrazione maldestramente ha ritenuto di dover ribattezzare Città delle Ville e del Gusto.
I baharioti abbiamo sempre sostenuto di avere una marcia in più, ed è vero. Infatti, se la Sicilia ha tre gambe (di colapesciana memoria), Bagheria, senza ricorrere alla leggenda, ne ha quattro: Buttitta, Guttuso, Scianna e Tornatore. É con questa metafora che mi rimetto all’intellighenzia bagherese.

Nella foto di copertina il nuovo logo per la promozione del Comune di Bagheria.

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