Quei cento giorni a Palermo, di Peppuccio Tornatore

Quei cento giorni a Palermo, di Peppuccio Tornatore

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Ventisette anni fa Pio La Torre e Rosario Di Salvo venivano trucidati da cosa nostra a Palermo
: La Torre era per i mafiosi il responsabile di quella legge che ancora oggi fa loro salire il sangue agli occhi: la confisca dei beni illecitamente accumulati dagli uomini di cosa nostra

Il giorno dopo il governo inviò in Sicilia il superprefetto generale Dalla Chiesa, con molte parole e pochi mezzi e poteri.
Seguì una stagione di sangue, centinaia di omicidi a Palermo e provincia , una ventina solo tra Bagheria, Casteldaccia, Ficarazzi, definito allora dai giornali il triangolo della morte.
Stagione terribile che ebbe il suo culmine il 3 settembre dello stesso anno con l’eccidio di Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente di scorta Russo.
Due anni dopo, con grandi difficoltà, sui cento giorni che seguirono all'assassinio di La Torre e Di Salvo e che videro a Palermo Dalla Chiesa, fu prodotto un film, appunto, “Cento giorni a Palermo” del regista Giuseppe Ferrara.

Peppuccio Tornatore fu il regista della seconda unità di produzione: ecco una sua riflessione sul film pubblicata nel numero di giugno-luglio 1984 sul periodico “Il Paese” diretto da Vincenzo Drago.

_______La Redazione________________________________________


CENTO GIORNI A PALERMO, di Peppuccio Tornatore


Nel finale del suo film Decamerone Pier Paolo Pasolini, nei pani di Giotto, diceva:”Ma perché realizzare un’opera, se è così bello solo pensarla?”.
Quante volte mi è venuta in mente questa frase durante l’avventurosa realizzazione del film di G.F errara Cento giorni a Palermo al quale ho collaborato come co-sceneggiatore e co-regista.

Perché avventurosa? Perché il cinema ufficiale, il cinema inteso come industria, non voleva che questo film si facesse.
I motivi?
Sostanzialmente perché gli addetti ai lavori sostenevano (credo lo abbiano sostenuto sempre) che il cinema politico e di impegno civile non interessava più il pubblico che, per altri versi, qualche mese prima aveva visto con i propri occhi attraverso le cronache televisive, il vero Dalla Chiesa inviato in Sicilia per combattere decisamente contro la mafia, subito dopo abbandonato in questa dura lotta dal governo stesso che lo aveva inviato, ed infine trucidato dai killer della mafia il 3 Settembre 1982.

Ma c’erano altri motivi a spiegazione dei secchi rifiuti della RAI, di Cinecittà, della Gaumont:


1) Le cooperative non hanno mai realizzato buoni film (per buoni film si sottintendeva dire commerciali o politicamente innocui) e Cento giorni a Palermo veniva proposto da ben due cooperative.
2) Il cinema serio si produce solo a Roma e comunque non in Sicilia. E una delle due cooperati ve produttrici del film su Dalla Chiesa 8la Cooperativa Lavoratori del Cinema e del Teatro) è di Palermo.
3) Se nel progetto del film si indicavano Dalla Chiesa, La Torre, Mattarella con i propri nomi, anche tutti gli altri personaggi dei Cento giorni avrebbero dovuto avere i veri nomi (o comunque veri riferimenti) e tutto questo non era carino soprattutto per la Rai che, abituata ormai al criterio della lottizzazione cosmica, non avrebbe mai accettato di co-produrre un film nel quale la folla fischia un Presidente della Regione Siciliana democristiano Mario D’Acquisto (vedi sequenza dei funerali dell’on. Pio La Torre) senza che ci fossero in altre scene esponenti politici di altri partiti se non proprio fischiati magari un pochino maltrattati.

Qualsiasi giustificazione poteva essere contestata, ma una cosa era certa: dovevamo contentarci solo di “pensarlo” questo film ma non pretendere di “farlo”. Forse avremmo abbandonato, prima o poi questo progetto se dopo averlo annunciato alla stampa non fosse nato spontaneamente quel vasto movimento di opinione popolare favorevole al film “contro la mafia” e se non fosse sorto un Comitato pro Cento giorni a Palermo con tutte le sue iniziative promozionali, dalle sottoscrizioni popolari e le mostre di pittura sino alla richiesta di un finanziamento pubblico che, dopo ampio dibattito, veniva accolto all’unanimità dall’ARS, l’approvazione della L.R. 14 giugno 1983 N° 62 con la quale si concedevano 250.000.000 di lire alla C.L.C.T. a parziale copertura del costo complessivo della pellicola (poco più di due miliardi) in cambio di dieci copie del film per la distribuzione gratuita in tutte le scuole siciliane.

A distanza di un anno da questi fatti, ora che il film non è più un progetto su carta ma una pellicola in giro per le sale e i circoli di tutta Italia
, mi rendo conto perché era nato tutto quell’insolito movimento e perché noi produttori stessi eravamo stati disposti a sacrificare tutto, prevendendo anche quasi tutti i diritti di distribuzione pur di potere avere i mezzi per ingaggiare un buon cast di attori (Lino Ventura, Giuliana De Sio, Stefano Satta Flores, Arnoldo Foà, Lino Troisi) e confezionare l’opera nel modo più prestigioso possibile.

Il motivo intimo di tutto ciò era questo: la memoria popolare aveva voluto rendere incancellabile quello che la memoria delle istituzioni spesso dimentica con troppa facilità, vale a dire l’opera di uomini come Dalla Chiesa, La Torre, Mattarella, Chinnici, che hanno pagato con la vita la loro battaglia contro la mafia.

Per tornare a Pasolini: ci si può accontentare soltanto di contemplare l’idea di un’opera quando essa è solo bella, ma quando è utile non si può solo pensarla, bisogna realizzarla a tutti i costi.



Peppuccio Tornatore
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