Quella sera avevo deciso di trascorrere qualche ora in compagnia del mio amico Vincenzo Romano che era di guardia al pronto soccorso.
L’ospedale si trova a pochi minuti di strada da casa mia; mi avviai pertanto a piedi dopo avere acceso una sigaretta e stringendo al collo il bavero del cappotto.
C’era freddo infatti; avrei dovuto peraltro prendere un ombrello visto che, dopo essermi da poco avviato, ebbe inizio una pioggerella che mi costrinse ad affrettare il passo.
Pensai di infilarmi dentro l’unico bar aperto per ripararmi, ma non ne feci nulla ritenendo, qualora fossi entrato, di dovere consumare qualcosa.
Ma non avevo voglia di niente e tirai dritto.
Quando arrivai, trovai Vincenzo Romano nella stanza dei computer di fronte alle due sale attrezzate per le urgenze. Egli era davanti ad un computer; accanto gli stava seduto Giovanni Raimondi di cui, spesso, leggevo piccoli pezzi sul quotidiano cittadino.
Il mio amico medico, quarantenne come me, e’ di altezza normale, ma e’ anche bene in carne, io dico che pesa oltre cento chili, e’ chiaro di carnagione e rosso di capelli; Giovanni Raimondi e’ solo un conoscente; nessuno gli ha dato la laurea in giornalismo, lo pagano per ogni pezzo che scrive, dicono che sta sempre in giro, ora al commissariato, ora al comune, ora al campo sportivo, ora al pronto soccorso. In cerca di notizie, sempre con una borsa come un impiegato, e’ un uomo basso e privo di capelli.
“Signori” io dissi. Mi levai il cappotto bagnato dalla pioggia e lo appesi all’appendiabiti nell’angolo. Mi trovai una sedia.
“Ho avuto un caso molto interessante” disse il mio amico.
“Ne parlavo con il nostro giornalista che nella sua testa costruisce in questo momento il suo bravo articolo”.
“Allora?” chiese Giovanni Raimondi.
“Penso che in chirurgia abbiano iniziato”.
“Ha detto il motivo per cui l’ha fatto?”
“Pare che il suo coso ormai non funzionasse piu’ come prima”.
“Spiegatevi, per favore! O non vi seguo” io dissi.
“L’uomo di cui parliamo ha tagliato il suo pene con un rasoio. E’ arrivato circa un’ora fa con del cotone idrofilo dentro le mutande. Ma il sangue bagnava ogni cosa e gli scolava sulle gambe”.
“E la ragione per cui lo ha fatto?” chiese di nuovo il giornalista non soddisfatto della precedente risposta.
“Come ho detto, un caso di impotenza. Con la moglie era ormai lite continua. Lo accusava di avere un’amante, una qualche donnaccia che lo soddisfaceva, di trascurarla per questo. E stasera, dopo l’ennesima lite…”
“Che modo di dimostrare che non c’era nessun’altra donna” io dissi.
“Doveva essere ben stanco, esasperato, distrutto dalla sua improvvisa inadeguatezza; e sua moglie, invece di aiutarlo, a chiedergli quello che non poteva darle”.
“Che storia!” disse il giornalista.
E Vincenzo Romano: ”Devi sapere, mio buon amico, che il nostro giornalista ha una sua segreta aspirazione. Quella di vedere un giorno pubblicate le cose che ha scritto e che, in questo momento, colmano i suoi cassetti. Scrittore lo e’, certo!
Gli manca il riconoscimento ufficiale, la patente, come direbbe Pirandello.
Una storia come quella di stasera, io sono sicuro, gli serve come spunto per un bellissimo racconto”.
“L’amico dottore vuole prendermi in giro” disse Giovanni Raimondi rivolgendosi a me.
Ma Vincenzo Romano disse: ”Io lo vedo che prende I quarantanove racconti di Hemingway che di sicuro possiede. Scorre l’indice e trova il racconto che gli interessa. Dio vi conservi allegri, miei signori. Lo rilegge. Si mette a scrivere”.
“Magari le cose andranno proprio in questo modo. Ma allora voglio tutti i particolari”.
“Presto detto. L’ultima lite dai vicini di piano fu ritenuta piu’ violenta e preoccupante del solito. Chiamata la polizia, a questa tocco’ di accompagnare qui il mutilato ch’era intanto corso in strada dal terzo piano del condominio dove abita.
Il pezzo lo ha portato la moglie giunta in macchina dopo qualche minuto. Avvolto dentro un fazzoletto . Hanno un figlio di undici anni che, per fortuna, stava a studiare a casa di un compagno mentre il fattaccio accadeva”.
A quel punto il mio amico venne chiamato per una urgenza e Giovanni Raimondi disse che voleva recarsi in chirurgia per raccogliere altre notizie. Rimasi qualche minuto da solo. Presto comunque ritornarono; il giornalista era visibilmente eccitato.
“E’ stata la moglie!” disse. “Che cosa?” dicemmo insieme il mio amico ed io. “E’ stata la moglie a mutilarlo. Mentre l’uomo riposava”.
“Come si e’ saputo?”
“Lo ha confessato lei stessa ai poliziotti. O perche’ e’ vero o per il suo senso di colpa. Lo ha talmente tormentato da costringerlo a mutilarsi.
Si sente percio’ responsabile al punto da accusarsi lei stessa. Dice che non c’e’ stata nessuna lite.
Le grida che hanno spaventato i vicini sono state dopo, quando l’uomo si e’ svegliato e ha capito quello che era successo, si e’ visto pieno di sangue, con quell’indicibile dolore bruciante”.
“Perche’ allora l’uomo avra’ detto d’essere stato lui stesso?” io chiesi.
Vincenzo Romano disse: “O perche’ e’ vero o perche’, se realmente e’ impotente, si sente comunque responsabile a causa della sua limitazione. Ma e’ impotente?”
In quel momento ci furono delle improvvise, rumorose, folate di vento e, attraverso la finestra, sollevata per un palmo, entro’ una corrente d’aria fredda che ci fece rabbrividire. “Ma perche’ quella finestra deve stare aperta?” io dissi.
Mi alzai.
Fuori aveva smesso di piovere. Abbassai la serranda e chiusi la finestra.
Fu allora che alla porta comparve una giovane donna. Ella era piena di seno e di fianchi ma era alta e, soprattutto, bella con l’ovale del volto, lievemente truccato, incorniciato da lunghi capelli castani.
Era elegante. Indossava scarpe nere puntute,un paio di jeans attillati, un giubbotto nero con maniche e collo di pelliccia grigia.
Giovanni Raimondi la guardava con occhi sbarrati sorpreso da tanta bellezza anche Vincenzo Romano la guardava allo stesso modo. A me quella gioventu’, quella bellezza, diedero un effetto malinconico.
Disse di essere la segretaria di quel pover’uomo. Era venuta per avere notizie; le aveva avute avendo ascoltato e sentito ogni cosa.
“Che roba” disse e disse anche che quella donna, la moglie, doveva essere impazzita. Magari ce l’aveva con lei. Aveva detto di avercela con lei?
Biagio Napoli