Cronaca

Spremere i fondi del Ciapi era un gioco da ragazzi. A Faustino Giacchetto, il re della pubblicità in Sicilia, bastò produrre una montagna di carta straccia.

Ovvero, migliaia di fatture false, per servizi mai effettuati e prodotti mai consegnatiAdesso che l'indagine della Procura di Palermo è stata chiusa, è possibile quantificare la montagna dell'imbroglio: 10 milioni 990 mila 516, 11 euro.

A tanto ammontano le fatture per operazioni inesistenti quantificate dal nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza. Così spiegano i magistrati nell'avviso di chiusura delle indagini: "Queste fatture emesse nei confronti del Ciapi venivano rendicontate ai fini dell'erogazione dei contributi pubblici concessi dalla Regione Siciliana". Ma quelle fatture false servivano anche per abbattere i redditi conseguiti dalle società del gruppo Giacchetto e di conseguenza anche l'Iva da versare all'erario.

Naturalmente, Giacchetto non si sporcava le mani. A firmare i documenti erano tre fidati imprenditori: Angelo Vitale, Pietro Messina e Massimiliano Sala.

Ecco la girandola delle società e delle relative fatture false, così come emerge dagli ultimi rapporti del nucleo Tutela spesa pubblica della Guardia di finanza: "Sicily Comunication srl" (2 milioni 196 mila 807, 93 euro di fatture false), "Media Center & Managment srl" (2 milioni 183 mila 132,93 euro), "Effemmerre group 007 srl" (2 milioni 564 mila 288,21 euro), "Effemmerre team srl" (81 mila 600 euro), "Strategie di comunicazione di Messina Pietro" (1 milione 982 mila 343,52 euro), "Filmax di Sala Massimiliano" (409 mila 740 euro).

Ma non bastavano le fatture false. Per trasferire a Giacchetto consistenti somme di denaro provenienti dal Ciapi, Vitale simulava poi alcune operazioni immobiliari. Dietro quella montagna di fatture false, ci sono soprattutto le storie degli imprenditori fidati di Giacchetto: in poco tempo, erano diventati anche loro dei piccoli ras della pubblicità in Sicilia. "Grazie ai lavori che passava Giacchetto", ha ammesso Pietro Messina nel suo interrogatorio davanti al gip Luigi Petrucci. E l'ha detto con un tono tale da far scattare una domanda da parte del pubblico ministero Maurizio Agnello: "Lei sta ancora oggi mostrando una sorta di riconoscenza nei confronti di Giacchetto, era pienamente consapevole del fatto che faceva parte di un sistema illecito?"

La risposta di Messina non è stata proprio immediata. Perché Giacchetto amava atteggiarsi a grande benefattore. E la montagna di fatture false era un rischio da correre, perché per ogni documento gli imprenditori della galassia Giacchetto beneficiavano di una percentuale. Alla fine, Messina, è stato uno dei primi ad ammettere il maxi raggiro delle fatture false. E le sue dichiarazioni hanno guidato gli inquirenti nel sistema architettato da Faustino Giacchetto. Naturalmente, il regista della truffa aveva pensato anche all'eventualità peggiore. Così ha spiegato Messina: "Mi aveva dato istruzioni nel caso in cui la Finanza mi avesse chiamato".

Ma giustificare così tante fatture false era davvero opera ardua. E alla fine, il sistema è saltato. Anche perché al Ciapi non c'era più nessuno disposto a giustificare le false pezze d'appoggio. E' bastato guardare dentro la macchina dell'ente di formazione per scoprire che i tanto sbandierati (e costosi) progetti di pubblicità dei corsi di formazione non si sono mai fatti. Nonostante quello che appariva dalle fatture. 

tratto da Repubblica.it

Un duro colpo al patrimonio riconducibile a Matteo Messina Denaro ed alla famiglia mafiosa di Campobello di Mazara è stato inferto dai Carabinieri del R.O.S. e dal Comando provinciale di Trapani che, questa mattina hanno dato esecuzione al provvedimento emesso dal Tribunale di Trapani, su proposta della Direzione investigativa antimafia di Palermo.

Il sequestro, per un volume complessivo di circa 38 milioni di euro, completa un percorso investigativo che, dopo avere portato all'arresto degli esponenti di spicco dell'organizzazione criminale, ha contestualmente individuato un ingente patrimonio accumulato dal sodalizio, comprendente aziende olearie, attività commerciali, abitazioni, terreni e numerosi rapporti bancari.

L'intervento si è concentrato sulle province di Trapani, Varese e Milano, colpendo il patrimonio riconducibile agli esponenti mafiosi Filippo Greco, Simone Mangiaracina e Vito Signorello, nonchè quello degli imprenditori Antnino Moceri e Antonio Francesco Tancredi, arrestati il 12.12.2011 per associazione mafiosa e fittizia intestazione di beni aggravata dall'art. 7 della legge 356/92.In tale ambito, le indagini avevavno documentato gli assetti e le attività criminali della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, storicamente tra le più attive del mandamento di Castelvetrano (TP), della quale erano state accertate la composizione organica e le dinamiche inetrne, con particolare riferimento alla conflittualità tra gli schieramenti riconducibili rispettivamente a Leonardo Bonafede e Francesco Luppino.In tale contesto era emerso come Luppino, forte del sostegno ricevuto da Matteo Messina Denaro, avesse cercato di ampliare il proprio poetre all'interno della organizzazione criminale, con l'obiettivo di contendere al Bonafede la leadership della famiglia campobellese.

Gli accertamenti patrimoniali hanno, pertanto; evidenziato le modalità di controllo delle attività economiche eproduttive del territorio da parte dell'organizzazione attraverso la gestione occulta di società ed imprese in grado di monopolizzare il remunerativo mercato olivicolo ed il settore dell'edilizia pubblica e privata, oltre ad individuare l'entità del patrimonio occulto dei prestanome della famiglia campobellese.

L'attività ha consentito inoltre di delineare l'asse economico, alimentato con conferimenti di 'sospetta provenienza' nel settore imprenditoriale, mediante l'acquisizione di due strutture industriali ed importanti oleifici a Campobello di Mazara e immobiliare, con la realizzazione di fabbricatia d uso privato e vasti terreni ubicati nel trapanese e nella provincia di Varese.L'indagine patrimoniale accertava infatti la riconducibilità alla famiglia mafiosa di Campobello di Mazara degli oleifici della Moceri Antonino e C. s.r.l. e dell'Eurofarida s.r.l. che il capomafia Leonardo Bonafede, già nel 1993, aveva intestato fittiziamente agli imprenditori Antonino Tancredi e Antonino Moceri, al fine di sottrarli al provvedimento aalativo successivo alla sua condanna per associazione mafiosa.

In tale contesto, è stato anche documentato come le casse sociali delle due aziende fossero alimentate costantemente con flussi di denaro di provenienza illecita per rappresentare  un  florido stato patrimoniale strumentale all’ottenimento di finanziamenti pubblici. le somme così accantonate venivano utilizzate per commissionare importanti lavori alle imprese riconducibili al noto Rosario Cascio, emanazione imprenditoriale del latitante Matteo Messina Denaro.

Il sequestro ha riguardato inoltre il compendio patrimoniale di filippo greco, già titolare di società immobiliari e di costruzioni nella provincia di Varese, e principale finanziatore della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, che sosteneva attraverso costanti dazioni di danaro a favore degli associati detenuti ed alle imprese riconducibili alla consorteria.

Il predetto Greco era inoltre l’imprenditore di fiducia di Francesco Luppino, allorquando quest’ultimo costituiva il referente di Matteo Messina Denaro nel periodo in cui cosa nostra palermitana stava tentando di ricostruire la commissione provinciale.le acquisizioni investigative avevano permesso di documentare la presenza di conti svizzeri cifrati riconducibili allo stesso Greco ed emersi nel corso dell’attivita’ d’indagine.gli accertamenti bancari delegati dalla D.D.a. di Palermo a carico del nucleo familiare di Cataldo La Rosa, arrestato per associazione mafiosa nel medesimo procedimento, hanno rivelato un risarcimento, destinato alle vittime della mafia, di € 2.000.000,00 erogato dal Ministero dell’ interno e risultato indebitamente percepito dagli eredi di Salvatore Stallone, cognato dello stesso La Rosa, ucciso a Campobello di Mazara negli anni ’80.

Gli approfondimenti delegati al R.O.S. ed ai Carabinieri di Trapani dall’autorita’ giudiziaria hanno permesso di accertare la vera caratura criminale di Stallone e di inquadrare la sua eliminazione nel contesto di una guerra di mafia, le acquisizioni investigative emerse sono state poste all’attenzione del ministero degli interni, che ha proceduto alla revoca del beneficio economico concesso disponendo il conseguente recupero delle somme.in definitiva, nell’ambito dell’intervento ricompreso a pieno titolo nella complessiva manovra investigativa condotta dal R.O.S. e dal Comando provinciale dei carabinieri di Trapani, finalizzata alla ricerca di Matteo Messina Denaro, è stato disposto dal tribunale di trapani il sequestro di 2 strutture industriali, 4 società attive nel settore olivicolo, 181 immobili, tra cui ville, appartamenti, magazzini e terreni agricoli, 20 autovetture, nonché 43 rapporti bancari e 5 polizze assicurative. 

Sono stati arrestati a Termini Imerese e Bolognetta, gli autori della rapina in casa avvenuta a Gibilrossa il 1 ottobre scorso: i Carabinieri della Stazione di Belmonte Mezzagno (PA), con il supporto dei colleghi del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia di Termini Imerese e degli elicotteri del 9° Elinucleo Carabinieri di Palermo, sabato scorso hanno identificato e bloccato gli autori della rapina.

I militari della Stazione di Belmonte Mezzagno hanno condotto le indagini e da giorni erano sulle tracce di uno dei due autori della rapina. La vittima, infatti, con estrema lucidità, era riuscita a fornire agli operanti una descrizione molto dettagliata di una delle due persone che, insieme ad un complice, nel primo pomeriggio del 1 ottobre era entrata a casa sua, aveva aggredito lui e sua moglie legandoli.

Provvidenziale l’intervento del nipote delle vittime che aveva messo in fuga i due rapinatori, scappati portandosi via un magro bottino: la collanina della donna. Gli elementi forniti dalla vittima avevano subito indirizzato i sospetti verso una persona residente a Belmonte Mezzagno, inspiegabilmente sparito dalla circolazione proprio il giorno della rapina.

Nella mattina di sabato scorsa è giunta la svolta, quando un Carabiniere, in servizio presso la centrale operativa di Misilmeri, che si trovava a passeggio con la propria famiglia per Termini Imerese, ha notato una persona dalla fisionomia molto simile a quella dell’uomo le cui foto segnaletiche circolavano da giorni per i reparti della zona. Il militare ha dato subito l’allarme, e sul posto sono arrivate immediatamente le pattuglie della Compagnia Carabinieri di Termini Imerese, della Stazione di Belmonte Mezzagno e due elicotteri del 9 Elinucleo Carabinieri Palermo che, dopo alcune ore di serrate ricerche, hanno fermato l’individuo proprio poco prima che salisse sul treno e facesse nuovamente perdere le sue tracce.

Gli indizi raccolti dagli investigatori e le ferite, ancora ben evidenti, riportate dall’uomo nella recente colluttazione, non lasciavano dubbi sul fatto che D’AMBROGIO Dante, nato a Termini Imerese classe 1969, residente a Belmonte Mezzagno pluripregiudicato per reati contro la persona ed il patrimonio, fosse uno degli autori della rapina e sul cui capo pendeva già un provvedimento di fermo della Procura di Termini Imerese proprio per la rapina di Gibilrossa.

Il D’AMBROGIO, viste le prove contro di lui, non ha potuto far altro che confessare il misfatto e, poco dopo, i Carabinieri hanno potuto identificare anche il secondo autore della rapina: MORELLO Sebastiano, nato a Palermo classe 1982, residente a Bolognetta, incensurato. Il MORELLO è stato bloccato qualche ora più tardi da una pattuglia della Stazione Carabinieri di Bolognetta e tratto anche lui in stato di fermo.

I due si trovano al momento rinchiusi presso la casa circondariale “Cavallacci” di Termini Imerese, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.

nella foto da sx verso dx: Morello Sebastiano, D'Ambrogio Dante

I Carabinieri della Compagnia Carabinieri Palermo San Lorenzo hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per quattro rapine aggravate in banca, nei confronti di TINI’ Matteo nato a Palermo, classe 1984.

Il provvedimento, emesso dal GIP presso il Tribunale di Palermo, Dott.ssa Angela GERARDI, è scaturito dalle indagini svolte dai militari del Nucleo Operativo della Compagnia Carabinieri Palermo San Lorenzo e dirette dal Sostituto Procuratore della Repubblica Dott. Siro DE FLAMMINEIS.

Gli investigatori sono riusciti a ricostruire le dinamiche di quattro rapine in banca, tutte ai danni dell’istituto di credito del “Monte dei Paschi di Siena”, avvenute il 10 luglio, 06 agosto, 02 ed il 05 settembre di quest’anno.

Sono state proprio le ultime due rapine del mese di settembre, svoltesi in rapida successione il 02 ed il 05 del mese, ad attirare l’attenzione dei militari che, tramite la comparazione delle immagini, registrate dal sistema di videosorveglianza a circuito chiuso presente nelle filiali MPS, sono riusciti a ricondurre i due eventi ad un unico soggetto, ovvero un uomo “di corporatura robusta, capelli rasati, alto circa 170 cm”, il quale seguiva sempre lo stesso modus operandi: entrava nelle Agenzie col volto travisato da un paio di occhiali da sole di colore scuro, raggiungeva direttamente le casse, quasi sempre scavalcando il bancone, per poi prelevare velocemente tutto il denaro che era facilmente disponibile.

altI Carabinieri, analizzando i comportamenti del soggetto, hanno compreso come ci si trovasse di fronte ad un rapinatore seriale, il quale prediligeva le filiali MPS come obiettivo. L’individuo, infatti, entrava tranquillamente da solo nelle agenzie, apponendo anche la propria impronta digitale sull’apparato “bio-digit” presente nella bussola di ingresso, e in poche e precise mosse portava via ingenti somme di denaro. Dallo studio di reati dello stesso genere, ai danni di altre filiali MPS, gli investigatori riuscivano a ricondurre altre due rapine, perpetrate nel mese di luglio ed agosto ai danni della stessa filiale di via della Libertà, al medesimo individuo.

Quattro colpi in due mesi che fruttavano all’autore ben 24.000,00 euro.

L’azione dei militari dell’Arma, però, non si è fatta attendere e, grazie ad una serie di accertamenti tecnici, già alla fine del mese di settembre si è giunti ad una completa identificazione del soggetto, riconosciuto in TINI’ Matteo, il quale è stato raggiunto dal provvedimento di custodia cautelare in carcere che ha cristallizzato le risultanze investigative dei Carabinieri. Nel corso dell’operazione i Carabinieri hanno perquisito l’abitazione di TINI’ rinvenendo e sequestrando vari indumenti, gli stessi verosimilmente indossati dal soggetto durante le rapine.

L’arrestato, prima di essere tradotto presso la Casa Circondariale “Ucciardone” di Palermo, ha confessato ai Carabinieri di aver commesso le rapine poiché “vittima” della dipendenza dal gioco per cui ha sperperato tutto il denaro illecitamente sottratto giocando al “Lotto” e al “Gratta e Vinci”.

Sono in corso ulteriori indagini per verificare eventuali responsabilità dell’arrestato in altre rapine svoltesi, con le medesime modalità, presso diverse agenzie bancarie della provincia di Palermo. 

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