Cronaca

Da oltre due mesi Sergio Flamia collabora con i magistrati Francesca Mazzocco e Caterina Malagoli e gli inquirenti palermitani per ricostruire gli intreccie le strategie di mafie almeno degli ultimi trenta anni.

Da sempre Flamia conosciuto dagli inquirenti come uomo a disposizione di cosa nostra, per le deposizione di diversi pentiti che ne avevano tratteggiato la caratura criminale, aveva fatto 'strada' al'interno dell'organizzazione mafiosa arrivando ad essere in stretto contatto con alcuni dei capi di cosa nostra che si trovavano a transitare nel territorio bagherese: da Giuseppe, Piddu Madonia a Bermardo Provenzano; più di recente rappresentava un punto di riferimento importante per i capifamiglia della mafia locale da Leonardo Greco Nicola Eucaliptus, da Giuseppe Scaduto a Gino Di Salvo, anche lui arrestato nell'operazione di questa primavera denominata 'Argo'.

Flamia conosce praticamente tutte le imprese e i commercianti che pagavano il pizzo e i picciotti che andavano a riscuotere, perchè in ultimo ricopriva la carica di cassiere della cosa nostra di Bagheria e del territorio

Flamia che è stato trasferito in una località segreta, e con lui anche alcuni suoi familiari, sta veramente raccontando per filo e per segno oltre che le dinamiche interne anche  le motivazioni delle guerre di mafia a Bagheria, ma non solo, degli ultimi trenta anni.

Insomma la storia criminale della mafia bagherese che nessuno aveva mai potuto raccontare con tale dovizia di particolare e conoscenza diretta, anche perchè i collaboratori di giustizia che avevano parlato della famiglia bagherese erano in larghissima parte gente da Stefano Lo Verso  a Ciro Vara, da Nino Giuffrè a Giuseppe Barbagallo, di altri comuni e di altre realtà territoriali: portavano quindi, sì contributi importanti, ma sempre in qualche modo 'mediati'.

Stavolta gli inquirenti hanno di fronte un protagonista diretto, che stando a quanto S.P. scrive sulla Repubblica di oggi si è già autoaccusato di una quarantina di omicidi e non solo a Bagheria.

Quello di Nino Scaduto, inteso Ninu u carabinieri, consumato nel 1989 di fronte al bar Aurora a Bagheria, camuffato con barba finta e cappellino, allorchè rimase sasualmente ferito ad un occhio anche un bracciante, Carmelo Valenti: e proprio i due figli di Scaduto, Pietro e Salvatore, sono stati arrestati per l'omicidio dei due ispano-canadesi Fernadez e Pimentel, uccisi secondo quanto ha dichiarato il pentito casteldaccese Giuseppe Carbone al'interno di una villetta a Bagheria, ed i cui corpi, la confessione del pentito, consentì di ritrovare in una discarica.

Ma Flamia, oltre che componente del gruppo di fuoco della cosca bagherese, faceva anche da vivandiere e curatore della logistica avendo messo in diverse occasioni i locali per la realizzazione di alcuni summit di mafia cui partecipava Bernardo Provenzano: si parla di una villetta del suocero di Flamia, Vincenzo, in contrada vicinale Motta e di un appartamento nella disponibilità del Flamia, sempre a Bagheria in via Pola, 25.

 

 

Nella serata del 17 novembre i Carabinieri della Compagnia di Bagheria (PA), in via Lo Re, hanno tratto in arresto per tentato furto aggravato in concorso, i seguenti soggetti:

- Angelo Grella , nato a Palermo, classe 1976, residente a Bagheria;

- Andrea Aiello, nato a Palermo, classe 1984, residente a Bagheria;

- Giuseppe Gagliano, nato a Bagheria, classe 1968, ivi residente.

I tre, dopo essere stati sorpresi dai Carabinieri mentre erano intenti a forzare le portiere di una Fiat Punto, parcheggiata nella pubblica via, hanno tentato di darsi alla fuga a piedi, venendo bloccati dai militari al termine di un breve inseguimento.

L’Autorità Giudiziaria ha disposto la traduzione degli arrestati presso le proprie abitazioni in regime di arresti domiciliari e il rito per direttissima presso il Tribunale di Termini Imerese, conclusosi con la convalida dell’arresto e la conferma della misura cautelare degli arresti domiciliari.

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  Grella Angelo                                                      Aiello Andrea                                           Gagliano Giuseppe

Trema la mafia di Bagheria e quella d'oltreoceano. Tremano i clan di una grossa fetta della provincia palermitana. Quelli che per anni hanno offerto protezione a Bernardo Provenzano. Quelli che hanno imposto il pizzo a tappeto e hanno sporcato di sangue le strade. Quelli che hanno fatto affari con i narcos della Cosa nostra canadese.

Si è pentito Sergio Flamia, braccio destro del capomafia bagherese Gino Di Salvo. Dell'importanza del suo pentimento, avvenuto quasi in contemporanea con quello di Giovanna Galatolo, figlia del boss dell'Acquasanta, si è discusso nel corso delle riunioni della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo siciliano. Una ventina di giorni fa, superata la soglia dei cinquant'anni, Flamia ha deciso di saltare il fosso.

Trasferito in una località protetta ha iniziato a raccontare i segreti della mafia di cui è stato protagonista. Nel 2008 era già a disposizione dei vecchi padrini. Erano sue le case dove il capomafia Giuseppe Scaduto incontrava i mafiosi di Palermo che si erano messi in testa di riconvocare la commissione provinciale di Cosa nostra. Cinque anni dopo, nel maggio 2013, la scalata di Flamia era ultimata. C'era lui al fianco di Di Salvo. Braccio operativo del capo, come Carmelo Bartolone. Tra i due, però, Flamia era quello che godeva di maggiore rispetto. Forte com'era di un piccolo esercito che imponeva il pizzo a tappeto.

Flamia è stato al fianco degli ultimi tre capimafia di Bagheria. Prima di Scaduto, arrestato nel 2008, il cui posto venne preso da Antonino Zarcone, giovane e rampante capo della famiglia di Altavilla Milicia. Anche lui finirà in manette nel 2011, aprendo una stagione di crisi. A quel punto sarebbe toccato all'anziano Di Salvo. Dall'inchiesta dei carabinieri del Comando provinciale di Palermo e del Ros, che nel maggio scorso portò in carcere ventuno persone, su richiesta del procuratore aggiunto Leonardo Agueci e dei sostituti Francesca Mazzocco e Caterina Malagoli, venne fuori lo spaccato di una mafia arroccata nelle tradizioni (dalla punciuta durante il rito di affiliazione alla presentazione dei nuovi picciotti agli anziani), ma che guardava al futuro investendo fiumi di denaro - la gran parte arriva dal traffico di stupefacenti - nell'apertura di imprese edili, supermercati, agenzie di scommesse e locali notturni.

Una mafia imprenditrice di cui Flamia conosce i segreti. I suoi metodi violenti erano temuti. “… mettigli una bella briglia...”, diceva parlando dei nuovi affiliati. Per chi non pagava il pizzo non bisognava avere pietà: “Questa la prendo e te la faccio ingoiare... se non porti ventimila euro di acconto... ah?… hai finito perché mi hai preso troppo per il culo... ed io questa (la pistola ndr) la prendo e te la faccio ingoiare... grandissimo cornuto e indegno che sei... ”.

Flamia conosce anche i rapporti perversi fra la mafia e la politica. Un avviso di garanzia è stato notificato a Giuseppe Scrivano, sindaco di Alimena, che nell'ottobre 2012 si era candidato alle regionali nella lista Musumeci presidente e poi alle politiche con la Lega Nord.

Le sue dichiarazioni serviranno soprattutto per fare luce sulla guerra di mafia esplosa di recente nel bagherese. All'indomani del blitz di maggio i carabinieri del Ros scoprirono i corpi di Juan Ramon Fernandez e Fernando Pimentel, crivellati di colpi, bruciati e abbandonati nelle campagne di Casteldaccia.

La faida canadese era ed è sbarcata in Sicilia. Fernandez era l'ambasciatore a Toronto di don Vito Rizzuto, leader del clan nato come costola di due famiglie newyorkesi (Bonanno-Gambino), ed erede di Nicolò Rizzuto, l'anziano patriarca partito da Cattolica Eraclea per diventare un potente boss a Montreal. Il dominio dei Rizzuto negli ultimi anni è stato messo in discussione da Raynald Desjardins.

Quando Rizzuto è stato scarcerato, nell'ottobre 2012, la guerra è esplosa più feroce che mai. Fernandez si è trovato in mezzo al conflitto e non ha saputo o voluto scegliere con chi schierarsi. Da una parte il suo padrino, don Vito Rizzuto, e dall'altro Raynald Desjardins che assieme a Fernandez, nel corso della stessa cerimonia, era stato affiliato alla famiglia mafiosa canadese.

Una volta arrivato in Sicilia, Ramon Fernandez si è creato una schiera di picciotti e si è messo in affari con la droga. Con il benestare dei boss locali, naturalmente. A cominciare da Sergio Flamia, che lo spagnolo chiamava “il capo”. Flamia potrebbe sapere chi sono i mandanti del delitto. Un altro pentito, Giuseppe Salvatore Carbone, ha fatto ritrovare i corpi e arrestare i presunti killer, i fratelli Pietro e Salvatore Scaduto.

Flamia potrebbe aprire uno squarcio di verità sul livello superiore. D'altra parte, due giorni dopo la scomparsa, sua era la frase sibillina: “Vedi che sempre i migliori amici hanno portato a morire”. E forse sa pure perché Carmelo Bartolone prima ha deciso di scappare dalla Sicilia e poi di consegnarsi al posto di polizia di un ospedale.

tratto da livesicilia.it

La notizia sta lasciando tutti  increduli e sbigottiti: il tenente dei Vigili, Salvatore Bartolone, è morto questa notte all'improvviso. 

Stando alle prime sommarie e frammentarie notizie che ci sono pervenute pare che Salvo Bartolone abbia avvertito mal di testa intorno alle 23 di domenica sera, ma a  niente sono valsi i soccorsi ricevuti dai familiari, dal fratello Angelo in particolare presso la cui abitazione si trovava e con il quale aveva appena finito di guardare uno spettacolo sportivo in televisione.

Nulla hanno potuto fare nulla neanche i sanitari del 118, peraltro tempestivamente intervenuti, che per oltre mezz'ora hanno tentato di rianimarlo.

Salvo Bartolone, che aveva 48 anni, era fratello del consigliere comunale Angelo Bartolone e del dipendente comunale Pippo Bartolone, impiegato presso il comune di Bagheria all'Ufficio statistica; lascia la moglie e due figlie di 20 e 16 anni,

Salvo Bartolone era stato assunto nel corpo dei vigili urbani di Bagheria nel 1988, dove aveva percorso l'intera carriera.

Era anche un grande appassionato di calcio: per un lungo periodo aveva ricoperto il ruolo di dirigente all'interno del Bagheria calcio, dove particolarmente attento al vivaio, sotto la sua ala erano cresciuti tanti giovani che si erano successivamente affermati.

In queste ore il sindaco, l'intera giunta e i consiglieri comunali si stanno stringendo attorno alla famiglia di Salvo.

Ai fratelli, Angelo e Pippo, alla moglie Cecilia Ventimiglia, alle figlie Agnese e Maria e agli altri familiari i sensi del nostro più profondo cordoglio e l'abbraccio partecipe in questo momento di strazio e di dolore da parte di bagherianews  e di Angelo Gargano in particolare.

I funerali si svolgeranno martedì alle ore 15.30 presso la Chiesa Madrice

Nella foto Salvo Bartolone tiene in mano una coppa.

 

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