BENVENUTI AL SUD – Una volta per rimarcare le differenze economiche, di sviluppo e di prospettiva, tra l’Italia meridionale e quella settentrionale si usava l’espressione: la forbice tra il nord e il sud. Pian piano questa metafora è uscita dal linguaggio comune, non perché la forbice fosse sparita, ma – forse – perché oltre un certo punto una forbice non riesci ad allargarla. Oltre, si rompe. La questione è vecchia, quella meridionale, intendo, ma i misuratori ci restituiscono sempre lo stesso risultato. Solo un po’ peggio della misurazione precedente. È come mettere in parallelo una progressione aritmetica con una geometrica, ad ogni passo successivo le distanze tra i valori aumentano. A noi, in questi anni, ci hanno raccontato che potevano, che dovevano diminuire. Il risultato è che, oggi, vaste aree del sud Italia, della Sicilia, in particolare, di fatto, non sono più Italia, non sono più Europa. Non lo sono per qualità di vita, non lo sono da un punto di vista economico, infrastrutturale, culturale. Siamo solo formalmente italiani, solo formalmente europei, ma a quel carro non ci stiamo più aggrappati. Per esempio, a conferma di ciò, ci sono dati che fotografano e spiegano. Uno studio sulla qualità di sessantuno università italiane condotto da “Il Sole 24ore” ha decretato che “L'Ateneo di Palermo è tra i peggiori in Italia”.
Un’investitura che arriva direttamente dal più autorevole dei quotidiani italiani. Palermo si trova agli ultimi posti della graduatoria stilata in base all'attribuzione di punti relativi ad attrattività, stage, mobilità internazionale, borse di studio, efficacia, soddisfazione e occupazione.
Senza che la cosa possa consolare, “Il Sole 24ore” ci dice pure che Palermo non è sola, in fondo alla classifica troviamo anche Messina e Catania, rispettivamente piazzate al trentanovesimo e al cinquantunesimo posto. L'Università di Palermo si distingue per bassa qualità della didattica, poca competitività nella ricerca e voti deludenti degli studenti. La sintesi fa: penultimo posto. Ultima in classifica Napoli, con Napoli Parthenope, ma che vola molto in basso anche con le università di Napoli Orientale e Federico II.
Benvenuti al sud. Chi spicca? L’Ateneo di Verona, che si distingue principalmente per la ricerca, e l’Università di Trento che eccelle per la qualità dell’insegnamento, per i corsi di lingua, le esperienze di studio all’estero e la possibilità per gli studenti di entrare in contatto col mondo del lavoro attraverso stage e tirocini. Questa è la realtà delle cose. Quando poi qualcuno, per una sua incapacità a percepire il contesto, prova a convincermi che, in fondo, anche al nord hanno i loro problemi, a questi rispondo che confondono le difficoltà con l’assenza di speranza. Il progetto, con la velleità. Penso a tutti quei ragazzi che si apprestano a iscriversi all’università, che stanno sgomitando per riuscirci. Penso a quelle famiglie che si stanno svenando, o lo hanno già fatto, per preparare i figli ai test di ammissione. Così diventa il festival delle illusioni. Si sta prendendo solo del tempo, è soltanto una maniera per posticipare una presa d’atto drammatica, si sta correndo e ci si sta sacrificando per qualcosa che sul mercato della conoscenza, a livello europeo, e anche italiano, vale poco, molto poco. Perché poi, quasi paradossalmente, l’offerta formativa del sud è agli ultimi posti di una realtà, l’Italia, che a sua volta, a livello europeo, è agli ultimi posti; tranne qualche rara eccezione. Partendo da questo spartiacque - la formazione, intendo - tutto il resto è una conseguenza. Non c’è ripresa, non c’è prospettiva, non c’è rilancio. È un dato di fatto, non ci si può piangere sempre addosso; qualcuno dirà. D’accordo, ma questa non è una considerazione stanca su una delle tante cose che vanno per il verso sbagliato, questi sono dati che portano ad un imperativo: “Salvate il soldato Ryan”. E il soldato Ryan ha il volto dei nostri figli.
DIO CI PROTEGGA DALLA DEMOCRAZIA DEL WEB – In un comunicato del 2 Luglio dell’Ufficio Stampa del comune di Bagheria si legge (in premessa): “L’amministrazione comunale in un’ottica di rispetto dell’ambiente e decoro urbano e per evitare che si imbrattino le vie in cui viene effettuata attività di volantinaggio avrebbe intenzione di vietare tale attività. Prima di emettere ordinanza in tal senso, in un’ottica di partecipazione attiva della cittadinanza, ha deciso di attivare, sul sito web comunale, un sondaggio.”. Mah, boh, perché? E poi, “avrebbe intenzione”? Che significa? Il comunicato continua con la domanda del sondaggio “L’amministrazione comunale vorrebbe vietare il volantinaggio in città perché costituisce una produzione superflua di rifiuti cartacei. Siete d’accordo?” E ci risiamo, “vorrebbe vietare”? Tutto questo condizionale, “Avrebbe intenzione”, “vorrebbe vietare” e chi lo impedisce? Il comunicato continua con una dichiarazione del sindaco Patrizio Cinque “Riteniamo doveroso e necessario garantire un’immagine di cura e decoro della città soprattutto in quei siti ad alta densità pedonale e di maggior pregio storico… …non è l’unica attività su cui stiamo lavorando e che abbiamo intenzione di attivare, dobbiamo tutti concorrere alla creazione dell’immagine di una città che sia a vocazione storico-turistica ma vogliamo anche ascoltare la città, ecco perché il sondaggio cui auspichiamo che i cittadini rispondano numerosi”.
Fermi tutti, qui si parte male. Carissimo sindaco, non ci siamo. Voglio considerare l’episodio come uno scivolone figlio dell’inesperienza, ma così non va bene. Non va bene il metodo. Del merito se ne può parlare, ma non abbia paura delle scelte impopolari, perché ogni scelta che dovrà fare non sarà condivisa da una parte più o meno minoritaria. Nel comunicato si parla di voler evitare che s’imbrattino le vie, di produzione superflua di rifiuti cartacei, di immagine di cura e decoro della città. E allora, si è detto tutto? La decisione, se l’amministrazione la pensa così, è conseguenziale. Perché quel “vogliamo anche ascoltare la città”? Siete stati eletti per governare, non per filtrare le vostre decisioni attraverso gli umori della cittadinanza. A parte i limiti della “falsa democrazia del web”, a parte il malinteso legato al significato della stessa parola “democrazia”, che si è già realizzata nel momento in cui, signor sindaco, lei è stato eletto, ora le si chiede di decidere, in buona fede, secondo la sua visione delle cose e del gruppo che lo sostiene. Supponiamo, per un attimo, che la cittadinanza decida, tramite questo – tutto da verificare – infallibile strumento della democratiweb, che il volantinaggio è cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, lei che farà? Pur pensandola in maniera diametralmente opposta, avallerà l’opinione del popolo (?) del web? Come un tristissimo Ponzio Pilato salverà il Barabba dell’incuria e crocifiggerà il Cristo della pulizia? Ripeto, non è così che funziona. Lei porti avanti la sua proposta di governo, le sue idee, senza preoccuparsi di quanto possa essere popolare. Non si faccia attanagliare dalla paura della perdita di consenso. Non possono essere solo applausi e ovazioni. Ben altre prove, rispetto a quelle di un foglietto di carta, l’aspettano in futuro. Il suo compito è anche quello di far prevalere le idee migliori sulle peggiori. È sua responsabilità discernere le une dalle altre.
IL VOLO DEL VOLANTINO – La questione, nella sua banale portata è sintomatica di una realtà ridotta alla canna del gas. Un provvedimento che nelle premesse dell’amministrazione sembra un’ovvia conseguenza, diventa un argomento di discussione pseudo democratica. Perché? Forse perché, come ogni provvedimento, si tocca l’interesse – legittimo, se vogliamo – di qualcuno? Si contrae il business dei commercianti che faranno più fatica a veicolare le loro offerte? Si toglie uno sbocco occupazionale – uno dei pochissimi – a quei ragazzi che imbucano i volantini sotto le nostre porte? Si colpiscono le tipografie che gli stessi volantini li stampano? Si lede il diritto del cittadino consumatore di essere tempestivamente informato sui prezzi della passata di pomodoro? Probabilmente, è così. Ma se un provvedimento tutto sommato marginale diventa così “delicato” da meritare un sondaggio “Urbi et Orbi”, se la nostra realtà economica ha ormai la consistenza di un foglietto di carta, allora, forse, è il caso di tenere il polso al moribondo. Perché se un’amministrazione arriva sostanzialmente ad un bivio dove da un lato c’è (per sua stessa ammissione e premessa) il decoro delle vie della città e dall’altro un seppur non dichiarato interesse di una qualche parte (altrimenti non si comprende perché un provvedimento ovvio, secondo le stesse parole del sindaco, debba essere messo ai voti), significa che stiamo scambiando il raccattare briciole con la caccia al tesoro. Non esistono provvedimenti che non scontentino qualcuno. È il governare, è la politica. Quello che conta sono onestà, trasparenza, buona fede. Fatto salvo tutto questo, poi, governate. Avete chiesto il mandato ai cittadini e i cittadini ve l’hanno dato.
Signor Sindaco Cinque, l’episodio non è tale da intaccare la fiducia, pertanto lei rimane Cinque, con la speranza di poterla promuovere nel tempo a Sindaco Sei, Sette, Otto, fino a Dieci da qui alla fine del suo mandato. Però, non cominciamo, all’inizio del primo quadrimestre, con un “Sindaco Quattro (meno, meno)”.
LA FRASE – “Il bello della democrazia è proprio questo: tutti possono parlare, ma non occorre ascoltare (Enzo Biagi).
Giusi Buttitta