Se dipende dal DNA come io credo, perche continuare a definire l’atteggiamento di Tizio, Caio e Sempronio, mafioso?
Sin dall’inizio manifesto la mia contrarietà per l’intestazione dell’aeroporto di Palermo a Falcone e Borsellino e non perche sia contrario ad un omaggio ai due giudici dell’antimafia, anzi, se dipendesse da me gli avrei intestato un luogo più importante e consono, come ad esempio il Palazzo di Giustizia.
Trovo inopportuno l’aeroporto, perché i turisti vengono in Sicilia per eliminare le tossine e noi come prima cosa gli ricordiamo che sono in terra di mafia.
Poveri turisti che arrivano con la voglia di godersi l’arte, il mare, i monti, le campagne, il cibo nostrano e il desiderio di vivere con leggerezza.
Ma che c’azzecca direbbe il giudice Antonio Di Pietro.
Ho ripreso questa vecchia storia perché si collega con una risposta che Renato Guttuso diede ad una giovane giornalista, la quale gli aveva fatto notare la mancanza di armonia tra lo stile delle sue pitture e l’edificio dove erano state dipinte (showroom Olivetti, Roma); Guttuso con un tono irritato gli rispose: Cara amica, la politica è un oggetto misterioso che mescola tutte le carte, sono d’accordo con Ugo (Sissa), il mio affresco ha scassato il ritmo di quello spazio prezioso, ma ho anche preso un sacco di soldi ed è stato il mio lancio. Fine della storia!. Mi chiedo se questo non è un modo di parlare mafioso.
Per questo la questione mi sta a cuore e mi inquieta, perché Guttuso non era mafioso, mentre la sua oratoria, come quella di tanti siciliani, forse si!
Ora torno a parlare di questa storia per dire che secondo me la mafia, per come la intendono certi magistrati giudicanti, non esiste. Attenzione! Non sto dicendo tout court che non esiste la mafia. Dico solo che certi modi di dire e di fare di molti siciliani sono talmente naturali che non dovrebbero configurarsi come mafiosi.
Avete presente la maestra che dice al bambino monello, sei un piccolo delinquente, la cattiveria ce l’hai nel sangue, o quel professore che dice al ragazzo, scoperto a farsi una canna con i suoi amici, disgraziato tu e i tuoi amici, poi continua, la voglia di delinquere ce l’avete nel sangue; e così andando avanti con questo sangue, si tira in ballo il DNA.
E ancora, provate a guardare la camminata di un siciliano, i gesti, il modo di parlare (Guttuso docet), persino il modo di guardare (vedi la foto di copertina) e perché nò, anche il modo di pensare (Camilleri c’è maestro), poi dite se non sono configurabili come atteggiamenti mafiosi; tant’è che quando in Sicilia un bimbo manifesta queste prodezze, la madre orgogliosamente gli dice, mafiuseddu?
Detto questo, non potremmo sdoganare la parola mafioso dalla logica criminale? riportandola al suo significato originale, che non era per nulla delinquenziale.
In questo modo i siciliani che lo desiderano potrebbero sentirsi liberi di indossare la coppola, come il principe Filippo o lo scrittore Camilleri, senza che questo desti alcun sospetto.
Infine, potremmo chiamare quelli che oggi chiamiamo mafiosi, persone cattive, faccendieri, delinquenti o criminali a secondo delle loro attitudini, come fanno nel resto del mondo.
E magari aprendo il vocabolario alla voce mafioso, leggere: caratteristica attitudinale e comportamentale di una persona a tratti baggiana, nata in Sicilia, che ostenta un’eleganza vistosa dai modi marcatamente siciliani, dal parlare coraggioso e di gusto arcaico.
In conclusione, immaginate di trovarvi ad Aspra davanti un panorama mozzafiato gustando un sorbetto al limone e qualcuno che vi dice: “Siciliano sei”? al vostro Si! sentirsi dire, “allora sei mafioso” accompagnato da una sonora risata che ripaga il turista che, vuol vivere una vacanza in tutta leggerezza.