Dare ad Aspra un sia pur modesto porticciolo - II parte

Dare ad Aspra un sia pur modesto porticciolo - II parte

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E ci hanno parlato delle molte leggi che stanno scritte da tempo sulla “Gazzetta Ufficiale”, ma che vengono applicate solo a metà, e di tutte quelle promesse che, da almeno mezzo secolo, vengono rinnovate solennemente, ed altrettanto solennemente dimenticate.

Questa delle “promesse alla nostra gente marinara” è una storia lunga, che comincia dalla guerra di Libia e ha fine con la triste guerra del “Quaranta”.

Ma i buoni pescatori di Aspra sono per lunga tradizione, per educazione, per istinto- l’istinto di chi vive sul mare generoso e spietato, a contatto con la più schietta semplicità della vita- silenziosi e non amano insistere, non fanno del chiasso, disdegnano i piccoli ricatti elettorali: e quelle leggi provvidenze restarono, in buona parte, lettera morta.

Tutte le volte che la grande madre comune ha chiesto la marina ha dato,senza ripromettersi mai di dovere, un giorno, presentare il conto delle sue “prestazioni”.
Soltanto a fatti compiuti, oggi, l’umile gente di Aspra ricorda che è sempre insoluto il suo grande problema, il problema della sua stessa vita, della vita dei suoi pescatori: una banchina che costituisca riparo alle imbarcazioni e che serva di stimolo propulsore alla marina di Aspra, al fine di attrezzarla con motobarche e motopescherecci.

Un porticciolo sarebbe il primo punto di partenza per risollevare le condizioni economiche della borgata e rappresenterebbe effettivamente la porta di accesso della contrada alla regione, e alla umanità che ci vive.

Dare ad Aspra, un sia pure modesto porticciolo, è la dimostrazione più eloquente che esso è non soltanto considerato un problema economico, ma anche un problema sociale, un problema morale.
Ed è sempre un punto fermo non solo per stabilire un argine definito alle grandi alluvioni, ma per preparare un terreno migliore al turismo che è essenziale ai fini della nostra bilancia commerciale, risolvendosi in un grande recupero economico e spirituale.

La nostra inchiesta vorrebbe farsi nuda ed essenziale, come per sgranare un mistico rosario, davanti alla chiesetta rustica che fa ricordare l’infanzia quando Renato Guttuso venne ad affrescarla con le immagini del Vangelo dopo le nuotate al largo e le scorribande fra rocce e alghe.
Ma quando attraversiamo le viuzze di Aspra o ci soffermiamo sulla piazzetta tuttora sconvolta dalle piogge, un’ansia di bene ci prende: sollecitarne la sistemazione improrogabile, fiduciosi che l’Assessorato ai Lavori Pubblici ascolterà il nostro appello.

E se il Golfo canta e ride con le sue vele come gabbiani in festa, con le sue centomila gioiellerie accese, coi suoi scogli - ricetto di ciclopi e di tritoni - che fingono cattedrali sommerse, se vediamo remare a forza di braccia e d’ingegno sul filo del vento le barche, consideriamo la vita dura del pescatore di Aspra quanto quella di Padron ‘Ntoni, di Vanni Pizzuto e di tutti i personaggi del Verga.

Da uno scritto di Castrense Civello

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