"Sfondare a Est"- di Antonio Belvedere

"Sfondare a Est"- di Antonio Belvedere

Politica
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“Ormai quando guardo questa Piazza non vedo più un parcheggio, ma vedo un'area per grandi eventi. Avere una visione è importante, riqualificare e riutilizzare lo è ancora di più” scrive sui social l'amico Giulio Castronovo, anima della GoMad Concerti, il gruppo di imprenditori creativi che ha organizzato il recente concerto di De Gregori a Bagheria.

Caro Giulio, quando per primo, agli inizi degli anni Novanta del secolo scorso, immaginai questo spazio ero lungi dal pensare che ci avrebbe cantato De Gregori. Erano - anche quelli ahimè - anni difficili: nel 1993 si insediò la prima Commissione Straordinaria. Un anno prima, l'ufficio tecnico del Comune - con un atto di forza e senza le autorizzazioni necessarie – aveva intrapreso la realizzazione di una strada di collegamento con la Stazione FS lungo la facciata ovest del Palazzo Cutò, esattamente là dove poi fu realizzato il passaggio pedonale. Ero allora direttore dei primi lavori per il restauro delle coperture della villa. Recandomi in cantiere, mi accorsi che le ruspe avevano già interrato una grande cisterna settecentesca (oggi il Palazzo non ha più una cisterna) e demolito un importante muro basso che definiva la facciata. Feci intervenire la Sovrintendenza: i lavori furono bloccati e fu ordinato il ripristino dello stato dei luoghi, che avvenne solo molto parzialmente. Avevo inviato al Comune una relazione in cui spiegavo perché quella strada - sulla quale l'ufficio tecnico di allora puntava molto - non avrebbe risolto nessuno dei problemi in gioco e che invece bisognava sfondare a Est, in quello spazio - fino ad allora chiuso e inaccessibile - che era lo scalo merci della stazione di Bagheria: uno spazio legato alla storia produttiva del paese (estrazione della pietra d’Aspra e poi agrumicoltura), in cui stazionavano ancora vecchie carrozze ferroviarie in disuso da tempo. Elaborai un progetto di massima che abbracciava vari aspetti della questione: i parcheggi per i pendolari e per i futuri fruitori della villa restaurata, la “via di Villa Cutò” (cosi avevo chiamato la congiungente Piazza Stazione-via Parisi), il ridisegno della Puntaguglia, ma soprattutto il nuovo parco della Villa Cutò. Disegnato a partire dalle tracce rinvenute attraverso la ricerca storica, questo parco nelle mie intenzioni, abbracciava la Stazione, prolungandosi a nord della strada ferrata: la fermata del treno, a Bagheria, avveniva in mezzo ad un parco, era la mia visione della Bagheria del futuro. Inviai un paio di planimetrie al Comune, poi - su suggerimento di Pino Fricano, allora assessore provinciale - le pubblicai qualche anno dopo in appendice al mio libro sulla villa (1995).

Nella foto in basso puoi vedere il vecchio scalo merci per il quale il Comune di Bagheria avrebbe poi finalmente trovato un accordo con le Ferrovie dello Stato, realizzando quel progetto che in linea di massima avevo proposto una quindicina di anni prima. Ma perché ti/vi racconto questa storia ? Si sa, invecchiando si diventa portatori di memoria e a noi “anziani” piace raccontare storie. Trovo bello e interessante anche questo tuo sguardo che scopre e conferisce nuovo significato ad uno spazio nato con altri intendimenti. La buona architettura – e questo vale anche per gli spazi urbani – è indifferente alla funzione, si presta a molteplici usi. La cattiva architettura ci ha insegnato Aldo Rossi non ha attenuanti: è come un ponte che crolla. Ed ecco il nocciolo della questione: Bagheria non ha bisogno di passerelle, di show mediatici o di propaganda e ancor meno di cattivi progetti o di maquillages a buon mercato. Ha bisogno di buone idee – come fu allora quella di sfondare a Est - e buoni progetti che possano agire in profondità cambiando concretamente la qualità della vita dei cittadini.

Antonio Belvedere

ipotesi per il riassetto urbanistico dellarea Puntaguglia Stazione 1989

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