Appunti per una storia di Bagheria, di G.ppe Speciale - VII parte

Appunti per una storia di Bagheria, di G.ppe Speciale - VII parte

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Branciforti contro Branciforti.

Il Mazzarino nel 1649 si era fatto coinvolgere in una congiura che aveva come scopo quello di elevare al trono di Sicilia un barone dell’isola.
Il prescelto, almeno formalmente, era, anzi, lo stesso Mazzarino.

Era poi venuto fuori che il vero candidato dei congiurati era un nobile spagnolo da poco venuto in Sicilia, il conte di Montalto. E proprio questa circostanza aveva indotto il Mazzarino a svelare la congiura al vicerè.
La reazione degli spagnoli fu violenta e alcuni congiurati, due avvocati e un prete, ci rimisero la testa. (In alto, l'antica facciata di Palazzo Butera, a Bagheria)

Il Mazzarino, colpito in un primo tempo dai fulmini del vicerè che era in quel tempo il sanguigno Giovanni d’Austria (un bastardo asburgico), fu in seguito amnistiato e reintegrato in tutti i suoi diritti di feudatario.
Secondo l’aspettativa del conte di Raccuja non avrebbero dovuto esserci dubbi per la corte di Madrid.


Il titolo di principe di Butera non poteva che spettare a lui.
Madrid, invece, vedeva (e non poteva farne a meno) la questione in termini politici.

Gratificare del titolo di principe un nobile che era sempre stato fedele alla Spagna sarebbe servito a poco, meglio legare definitivamente alla Spagna un barone riottoso come il Mazzarino.

In questo senso furono date le opportune direttive ai giudici che dovevano dirimere sulla base del complicatissimo diritto successorio feudale vigente in Sicilia, la contesa fra i due cugini che, poi, erano anche cognati. (A destra, Francesco Branciforti)

E i giudici della gran corte civile, capita l’antifona, dettero partita vinta al Mazzarino sentenziando che sì il Raccuja aveva più titoli per succedere alla defunta cugina nel principato di Butera (tra l’altro, era più grande di età essendo nato nel 1614 mentre il Mazzarino era del 1620 e questo aveva gran valore nel diritto feudale) ma il Mazzarino, vivaddio, era un Branciforti “masculus ex masculo” mentre il Raccuja era soltanto un Branciforti ”masculus ex foemina”.


A quel punto, malgrado fosse stato inventato per lui il titolo di principe di Pietraperzia e gli fossero stati concessi alcuni dei feudi dell’immenso patrimonio dei Butera e fosse stato insignito dei titoli di grande di Spagna e di cavaliere del vello d’oro, il conte di Raccuja, arrabbiatissimo, si ritirò nel “casino” che aveva cominciato a costruire alla Bagaria.

In verità oltre che dalla delusione per la perdita del principato di Butera il conte di Raccuja fu spinto a rifugiarsi a Bagheria anche da una tragedia familiare, la morte dell’unico figlio, Baldassare, un bambino di otto anni, mancato proprio nello stesso periodo in cui il padre era impegnato nella battaglia giudiziaria per il titolo di principe di Butera (In foto, il castello di Butera).

Un’eco di questa tragedia si ha nella lapide marmorea che sovrasta lo scalone del cortile est del palazzo:

“ya la esperanza es perdida

Y un solo bien me consuela

Que el tiempo che pasa y buela

Me llevarà presto la vida”


Il dolore di un padre orbato del’unico figlio e l’amarezza di un piccolo conte che aspirava a diventare il primo principe di Sicilia sono, dunque , all’origine di Bagheria.

Ovviamente don Giuseppe Branciforti non intese, costruendo il palazzo, fondare una nuova città.

I veri fondatori di Bagheria, come abbiamo visto sono i successori del conte di Raccuja e, in particolare, il principe Salvatore.

CONTINUA...

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