Caro Franco, le nostre memorie sono discordanti

Caro Franco, le nostre memorie sono discordanti

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Pensiamo che sia un dovere da parte di chi ha qualche anno in più, ed ha partecipato da protagonista, agli eventi della nostra comunità, riannodare i fili della memoria.
Per testimoniare delle contraddizioni ma anche del difficile processo di crescita della nostra società civile.

Perché è dalla conoscenza e dalla condivisione di vicende più o meno recenti e più in generale della propria storia, che un agglomerato di case e una moltitudine di persone diventa una vera comunità.

Proprio per questo abbiamo chiesto a Franco Lo Piparo di riferirci della sua esperienza sulle controverse vicende di Villa Cattolica.
Anche se la ricostruzione manca, per una naturale forma di pudore da parte dell’autore dell’articolo, di qualche riferimento, che aggiungiamo noi.

Il padre di Franco Lo Piparo non fu solo autorevole consigliere ma anche, nel 1964 autorevole sindaco, e imprenditore agricolo illuminato in un periodo storico in cui, erano i primi degli anni ’60, i bagheresi guardavano con ottimismo e fiducia al proprio futuro.

Quando, in parole povere, la ricchezza prodotta dagli agrumi veniva reinvestita in agricoltura.

Ed ancora: se oggi il comune di Bagheria ha, nella propria disponibilità uno dei patrimoni artistici e monumentali secondo solo alla città di Palermo, a partire dal “complesso monumentale” di Villa Cattolica a Palazzo Aragona Cutò, dal Palazzo Butera alla Certosa e al teatro dei Butera, lo dobbiamo certo a municipalità e cittadini, ma una citazione particolare va a Peppino Speciale, (di cui ricordiamo che proprio oggi, ricorre l'anniversario della scomparsa) al sindaco Antonio Gargano, per la loro forte convinzione, e a Pino Fricano per l’acquisto e l’avvio del restauro di Palazzo Butera; e anche a quell’assessore alla cultura della giunta Valentino che nel 1996 sul recupero di questi beni investì tutte le risorse allora disponibili rendendone possibile, nel giro di pochissimi anni, il restauro e la fruizione, e che era appunto Franco Lo Piparo.

C’è però un passaggio del contributo di Franco Lo Piparo, che non possiamo condividere, anche perché ci sembra molto riduttivo e semplicistico rispetto alle articolazioni delle posizioni che allora assunsero le forze politiche: ed è il passaggio in cui Lo Piparo riferisce di un blocco democristiani-comunisti contro Fabio Carapezza Guttuso, e, parrebbe anche contro il mondo della cultura.

In realtà il dissenso ampiamente motivato e articolato si riferiva ad alcuni articoli della bozza di “transazione” Carapezza-Comune che allora suscitarono perplessità negli esponenti comunisti; articoli che, ci spiace dirlo, al di là degli innegabili successi e della direzione monolitica e centralistica del Museo, hanno di fatto sottratto il controllo della struttura all’organo consiliare.

E’ stato un bene? È difficile dirlo: forse sì, ma si aprirebbe un discorso lunghissimo.
Il fatto che poi, nel dibattito in consiglio cui fai riferimento e che si svolse nei primi degli anni ‘90, qualche esponente del P.C.I. e della D.C., parlarono un linguaggio rancoroso, rude e primitivo, non inficia i contenuti di quella battaglia, che non fu di pregiudizio ma basata su considerazioni di merito e di democrazia.

Su questo punto, caro Franco, le nostre memorie divergono

In foto, il Professore Franco Lo Piparo

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