Arte, Ambiente e Territorio

Castelbuono 11 luglio 2012, il rito si ripete…. da circa vent’anni ci si ritrova ogni anno a festeggiare l’amicizia vera, quella che da un senso alla vita, che ti fa sentire libero ed incontaminato dalle brutture della società “moderna”.

 

E’ un giorno di festa che si ripete a Castelbuono patria della famiglia Fiasconaro, si proprio loro….. quelli dei panettoni e di tante altre ghiottonerie che allietano le nostre feste.
Una famiglia all’antica, capace di stringersi attorno nei momenti di difficoltà e di gioire assieme nei giorni di festa!

E’ proprio un giorno particolare quello che i Fiasconaro dedicano agli altri, a chi è meno fortunato, a chi non ha vissuto e non vive le gioie familiari quotidiane, a chi è tormentato da un passato duro ed amaro, che segna in modo indelebile il suo presente e spesso anche il futuro.

Sono loro i Fiasconaro i veri protagonisti, gli attori che organizzano il pranzo e soprattutto l’animazione della giornata, che con una cucina tipica siciliana ed il calore della nostra gente riescono a “sciogliere” anche i più restii alla socializzazione.

Vedere correre in lungo ed in largo i piccoli della Comunità Alloggio “Amaltea” per l’area boschiva attrezzata è qualcosa che ti da brividi, veder loro assaporare assieme agli Operatori il piacere di sentirsi accolti in una “Casa familiare” è qualcosa di straordinario.

Osservare il Coordinatore della Comunità Alloggio che corre dietro di loro, e come un solo un padre fa tende la mano alla più piccola del gruppo (tre anni appena!) per accompagnarla al microfono per cantare una canzoncina o ancora spingerla sull’altalena, mi è servito a riconoscere quanto noi operatori sociali “investiamo” parti importanti di noi stessi nel nostro lavoro!

Arriva la telefonata di Don Salvatore che per impegni assunti precedentemente è stato impossibilitato a partecipare alla giornata, per dare un saluto a Martino, Fausto e Nicola Fiasconaro, un filo di emozione si coglie chiaramente nella voce di Martino.

Martino è schivo ai riflettori, a lui piace lavorare nella penombra così come gli ha trasmesso il papà Mario, non cerca le luci della ribalta ma vuole solamente essere uno strumento di pace, un operaio al servizio dell’amore e dell’amicizia, così come anche il padre ama stare con gli altri per il gusto di condividere le piccole gioie della vita, piccole gioie soltanto in apparenza perché riescono riempirti il cuore di felicità, senza per questo mai chiedere nulla in cambio.

Martino gestisce assieme ad i fratelli la sua azienda come solo un padre sa fare con i suoi figli, e non manca mai occasione di rendersi utili verso il prossimo.

Papà Mario scomparso di recente ha lasciato alla sua famiglia ed a tutti noi che l’abbiamo conosciuto una vera eredità relazionale “Vogliamoci bene in ogni momento nel rispetto reciproco, mangiamo assieme e divertiamoci” soleva ripeterci spesso, in un'altra di queste meravigliose giornate organizzate da lui alcuni anni fa.

Per Mario il convivio era uno straordinario strumento di condivisione e di socializzazione e serviva a far conoscenze, a “gustare” gli altri in una fase di apertura sincera e spontanea.

Inutile sottolineare che con Mario nacque subito una grande amicizia che si è sempre più stratificata e consolidata nel corso degli anni, rapporto di amicizia che è proseguito inevitabilmente con i figli, tanto è vero che gli stessi hanno voluto fortemente dar seguito a questa tradizione tutta nostra, che come già detto si ripete da quasi vent’anni.

Tradizione che ormai non coinvolge soltanto noi della “Casa dei Giovani” e la famiglia Fiasconaro al completo, ma che è stata sposata dall’intera comunità Castelbuonese, infatti, anche quest’anno come sempre, in molti sono venuti a trovarci nell’area attrezzata San Foca, per condividere questo sano momento di inno alla vita.

Ragazzi, mamme e nonni assieme ai giovani delle Comunità, hanno intrecciato le loro storie, raccontandosi tra un primo ed un piatto di salsiccia e patate al forno, commentando il caldo torrido ma soprattutto le difficoltà del percorso introspettivo personale portato avanti in Comunità.

Affrontare il proprio passato è certamente doloroso e complicato ma alla fine si riesce a godere della certezza del “cambiamento”, una vita nuova si schiude agli occhi dei ragazzi che possono gustare realmente la vita senza i condizionamenti delle sostanze.

In occasione di questa annuale Festa dell’amicizia” i ragazzi delle nostre Comunità, hanno saputo liberarsi da ogni pressione ed hanno saputo gustare il vero “sapore” dell’amicizia e dello stare liberi con gli altri.

Grazie Martino, grazie Nicola, grazie Fausto, a nome di tutti noi Operatori, certamente di tutti i nostri ospiti, ma soprattutto giunga a voi un bacio denso di amore e di purezza da parte della nostra piccola di Casa Amaltea.

 

                                                                                                                              Biagio Sciortino


 




 

Sono le 8 di sera, il mio treno dovrebbe partire alle 8,13.

Il benvenuto alla stazione di Palermo è un monitor che segnala la cancellazione di 4 treni.

Mi aspetta un’oretta di afosa attesa, penso.

Già, perché ci sono 35 gradi ed io sono arrivata trafelata, con una valigia appresso ed in tenuta da ordinario combattimento palermitano: capelli a sanfasò1, domati alla meno peggio da una forcina storta, “prendisole” e sandali. Di più non si sopporta.

Ma Trenitalia pare avere un moto di generosità: eccezionalmente il treno delle 8,08 per Messina fermerà anche a Bagheria, proprio dove devo andare io.

Qualcuno mi fa capire che se sono una di quelle che rischia di schiattare lì al caldo per più di un’ora nell’attesa di un treno utile, posso anche provare a salire, magari correndo. Grazie assai.

Io non ho ovviamente obliterato il biglietto, non ho fatto in tempo, ma intravedo il controllore sulla porta dell’ultimo vagone per cui - ore 8,08 in punto - cammino spedita verso di lui, così “me lo scrive” - penso - e non mi fa storie.
“Solo che”, il gentiluomo comincia a imprecare: Devi aprire la porta, che fa non si capisce? Che ci vuole? Il disegnino? Ti pare che aspettiamo a te?

Il caldo ci fa venire fuori al naturale.
Ma talè a chistu2!
Mi fermo e, ancora da lontano, gli faccio notare che è il caso di darsi una calmata anche perché è Trenitalia che sta offrendo un disservizio, costringendomi a inseguire un treno in partenza, visto che il mio ed i successivi sono stati cancellati. Tra l’altro, non ho certo chiesto io di aspettarmi.
Entro comunque su questo benedetto treno e porgo il biglietto al gentiluomo agitato perché lo validi; ancora borbotta con un fare infastidito.
Improvvisamente capisco perfettamente l’espressione “m’acchianò u sagnu n’tiesta3!”. Descrive pienamente il mio stato d’animo.

Ripropongo la storia del disservizio, lui farfuglia infuriato cose che neanche ricordo per bene: non è vero che ci sono treni soppressi e se anche è vero non li ha certo soppressi lui, lui deve finire il turno, il treno non può aspettare i porci comodi di certa gente.. ed altre amenità, ma non ha molta importanza.
Quello che ha veramente importanza è il tono: offensivo, saccente, inopportunamente confidenziale.. con un uso del ostentato tu che non capisco e che mi irrita sempre di più.
Sembra un padre che riprende malamente il figlio dodicenne un pò troppo “scanazzato”4 per i suoi gusti.

Le vorrei far notare che io non sono sua sorella e che non è assolutamente il caso che lei si rivolga a me in questo modo. Come diavolo si permette? – dico.
Risposta (quasi urlata): a si? va bene va bene, intanto tutte queste persone sedute qua ora arrivano in ritardo per aspettare te! La prossima volta resti a piedi, hai capito?

Chiude la porta della cabina di comando e mi lascia nel mio brodo tra gli altri passeggeri.
Brodo di “raggia a’màtula”5 perché l’interlocutore si è sottratto e il pubblico non è interessato al mio “allattariarmi”, visto che stavolta il problema non lo riguarda: sono io l’unica persona che avrebbe dovuto prendere il treno successivo soppresso, loro si trovano esattamente là dove dovevano stare e rischiano pure di partire quasi in tempo, visto che sono le 8,10 e due soli minuti di ritardo per la partenza sono un evento straordinario sulle ferrovie dello stato.
Lo sanno bene, che che ne dica il ferroviere gentiluomo di cui sopra.

Più tardi mia madre commenterà: “Vastasu! Però.. il fatto è che da lontano devi essergli sembrata una ragazzina!”.

L'apparenza della matricola fuori sede c'era tutta. Ok, d'accordo, ma la cosa dovrebbe consolarmi?

Domande sparse:

- Se da lontano, avesse visto un uomo, il ferroviere si sarebbe mai sognato di usare questi toni e questo atteggiamento?

- Se da lontano, avesse visto una donna “in tiro” (tacchi, stacco di coscia, tubino o tailleur e complementi d’arredo vari tipici della professionista, di fascino però), il ferroviere avrebbe trovato “conveniente” profondersi in un simile saggio di bon ton ferroviario?

E poi le domande per me, quelle forse più brucianti:
Perché mai l’unica “provocazione” che sono riuscita a tirare fuori, così.. d’istinto, lì per lì, è stata: “ma mi ha scambiata per sua sorella?”?!
Che c’entrano le sorelle? C’è forse una licenza sottile di trattare le sorelle - soprattutto quelle piccole - a pesci in faccia, dopotutto?
Tanto “un c’è cuosa6”, una sorella perdona, ci passa sopra, c’avi a fari?
Evidentemente si, la licenza c’è ed è pure ben consolidata nell’immaginario comune, non si spiegherebbero altrimenti battute come “Sé, A tò suoru!” o “Va riccillu a tò suoru”7 in risposta ad insulti e offese varie.

In fondo avrei potuto chiedergli se avessimo per caso fatto il militare insieme, nonostante io non ne avessi memoria. Invece no, lì per lì, dal magma della raggia è venuta fuori sono la solita sorella e il tentativo di dire che no, non poteva trattarmi come lei, perché io non sono come lei.
Eppure solo lei ho trovato dentro me in quel momento. Altro che raffinate riflessioni su Genere, “Generentole” e dintorni!
In seguito, scrivendo qui, ho anche fatto qualche “passo avanti”.
Avrete notato che ho paragonato il ferroviere ad un padre incazzato con il figlio ragazzino, ma mi chiedo adesso: perché? Forse che la relazione adulto-bambino è un ambito in cui, tutto sommato, un atteggiamento così arrogante e sprezzante può essere considerato “accettabile”? Certo che no, eppure..

E’ un vecchio trucco, dopotutto: Up- chiama down-. Messaggio ricevuto.
E dalla posizione down- scatta la guerra dei poveri o delle povere: “io non sono povera come gli altri (i bambini)/le altre (le donne deboli). Ergo, non mi puoi trattare così”.

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Guerra che non risolve granché, come tutte le guerre. Ma che la dice lunga su quanto ancora bisogna combattere, in noi e fuori di noi. Anche quando di “questioni di genere” e di rapporti di potere ci si occupa tutti i giorni.
Insomma, dall’immaginario collettivo al savoir fair ferroviario il passo è breve, andata e ritorno.

Prego, prima le donne e i bambini! Si accomodino!
Ancora.

Ancora.. si, perché il viaggio è ancora lungo.

Maria Luisa Bonura, Psicologa preso il centro antiviolenza "Le Onde" Palermo

 

articolo tratto da: al-mafraj.blogspot.it/

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DIZIONARIETTO PER NON SICULI

A sanfasò: in modo disordinato, "ad muzzum". Pare che abbia origine dal francese "sans façon = alla buona. Il mio sinonimo preferito: “all’ariulè”.

Ma talè a chistu! Dai questo si capisce!

m’acchianò u sagnu n’tiesta: mi è “salito”, ribollendo, il sangue alla testa.

Scanazzato: difficile da tradurre, ma molto trasparente! Amunì! Di solito è sinonimo di "sbandato", "testa calda".. ma si fa presto a dare dello scanazzato anche a chi è troppo vivace/vitale e forse .."sanamente" selvatico" per mettersi in riga.

Raggia a’màtula: rabbia (in ebollizione), ma inutile, fine a se stessa.

un c’è cuosa: non è successo nulla di importante.

“Va riccillu a tò suoru”: Vallo a dire a tua sorella.


 

Sono state nuovamente diffuse da Rosalio.it le statistiche dei siti internet di Palermo e provincia di Google Ad Planner.

Nella graduatoria relativa al mese di maggio 2012 bagherianews.com occupa il 19° posto assoluto con 110.000 visitatori complessivi, 62.000 visitatori unici (cookie + utenti) e 420.000 pagine viste.

Al primo posto per numero complessivo di visitatori il sito online del Giornale di Sicilia gds.it con 2.000.000 di visite mensili subito seguito con 1.600.000 visite da palermo.repubblica.it.

Va fatto però notare che in questa particolare graduatoria sono compresi sia i siti istituzionali, quali regione.sicilia.it, unipa.it e comune.palermo.it, rispettivamente al 3°, al 5° e al 7° posto, sia quelli che si occupano esclusivamente di sport ed in particolare mediagol.it, stadionews.it e palermocalcio.it.

Se si scorporano quindi questi sei siti e si considerano solo i siti di informazione noi “risaliamo” alla 13esima posizione.

Se poi si volesse compilare una classifica, sempre prendendo in esame i soli siti di informazione, in base al numero di pagine lette bagherianews.com occuperebbe il 9° posto.

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Ancora più significativo il nostro risultato se si usa invece come criterio per una graduatoria il tempo di permanenza nel sito, noi di bagherianews siamo invece al 4° posto assoluto tra i siti d'informazione, preceduti solo dai siti gds.it,  livesicilia.it e da Blogsicilia.it.

Sono risultati che parlano da soli, che ci inorgogliscono e ci danno l’energia per continuare in questa nostra attività, in cui ci confrontiamo con realtà editoriali del capoluogo più grosse rispetto alla nostra che operano su un bacino di utenza molto più ampio.

L’obiettivo che ci poniamo è di essere sempre di più all’altezza delle vostre aspettative e di continuare a far crescere questa realtà editoriale con un informazione pressochè in tempo reale, perchè crediamo che la competitività di un sito come il nostro passi innanzitutto attraverso la qualità dei contenuti, ma sicuramente anche per la tempestività con cui le notizie anche di cronaca del territorio vengono fornite ai lettori; senza sottovalutare la frequenza di aggiornamento e la capacità di cogliere il sentire di una città. 

Stiamo investendo in attrezzature e tecnologie per migliorare la qualità delle dirette streaming, della registrazione e messa in onda di eventi culturali e di vario genere, dei video e dell’offerta di informazione

Anche perchè come giustamente viene osservato in un articolo di commento a questi dati su Livesicilia.it, anche gli inserzionisti pubblicitari di fronte a questi numeri stanno cominciando a differenziare gli investimenti pubblicitari puntando sempre di più sul web e sui siti d'informazione in particolare.

Di seguito la graduatoria provinciale di maggio 2012 

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Clicca qui per scaricare il grafico excel con lo storico da agosto 2010 ad oggi

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Tra le emozioni più intense che si possano provare, senza dubbio, quelle dell’attesa di un figlio: l’attesa vissuta durante la gravidanza e l’attesa del periodo antecedente all’avvenuto concepimento, quando ancora ci si interroga sulla possibilità di procreare e si vivono mille dubbi e mille ansie nella paura di non sentirsi adeguati al proprio ruolo rispetto al partner e rispetto alla famiglia d’origine.

Un bambino nasce, psicologicamente, nei pensieri e nei progetti di chi lo aspetta molto tempo prima che l’attesa giunga al suo termine. Quando una coppia comincia a progettare di avere un figlio, già, fantastica ed immagina un bambino con determinate caratteristiche fisiche e psico-affettive .

La scelta del nome, per es., dice molto del figlio che desideriamo, di come lo vorremmo, di come ce lo immaginiamo. Il nome, spesso, se scelto liberamente rispetto ai nomi di famiglia riflette alcune delle aspettative dei genitori; si pensi a nomi come “Libero”, “Vittoria”, “Ivan”, “Gaia”, “Riccardo”, “Serena”, “Angelo”, “Gloria”, “Emanuele”, “Vera”….

In altri casi, invece, viene riproposto il nome dei propri genitori esprimendo una scelta di continuità, talora, libera e consapevole, talaltra, frutto di un vero e proprio “vincolo” psicologico. In quest’ultimo caso i neo genitori sentono che per essere approvati e sostenuti in famiglia “devono” soddisfare il desiderio dei futuri nonni ed attenersi alla tradizione.

Il nome di un bambino, dunque, lo rappresenta ancor prima che questi sia nato e ci racconta qualcosa del legame tra il nucleo d’origine e la famiglia allargata e delle possibili emozioni che attraversano tale legame.

Ma quanto pesa ad un bambino portare il nome di qualche familiare morto da poco tempo?

Un bambino nato in coincidenza con un lutto importante può (non necessariamente succede) ritrovarsi a compensare un vuoto affettivo, a sostituire qualcuno che non c’è più.

Un bambino, però, ha bisogno di essere differenziato, ovvero di essere riconosciuto come unico, come distinto da chiunque: da eventuali fratelli così come da persone venute a mancare nell’ambito degli affetti primari.
Per tali ragioni non farei nascere un bambino nella stessa data del fratello più grande (evento che, ormai, si può programmare nei casi di parto cesareo), non gli darei il nome di qualcuno pianto da poco né il nome destinato ad un bambino venuto a mancare a causa di un aborto.

A chi non è del mestiere possono sembrare sciocchezze; si tratta, invece, di dettagli importanti perché potrebbero (e in molti casi accade) originare emozioni che accompagnano la crescita di un bambino e lo “confondono” nel senso psicologico di farlo sentire fuso con l’identità di qualcun altro. Spesso, peraltro, non si sviluppa una consapevolezza dell’origine e della ragione di tali emozioni con conseguenze psicologiche non indifferenti nella formazione dell’identità e nell’acquisizione di una propria sicurezza personale.

 

                                             Giuliana Larato psicologa dell'età evolutiva e psicoterapeuta delle relazioni e della famiglia
 

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